Summa Teologica - II-II

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Articolo 3 - Se con la carità l'uomo debba amare Dio più di se stesso

In 3 Sent., d. 29, q. 1, a. 3; De Virt., q. 2, a. 4, ad 2; a. 9

Pare che l'uomo con la carità non debba amare Dio più di se stesso.

Infatti:

1. Il Filosofo [ Ethic. 9, cc. 4,8 ] insegna che « i sentimenti di amicizia verso gli altri derivano dal senso di amicizia verso se stessi ».

Ma la causa è superiore all'effetto.

Quindi l'amicizia di un uomo verso se stesso è superiore a quella verso qualsiasi altro.

Quindi uno deve amare se stesso più di Dio.

2. Qualsiasi cosa viene amata in quanto è un bene per chi ama.

Ma ciò che costituisce il motivo dell'amore viene amato più di quanto è amato in forza di esso: come nell'ordine conoscitivo i primi princìpi, con i quali si conoscono le cose, sono meglio conosciuti.

Quindi l'uomo ama se stesso più di ogni altro bene.

E così non ama Dio più di se stesso.

3. Più uno ama Dio, più ama di fruirne.

Ma quanto più uno ama la fruizione di Dio, tanto più ama se stesso: poiché questo è il più grande bene che può volere a se stesso.

Perciò l'uomo non è tenuto ad amare con la carità Dio più di se stesso.

In contrario:

Scrive S. Agostino [ De doctr. christ. 1,22 ]: « Se tu devi amare anche te stesso non per te, ma per colui in cui si trova il fine più retto del tuo amore, nessun altro uomo si lamenti se tu lo ami per Dio ».

Ora, essendo la causa superiore ai suoi effetti, l'uomo è tenuto ad amare Dio più di se stesso.

Dimostrazione:

Due sono i tipi di bene che possiamo ricevere da Dio: i beni della natura e i beni della grazia.

Ora, sulla partecipazione che Dio ci ha fatto dei beni naturali si fonda l'amore naturale, col quale Dio è amato sopra tutte le cose e più di se stessi non soltanto dall'uomo nell'integrità della sua natura, ma a suo modo anche da ogni creatura: cioè o con l'amore intellettivo, o con quello razionale, o con quello animale, o almeno con quello naturale, come fanno le pietre e gli altri esseri privi di conoscenza.

Poiché qualsiasi parte ama naturalmente il bene comune più del proprio bene particolare.

E ciò si manifesta nell'operare: infatti in qualsiasi parte si riscontra l'inclinazione principale all'attività comune per il vantaggio del tutto.

Ciò si rivela poi anche nelle virtù politiche [ o sociali ], che spingono i cittadini a sopportare il danno delle proprie sostanze, e talora della propria persona, per il bene comune.

- Per cui a maggior ragione ciò deve verificarsi nell'amicizia della carità, che si fonda sulla partecipazione ai doni della grazia.

Quindi con la carità l'uomo è tenuto ad amare Dio, che è il bene universale di tutte le cose, più di se stesso: poiché in Dio la beatitudine si trova come nel principio universale e radicale di tutti gli esseri chiamati a parteciparne.

Analisi delle obiezioni:

1. Il Filosofo parla dei sentimenti di amicizia verso altri nei quali il bene a cui l'amicizia si riferisce si trova secondo una certa misura particolare, e non dei sentimenti di amicizia verso un altro in cui il bene suddetto si trova nella sua totalità.

2. La parte certamente ama il bene del tutto in quanto ad essa conveniente, però non lo ama in modo da riferire il bene del tutto a se stessa, ma piuttosto volgendo se stessa al bene del tutto.

3. Volere la fruizione di Dio è amare Dio con amore di concupiscenza.

Ora, con l'amore di amicizia noi amiamo Dio più che con l'amore di concupiscenza: poiché Dio in se stesso è un bene più grande di quello di cui noi possiamo partecipare godendo di lui.

Perciò, assolutamente parlando, l'uomo con la carità ama Dio più di se stesso.

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