Summa Teologica - I-II

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Articolo 3 - Se l'abito dica ordine all'operazione

Pare che l'abito non dica ordine all'operazione.

Infatti:

1. Ogni essere agisce in quanto è in atto.

Ora, il Filosofo [ De anima 3,4 ] insegna che « quando uno ha acquistato un abito scientifico, anche allora è in potenza, sebbene in maniera diversa da come lo era prima di apprendere ».

Quindi l'abito non implica un rapporto causale rispetto all'operazione.

2. Ciò che fa parte della definizione di una cosa conviene ad essa in maniera essenziale.

Ora, nella definizione delle facoltà si dice che esse sono princìpi dell'operazione, come è chiaro in Aristotele [ Met. 5,12 ].

Perciò appartiene essenzialmente alle potenze essere princìpi operativi.

Ma ciò che è per essenza è primo in ogni genere di cose.

Se dunque anche gli abiti sono princìpi operativi, devono esserlo dopo le potenze.

E così non saranno, assieme alle disposizioni, la prima specie della qualità.

3. Talora si dice abito anche la salute, come pure la magrezza e la bellezza.

Ma tali cose non dicono ordine a un atto.

Quindi non è essenziale per l'abito essere principio di operazione.

In contrario:

S. Agostino [ De bono coniug. 21 ] scrive che « l'abito è un mezzo col quale si agisce, quando è necessario ».

E Averroè [ De anima 3, comm. 18 ] afferma che « l'abito è un mezzo col quale uno agisce quando vuole ».

Dimostrazione:

Il rapporto all'operazione può appartenere all'abito sia per la sua stessa natura di abito, sia per il soggetto in cui risiede.

Per la sua stessa natura a ogni abito appartiene una relazione con l'atto.

Infatti è essenziale per l'abito uno stretto rapporto con la natura del soggetto, a seconda che l'abito è o non è conveniente.

Ma la natura di una cosa, che è il fine della generazione, a sua volta è ordinata a un altro fine, il quale è o un'operazione, o un suo prodotto.

Perciò l'abito non implica soltanto un ordine alla natura del soggetto ma anche, di conseguenza, alla sua operazione, in quanto questa è il fine della natura, o il mezzo che ad esso conduce.

Per questo Aristotele [ Met. 5,20 ], nel definire l'abito, afferma che è « una disposizione mediante la quale uno è bene o male disposto o in se stesso », cioè secondo la propria natura, « o in rapporto ad altro », cioè in ordine al fine.

Ci sono poi alcuni abiti che per se stessi e in primo luogo dicono ordine all'operazione, anche per il soggetto in cui risiedono.

Come infatti si è già spiegato, l'abito dice ordine strettissimo ed essenziale alla natura del soggetto.

Se dunque la natura del soggetto in cui l'abito risiede consiste in una tendenza all'atto, ne segue che tale abito implica un ordine all'operazione in maniera tutta particolare.

Ora, è evidente che la natura o ragione di una facoltà è di essere essenzialmente un principio operativo.

Perciò tutti gli abiti che risiedono in qualche facoltà dicono in modo eminente ordine all'operazione.

Analisi delle obiezioni:

1. L'abito è un atto in quanto è una qualità: e in questo senso può essere un principio operativo.

Ma in rapporto all'operazione è in potenza.

Come infatti insegna Aristotele [ De anima 2,1 ], l'abito è « l'atto primo » e l'operazione « l'atto secondo ».

2. Nella ragione intima dell'abito non c'è un rapporto alla potenza, ma alla natura.

E poiché la natura precede l'atto a cui la potenza è ordinata, l'abito, come specie della qualità, viene prima della potenza.

3. La salute viene detta abito in rapporto alla natura, come si è già spiegato [ a. 2, ad 1 ], ma essendo la natura un principio operativo, indirettamente dice ordine a delle operazioni.

Per cui il Filosofo [ De hist. animal. 10,1 ] afferma che l'uomo, o un membro, è sano « quando può compiere gli atti di ciò che è sano ».

E lo stesso si dica degli altri casi.

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