Summa Teologica - II-II

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Articolo 2 - Se Dio debba essere amato più del prossimo

De Virt., q. 2, a. 9

Pare che Dio non debba essere amato più del prossimo.

Infatti:

1. S. Giovanni [ 1 Gv 4,20 ] ha scritto: « Chi non ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio che non vede ».

Dal che pare che sia da amarsi maggiormente ciò che è più visibile: infatti la vista stessa è tra le cause dell'amore, come nota Aristotele [ Ethic. 9, cc. 5,12 ].

Ora, Dio è meno visibile del prossimo.

Quindi è anche meno amabile con la carità.

2. La somiglianza è tra le cause dell'amore, poiché sta scritto [ Sir 13,15 ]: « Ogni creatura vivente ama il suo simile ».

Ora, è maggiore la somiglianza dell'uomo con il suo prossimo che con Dio.

Perciò l'uomo con la carità ama più il prossimo che Dio.

3. Ciò che la carità ama nel prossimo è Dio, come spiega S. Agostino [ De doctr. christ. 1, cc. 22,27 ].

Ma Dio in se stesso non è superiore a come si trova nel prossimo.

Quindi non è da amarsi più in se stesso che nel prossimo.

E così Dio non deve essere amato più del prossimo.

In contrario:

È degno di essere amato di più ciò per cui altre cose vanno persino odiate.

Ora, come dice il Vangelo [ Lc 14,26 ], si deve odiare il prossimo per amore di Dio nel caso che esso allontani da lui: « Se uno viene a me e non odia suo padre, sua madre, la moglie, i figli, i fratelli e le sorelle, non può essere mio discepolo ».

Quindi con la carità si deve amare Dio più del prossimo.

Dimostrazione:

Ogni amicizia riguarda principalmente colui nel quale principalmente si trova il bene sulla cui partecipazione essa è fondata: l'amicizia politica, p. es., riguarda principalmente la prima autorità dello stato, da cui dipende tutto il suo bene comune; per cui ad essa specialmente si deve fedeltà e obbedienza da parte del cittadini.

Ora, l'amicizia della carità si fonda sulla partecipazione della beatitudine, che si trova essenzialmente in Dio come nel suo principio, dal quale si irradia in tutti coloro che ne sono capaci.

Quindi la carità ci obbliga ad amare principalmente e sommamente Dio: poiché egli va amato come causa della beatitudine, mentre il prossimo va amato come compartecipe con noi della sua beatitudine.

Analisi delle obiezioni:

1. Una cosa può essere causa dell'amore in due modi.

Primo, come sua ragione intrinseca.

E in questo senso la causa dell'amore è il bene: poiché ogni cosa è amata in quanto ha natura di bene.

Secondo, quale via per acquistare l'amore.

E in questo senso è causa dell'amore la vista: non perché una cosa diventi amabile in quanto è visibile, ma perché mediante la visione di una cosa siamo portati ad amarla.

Perciò non è detto che le cose più visibili siano anche le più amabili, ma soltanto che sono le prime a presentarsi al nostro amore.

Ed è in questo senso che argomenta l'Apostolo.

Essendo infatti il prossimo più visibile per noi, esso è il primo a offrirsi al nostro amore: poiché, come dice S. Gregorio [ In Evang. hom. 11 ], « l'animo impara ad amare ciò che non conosce a partire dalle cose conosciute ».

Se quindi uno non ama il prossimo, si può arguire che non ama neppure Dio: non perché il prossimo sia più amabile, ma perché è il primo a presentarsi al nostro amore.

Dio invece è più amabile per la sua superiore bontà.

2. La somiglianza che abbiamo con Dio è anteriore ed è la causa della nostra somiglianza con il prossimo: infatti noi diventiamo simili al prossimo per il fatto che riceviamo da Dio ciò che anche il prossimo ha ricevuto da lui.

Perciò a motivo della somiglianza dobbiamo amare più Dio che il prossimo.

3. Dio, considerato nella sua natura, dovunque si trovi è sempre uguale: poiché non diminuisce trovandosi in una creatura.

Però il prossimo non partecipa la bontà di Dio nel grado in cui la possiede Dio stesso: infatti Dio la possiede per essenza, il prossimo invece solo per partecipazione.

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