Summa Teologica - I-II

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Articolo 5 - Se tutti i peccati rendano meritevoli di una pena eterna

III, q. 86, a. 4; In 2 Sent., d. 42, q. 1, a. 5; In 4 Sent., d. 46, q. 1, a. 3; C. G., III, c. 143; De Malo, q. 7, a. 1, ad 24; aa. 10, 11; Comp. Theol., c. 182

Pare che tutti i peccati rendano meritevoli di una pena eterna.

Infatti:

1. La pena, come si è detto [ a. prec. ], è proporzionata alla colpa.

Ma la pena eterna differisce infinitamente da quella temporale.

Invece nessun peccato sembra differire infinitamente dall'altro, essendo ogni colpa un atto umano, che non può mai essere infinito.

Perciò, avendo noi già dimostrato [ a. 3 ] che certi peccati meritano una pena eterna, sembra che a nessun peccato possa corrispondere una pena temporale.

2. Il peccato originale è il minimo fra i peccati: infatti S. Agostino [ Enchir. 93 ] scrive che « la pena di quanti sono puniti per il solo peccato originale è quella più mite ».

Eppure al peccato originale corrisponde una pena eterna: infatti i bambini morti col peccato originale, senza battesimo, non vedranno mai il regno di Dio: il che è evidente dalle parole del Signore [ Gv 3,3 ]: « Se uno non rinasce dall'alto, non può vedere il regno di Dio ».

Quindi a maggior ragione sarà eterna la pena di tutti gli altri peccati.

3. Un peccato non merita una pena più grave perché si aggiunge a un altro, avendo ogni peccato la pena rispettiva stabilita secondo la divina giustizia.

Ora se in un dannato, insieme con altri peccati, si trova un peccato veniale, esso deve subire una pena eterna: poiché all'inferno non ci può essere remissione alcuna.

Perciò il peccato veniale merita senz'altro una pena eterna.

E così a nessun peccato può corrispondere una pena temporale.

In contrario:

S. Gregorio [ Dial. 4,39 ] insegna che certe colpe leggere vengono rimesse dopo questa vita.

Quindi non tutti i peccati sono puniti con la pena eterna.

Dimostrazione:

Come sopra [ a. 3 ] si è detto, il peccato causa l'obbligazione alla pena eterna in quanto turba irreparabilmente l'ordine della divina giustizia, contrastando il principio stesso dell'ordine, che è il fine ultimo.

Ora, è evidente che in alcuni peccati si trova un certo disordine, però senza opposizione al fine ultimo, bensì rispetto ai mezzi soltanto, in quanto ci si occupa di essi più o meno del dovuto, salvo però sempre l'ordine al fine ultimo: come quando uno è troppo attaccato alle cose temporali, ma non fino al punto di voler offendere Dio commettendo qualcosa contro i suoi precetti.

Perciò questi peccati meritano una pena non eterna, ma temporale.

Analisi delle obiezioni:

1. I peccati non differiscono tra loro infinitamente quanto alla conversione verso i beni transitori, nella quale consiste la sostanza dell'atto, ma differiscono in tal modo quanto all'allontanamento.

Infatti certi peccati sono commessi per abbandono del fine ultimo, altri invece per un disordine rispetto ai mezzi.

Ora, la differenza tra il fine e i mezzi è infinita.

2. Al peccato originale corrisponde una pena eterna non per la sua gravità, ma per la condizione del soggetto, cioè dell'uomo privo della grazia, attraverso la quale soltanto si ha la remissione della pena.

3. Lo stesso si dica per la terza obiezioni, a proposito del peccato veniale.

Infatti l'eternità della pena non è dovuta alla gravità della colpa, ma all'impossibilità di ottenerne la remissione, come si è detto [ ib. ].

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