Summa Teologica - I-II

Indice

Articolo 2 - Se l'abito sia una qualità specificamente distinta dalle altre

De Virt., q.1, a.1

Pare che l'abito non sia una qualità specificamente distinta dalle altre.

Infatti:

1. Come si è spiegato [ a. 1 ], l'abito che è una qualità è « una disposizione secondo la quale uno è disposto bene o male ».

Ma ciò può accadere per qualsiasi qualità: poiché anche per la figura una cosa può essere disposta bene o male, e così per il caldo e per il freddo, e via dicendo.

Quindi l'abito non è una specie determinata della qualità.

2. Il Filosofo [ Praed. 6 ] afferma che il caldo e il freddo sono disposizioni o abiti, come la malattia e la salute.

Ma il caldo e il freddo sono nella terza specie della qualità.

Quindi l'abito e la disposizione non si distinguono dalle altre specie della qualità.

3. Essere « difficilmente amovibile » non è una differenza che riguarda il genere qualità, ma piuttosto il moto e la passione.

Ora, nessun genere può essere determinato a una data specie mediante differenze appartenenti ad altri generi ma è necessario, come insegna il Filosofo [ Met. 7,12 ], che le differenze si riferiscano al loro genere per se stesse.

Dal momento quindi che l'abito è « una qualità difficilmente amovibile », non può essere una specie determinata della qualità.

In contrario:

Il Filosofo [ Praed., l. cit. ] scrive che « l'abito e la disposizione sono una specie della qualità ».

Dimostrazione:

Il Filosofo [ ib. ] tra le quattro specie della qualità mette al primo posto « la disposizione e l'abito ».

E Simplicio così parla delle differenze di tali specie: « Tra le qualità alcune sono naturali, e sono quelle che sono insite per natura e permanenti; altre invece sono avventizie, vengono dall'esterno e si possono perdere. E queste », cioè le avventizie, « sono gli abiti e le disposizioni, che differiscono tra loro in quanto sono facili o difficili a perdersi.

Tra le qualità naturali poi alcune vengono desunte da elementi potenziali: e abbiamo così la seconda specie della qualità [ cioè la potenza e l'impotenza ].

Altre vengono desunte invece da elementi attuali, o in profondità o in superficie.

Se in profondità abbiamo la terza specie della qualità [ cioè la passione e le qualità passibili ], se in superficie abbiamo invece la quarta specie, cioè la figura e la forma, che è la figura degli esseri animati ».

- Ma questo modo di distinguere le specie della qualità non è accettabile.

Infatti molte figure e qualità passibili non sono naturali, ma avventizie; e molte disposizioni non sono avventizie, ma naturali, come la salute, la bellezza e così via.

Inoltre questa spiegazione inverte l'ordine delle specie: ciò che è più naturale deve infatti rimanere sempre al primo posto.

Perciò la distinzione delle disposizioni e degli abiti dalle altre qualità va giustificata in un altro modo.

Infatti la qualità è una modalità della sostanza.

Ora una modalità, come dice S. Agostino [ De Gen. ad litt. 4,3.7 ], è « delimitata da una misura ».

Quindi, come ciò che determina la potenza della materia nell'essere sostanziale costituisce la qualità che è la differenza sostanziale, così ciò che determina la potenza di un soggetto nell'essere accidentale costituisce la qualità accidentale, che è anch'essa una differenza, come spiega il Filosofo [ Met. 5,14 ].

Ora, le modalità o determinazioni di un soggetto nel suo essere accidentale possono riguardare: o la natura del soggetto, o l'azione e la passione che derivano dai princìpi naturali, cioè dalla materia e dalla forma, oppure la quantità.

Se riguardano la quantità del soggetto abbiamo la quarta specie della qualità.

E poiché la quantità è essenzialmente priva di moto e al di fuori della nozione del bene e del male, nella quarta specie della qualità non si considera l'aspetto di bene o di male, e neppure se una cosa è duratura o passeggera.

- Le modalità o determinazioni del soggetto relative all'azione e alla passione costituiscono invece la seconda e la terza specie della qualità.

Perciò nell'una e nell'altra si considera se una cosa è facile o difficile da compiersi, e se è duratura o passeggera.

Però in esse non si considera l'aspetto di bene o di male: poiché i moti e le passioni non hanno carattere di fine, mentre il bene e il male vengono concepiti in rapporto a un fine.

- Invece le modalità o determinazioni del soggetto in ordine alla natura di una cosa appartengono alla prima specie della qualità, cioè all'abito e alla disposizione: infatti il Filosofo [ Phys. 7,3 ], parlando degli abiti dell'anima e del corpo, afferma che sono « disposizioni di un essere perfetto verso l'ottimo; e chiamo perfetto l'essere che è disposto secondo natura ».

Perciò nella prima specie si considera sia il bene che il male; e anche la maggiore o minore amovibilità, poiché, come dice Aristotele [ Phys. 2,7 ], la natura è il fine della generazione e del moto.

Per cui egli definisce l'abito « una disposizione secondo la quale uno è disposto bene o male » [ Met. 5,20 ].

E altrove [ Ethic. 2,5 ] afferma che « gli abiti sono quei modi secondo i quali ci comportiamo bene o male rispetto alle passioni ».

Infatti quando il modo conviene alla natura di una cosa ha carattere di bene, e quando non conviene ha carattere di male.

E poiché la natura è il primo aspetto che va considerato in una cosa, l'abito occupa il primo posto tra le specie della qualità.

Analisi delle obiezioni:

1. Come si è già detto [ a. 1, ad 3 ], la disposizione implica un certo ordine.

Quando perciò si dice che uno è disposto a una data qualità, si intende in ordine a qualcosa.

E se si aggiunge « bene o male », come nella definizione dell'abito, si deve intendere in ordine alla natura, che costituisce il fine.

Perciò rispetto alla figura, o rispetto al caldo e al freddo, non si dice che uno è disposto bene o male se non in ordine alla natura della cosa, secondo che [ tale stato ] è conveniente o non conveniente.

Perciò anche la figura e le qualità passibili, in quanto sono considerate come proporzionate o meno alla natura di un soggetto, appartengono all'abito o alla disposizione: infatti la figura e il colore, in quanto sono conformi alla natura di una cosa, rientrano nella bellezza; il caldo e il freddo poi, in quanto proporzionati alla natura di un essere, rientrano nella salute.

E in questo senso il Filosofo [ cf. ob. 2 ] pone il caldo e il freddo nella prima specie della qualità.

2. E così è evidente la Analisi della seconda obiezioni.

Sebbene altri la risolvano diversamente, come apprendiamo da Simplicio [ Comm. praed., l. cit. ].

3. Questa differenza: « essere difficilmente amovibile », non distingue l'abito dalle altre specie della qualità, ma dalla disposizione.

Ora, la disposizione può essere considerata sotto due aspetti: primo, come il genere [ immediato ] dell'abito, per cui Aristotele [ Met. 5,20 ] mette la disposizione nella definizione dell'abito; secondo, come cosa distinta e contrapposta all'abito stesso.

E la disposizione propriamente detta si può contraddistinguere dall'abito in due modi.

Primo, come nell'ambito di una medesima specie ciò che è imperfetto si distingue da ciò che è perfetto: per cui la stessa cosa sarebbe disposizione, usando il nome generico, quando è in un soggetto imperfettamente, e in condizione di svanire facilmente, e sarebbe invece abito quando vi si trova in modo perfetto, così da non potersi perdere facilmente.

E in questo senso la disposizione diventa abito, come il bambino diventa uomo.

- Secondo, la disposizione e l'abito si possono distinguere come le specie diverse di un unico genere subalterno: e allora si denominano disposizioni le qualità della prima specie che hanno, come la malattia e la salute, la proprietà essenziale di svanire facilmente, essendo legate a cause intermittenti; si denominano invece abiti le qualità che hanno la proprietà essenziale di non svanire facilmente, essendo legate a cause permanenti, come le scienze e le virtù.

E sotto questo aspetto la disposizione non può divenire abito.

E questa spiegazione sembra più consona all'intenzione di Aristotele.

Egli infatti [ Praed. 6 ], a sostegno della distinzione, porta l'uso comune di parlare, secondo il quale vengono denominate abiti le qualità che per loro natura sono facili a svanire, ma per una combinazione diventano difficilmente amovibili, mentre avviene il contrario per le qualità che per natura sono difficilmente amovibili: se infatti uno possiede imperfettamente la scienza, così da poterla perdere facilmente, non si dice che ha la scienza, ma piuttosto che è disposto alla scienza.

È chiaro quindi che il termine abito implica una certa stabilità, a differenza del termine disposizione.

Il fatto poi che « l'essere facilmente o difficilmente amovibile » sia una proprietà delle passioni e dei moti, e non appartenga al genere della qualità, non impedisce che possa determinare delle differenze specifiche.

Sebbene infatti queste differenze sembrino accidentali per la qualità, tuttavia ne indicano differenze essenziali.

Come anche nel genere della sostanza spesso si prendono le differenze accidentali al posto di quelle sostanziali, in quanto servono a indicare i princìpi essenziali.

Indice