Summa Teologica - I-II

Indice

Articolo 5 - Se in ogni peccato ci sia un atto

In 2 Sent., d. 35, q. 1, a. 3; De Malo, q. 2, a. 1

Pare che in ogni peccato ci sia un atto.

Infatti:

1. Il peccato sta al vizio come il merito sta alla virtù.

Ma il merito non può sussistere senza un atto.

Quindi neppure il peccato.

2. S. Agostino [ De vera relig. 14 ] insegna che « ogni peccato è talmente volontario, che se non è volontario non è peccato ».

Una cosa però non può essere volontaria che mediante un atto della volontà.

Quindi ogni peccato deve avere un atto.

3. Se un peccato potesse verificarsi senza qualche atto, ne seguirebbe che uno commetterebbe peccato per il fatto che cessa dall'atto dovuto.

Ma c'è qualcuno che cessa di continuo dall'atto dovuto, e cioè colui che non compie mai le azioni dovute.

Di conseguenza costui peccherebbe di continuo: il che è falso.

Quindi non ci possono essere dei peccati senza alcun atto.

In contrario:

S. Giacomo [ Gc 4,17 ] ammonisce: « Chi sa fare il bene e non lo compie, commette peccato ».

Ora, il non fare non implica un atto.

Quindi ci può essere un peccato senza alcun atto.

Dimostrazione:

Il problema nasce principalmente per il peccato di omissione, a proposito del quale ci sono diverse opinioni.

Alcuni infatti dicono che in ogni peccato di omissione c'è un atto, o interno o esterno.

Interno, come quando uno vuole non andare in chiesa quando è tenuto ad andarci.

Esterno, come quando uno che è tenuto ad andare in chiesa, nell'ora fissata, oppure prima, si applica ad altre cose che gli impediscono di andarvi.

Anche questo caso, però, in qualche modo rientra nel primo: infatti chi vuole una cosa che è incompatibile con un'altra logicamente vuole privarsi di quest'ultima; eccetto forse il caso in cui non si renda conto dell'incompatibilità di quanto vuol fare con ciò che è tenuto a fare: nel quale caso potrebbe essere giudicato colpevole di negligenza.

- Altri invece affermano che nel peccato di omissione non si richiede alcun atto, poiché lo stesso non fare ciò che uno è tenuto a fare è già un peccato.

Ora, nell'una e nell'altra opinione c'è qualcosa di vero.

Infatti se nel peccato di omissione si considera solo ciò che costituisce direttamente la ragione di peccato, talora il peccato di omissione implica un atto interiore, come quando uno vuole positivamente non andare in chiesa; talora invece prescinde da ogni atto interno o esterno, come nel caso di chi al momento in cui dovrebbe andare in chiesa non pensa né di andare né di non andare.

Se viceversa nel peccato di omissione si considerano anche le cause o le occasioni dell'omissione stessa, allora è necessario che in ogni peccato di questo genere ci sia un atto.

Non si dà infatti un peccato di omissione se uno non tralascia ciò che è in grado di fare e di non fare.

Ora, tale astensione non avviene senza una causa o un'occasione concomitante o precedente.

E se tale causa non è in potere dell'interessato, l'omissione non ha natura di peccato: come quando uno lascia di andare in chiesa per malattia.

L'omissione è invece peccaminosa se la causa o l'occasione di tralasciare la cosa dipende dalla volontà: e allora è necessario che tale causa, in quanto volontaria, sia sempre accompagnata da un atto, almeno da un atto interiore della volontà.

Ora, questo atto qualche volta investe direttamente l'omissione stessa: p. es. quando uno non vuole andare in chiesa per pigrizia.

E allora tale atto appartiene essenzialmente [ per se ] all'omissione: infatti la volizione di un peccato qualsiasi appartiene essenzialmente a tale atto, essendo la volontarietà essenziale al peccato.

- Altre volte invece l'atto della volontà investe direttamente la cosa che distoglie dal compiere l'azione dovuta: sia essa concomitante all'omissione, come quando uno vuole giocare nel momento in cui ha il dovere di andare in chiesa, sia essa precedente, come quando uno vuole vegliare a lungo la sera, dal che segue il non andare in chiesa al mattino.

E allora questo atto interno o esterno è solo accidentale all'omissione: poiché l'omissione nel caso è preterintenzionale; e noi denominiamo accidentale ciò che esula dall'intenzione, come dimostra Aristotele [ Phys. 2,5 ].

Perciò è evidente che in questo caso il peccato di omissione è legato a un atto concomitante o precedente, ma quest'ultimo è solo accidentale al peccato di omissione.

Ora, bisogna giudicare le cose dagli elementi per se [ o essenziali ], non già dagli elementi per accidens.

Quindi è più esatto affermare che un peccato può esistere senza alcun atto.

Altrimenti dovremmo considerare essenziali gli atti e le occasioni concomitanti anche per gli altri peccati attuali [ di commissione ].

Analisi delle obiezioni:

1. Per il bene si richiedono più cose che per il male: poiché, come scrive Dionigi [ De div. nom. 4 ], « il bene dipende da una causa integra e perfetta, il male invece dai difetti particolari ».

Perciò il peccato può dipendere sia dal fatto che uno compie ciò che non deve, sia dal fatto che uno non compie ciò che deve; il merito invece si ha soltanto quando uno compie volontariamente ciò che deve.

Perciò il merito non può sussistere senza un atto, il peccato invece può verificarsi anche senza alcun atto.

2. Si dice che una cosa è volontaria non solo perché su di essa cade l'atto della volontà, ma anche per il solo fatto che è in nostro potere far sì che avvenga o che non avvenga, come spiega Aristotele [ Ethic. 3,5 ].

Per cui può dirsi volontario anche lo stesso non volere, in quanto è in potere dell'uomo volere e non volere.

3. Il peccato di omissione ha contro di sé un precetto affermativo, il quale obbliga sempre, ma non di continuo.

Quindi uno pecca soltanto quando cessa da quell'atto al quale è obbligato in forza del precetto affermativo.

Indice