Summa Teologica - I-II

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Articolo 5 - Se la giustificazione dell'empio richieda un moto del libero arbitrio contro il peccato

III, q. 86, a. 2; In 4 Sent., d. 17, q. 1, a. 3, sol. 4; C. G., III, c. 158; De Verit., q. 28, a. 5

Pare che per la giustificazione dell'empio non si richieda un moto del libero arbitrio contro il peccato.

Infatti:

1. Per cancellare il peccato basta la carità, poiché sta scritto [ Pr 10,12 ]: « L'amore ricopre ogni colpa ».

Ma l'oggetto della carità non è il peccato.

Quindi per la giustificazione dell'empio non si richiede un moto del libero arbitrio contro il peccato.

2. Chi tende ad avanzare non deve guardare indietro, secondo le parole dell'Apostolo [ Fil 3,13s ]: « Dimentico del passato e proteso verso il futuro, corro verso la mèta per arrivare al premio che Dio ci chiama a ricevere lassù ».

Ora, per chi tende alla giustizia il passato sono i peccati commessi.

Perciò egli è tenuto a dimenticarli, e non a muoversi verso di essi col moto del libero arbitrio.

3. Nella giustificazione del peccatore non viene rimesso un peccato senza il perdono degli altri: « è infatti empio sperare da Dio un perdono a metà ».

Se quindi nella giustificazione si richiedesse un moto del libero arbitrio contro il peccato, bisognerebbe che uno pensasse a tutti i suoi peccati.

Ma ciò è impossibile: sia perché tale ripensamento richiederebbe molto tempo, sia perché altrimenti uno non sarebbe in grado di ottenere il perdono dei peccati dimenticati.

Quindi la giustificazione del peccatore non richiede un moto del libero arbitrio contro il peccato.

In contrario:

Scrive il Salmista [ Sal 32,5 ]: « Ho detto: "Confesserò al Signore la mia colpa", e tu hai rimesso la malizia del mio peccato ».

Dimostrazione:

Come sopra [ a. 1 ] si è visto, la giustificazione dell'empio è un moto con cui Dio conduce l'anima umana dallo stato di peccato a quello di giustizia.

È necessario quindi che l'anima secondo il moto del libero arbitrio si rapporti ai due termini estremi, come un corpo mosso localmente si rapporta ai due termini del moto.

Ora è evidente, nel moto locale dei corpi, che il corpo mosso si allontana dal termine di partenza e si avvicina a quello di arrivo.

È quindi necessario che la mente umana nella giustificazione abbandoni il peccato con un moto del suo libero arbitrio, e si avvicini alla giustizia.

Ma questi moti di allontanamento e di avvicinamento, nel libero arbitrio, corrispondono alla detestazione e al desiderio: così infatti scrive S. Agostino [ In Ioh. ev. tract. 46 ], commentando il passo di S. Giovanni [ Gv 10,12 ]: « Il mercenario invece fugge »: « I nostri affetti sono i moti dello spirito: la gioia è la dilatazione dell'anima, il timore ne è la fuga; avanzi con l'anima quando desideri, fuggi con essa quando hai paura ».

Nella giustificazione del peccatore si richiedono quindi due moti del libero arbitrio: uno per tendere alla giustizia di Dio col desiderio, l'altro per detestare il peccato.

Analisi delle obiezioni:

1. Spetta a un'unica virtù perseguire un dato oggetto e fuggire il suo contrario.

Siccome quindi spetta alla carità amare Dio, appartiene ad essa anche detestare i peccati, che separano l'anima da lui.

2. L'uomo non deve tornare al passato con l'affetto, ma da questo punto di vista deve piuttosto dimenticarlo, per non esserne preso.

Deve però ricordarsene per detestarlo: è così infatti che se ne allontana.

3. Nel tempo che precede la giustificazione l'uomo deve detestare i singoli peccati commessi di cui si ricorda.

E da questa previa considerazione segue nell'anima un moto di detestazione universale per tutti i peccati commessi, tra i quali sono inclusi anche quelli dimenticati: poiché un uomo si trova allora in tale disposizione da essere pronto a pentirsi anche di ciò che non ricorda, se potesse richiamarlo alla memoria.

Ed è questo moto che concorre alla giustificazione.

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