Summa Teologica - II-II

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Articolo 7 - Se la carità aumenti all'infinito

In 1 Sent., d. 17, q. 2, a. 4; In 3 Sent., d. 29, q. 1, a. 8, sol. 1, ad 2; De Virt., q. 2, a. 10, ad 3 in opp.

Pare che la carità non aumenti all'infinito.

Infatti:

1. Come insegna Aristotele [ Met. 2,2 ], qualsiasi moto tende a un fine o termine definito.

Ora, l'aumento della carità è un moto.

Quindi tende a un dato fine o termine.

Quindi la carità non può aumentare all'infinito.

2. Nessuna forma può superare la capacità del proprio soggetto.

Ma la capacità della creatura ragionevole, che è il soggetto della carità, è finita.

Quindi la carità non può aumentare all'infinito.

3. Ogni entità finita con un aumento indefinito può raggiungere le dimensioni di un altro essere finito grande quanto si voglia: a meno che quanto vi si aggiunge non sia sempre di meno.

Il Filosofo [ Phys. 3,6 ], p. es., nota che se a una linea aggiungiamo quanto si sottrae a un'altra linea suddivisa all'infinito, pur continuando l'addizione all'infinito non si arriverebbe mai a una lunghezza equivalente alle due linee, cioè a quella suddivisa e a quella a cui vengono aggiunte le parti.

Ma ciò nel nostro caso non avviene: infatti non è detto che il secondo aumento della carità sia più piccolo del primo: anzi, è più probabile che sia uguale, o più grande.

Ora, essendo la carità del cielo qualcosa di finito, se la carità della vita presente può crescere all'infinito ne segue che quest'ultima può divenire uguale a quella della patria celeste: il che è inammissibile.

Quindi la carità dei viatori non può aumentare all'infinito.

In contrario:

L'Apostolo [ Fil 3,12 ] scrive: « Non che io abbia conquistato il premio o sia ormai arrivato alla perfezione; solo mi sforzo di correre per conquistarlo ».

E la Glossa [ P. Lomb. di Prosp. ] commenta: « Nessuno dei fedeli dica mai: Basta, anche se ha fatto molti progressi.

Chi infatti dice così esce dallo stato di viatore prima della fine ».

Quindi nella vita presente la carità può crescere sempre di più.

Dimostrazione:

All'aumento di una forma si può fissare un limite per tre motivi.

Primo, per la natura della forma medesima, che ha una misura determinata raggiunta la quale non si può andare oltre senza passare a un'altra forma: come è evidente nel caso del pallore, di cui uno passa i limiti con un'alterazione continuata giungendo o al bianco o al nero.

Secondo, a motivo della causa efficiente, quando la sua virtù non riesce più a far crescere la forma nel soggetto.

Terzo, a motivo del soggetto, che può essere incapace di una perfezione maggiore.

Ora, per nessuno di questi tre motivi si impone un limite all'aumento della carità nello stato dei viatori.

Infatti la carità non ha un limite di aumento nella natura della propria specie, essendo essa una partecipazione della carità infinita, che è lo Spirito Santo.

Parimenti la causa che fa crescere la carità, cioè Dio, è di una potenza infinita.

E neppure si può fissare un limite a tale aumento dalla parte del soggetto: poiché col crescere della carità cresce sempre di più l'attitudine a un ulteriore aumento.

Per cui rimane che all'aumento della carità non si può fissare alcun limite nella vita presente.

Analisi delle obiezioni:

1. L'aumento della carità tende a un certo fine, ma tale fine non è nella vita presente, bensì in quella futura.

2. Le capacità di una creatura spirituale sono accresciute dalla carità: poiché essa dilata il cuore, come dice S. Paolo [ 2 Cor 6,11 ]: « Il nostro cuore si è dilatato ».

Perciò rimane sempre l'attitudine a un maggiore aumento.

3. L'argomento vale per le cose che hanno una grandezza del medesimo genere, ma non per quelle che hanno un diverso genere di grandezza.

La linea p. es., per quanto aumenti, non raggiungerà mai la grandezza di una superficie.

Ora, la grandezza della nostra carità attuale, che deriva dalla conoscenza della fede, non è omogenea a quella della carità dei beati, che deriva dalla visione diretta.

Quindi il paragone non regge.

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