Summa Teologica - II-II

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Articolo 3 - Se l'accidia sia un peccato mortale

De Malo, q. 11, a. 3

Pare che l'accidia non sia un peccato mortale.

Infatti:

1. Ogni peccato mortale è in contrasto con qualche comandamento di Dio.

Ma l'accidia non contrasta con nessun comandamento, come è evidente per chi scorre i singoli precetti del decalogo.

Quindi l'accidia non è un peccato mortale.

2. Un peccato di opere non è più piccolo di un peccato di pensiero, quando è dello stesso genere.

Ma allontanarsi con l'opera da certi beni spirituali che conducono a Dio non è un peccato mortale: altrimenti peccherebbe mortalmente chiunque non osservasse i consigli.

Perciò allontanarsi col cuore da tali opere spirituali non è un peccato mortale.

Quindi l'accidia non è un peccato mortale.

3. Nei perfetti non si può trovare alcun peccato mortale.

Ma l'accidia si trova nei perfetti: infatti Cassiano [ De instit. coenob. 10,1 ] afferma che l'accidia « è sperimentata specialmente dai solitari, ed è un nemico dannoso e frequente per coloro che vivono nell'eremo ».

Quindi l'accidia non è un peccato mortale.

In contrario:

Sta scritto [ 2 Cor 7,10 ]: « La tristezza del mondo produce la morte ».

Ma tale è l'accidia: poiché essa non è « la tristezza secondo Dio » [ 2 Cor 7,10 ], la quale si contrappone alla tristezza del mondo che produce la morte.

Quindi l'accidia è un peccato mortale.

Dimostrazione:

Come sopra [ I-II, q. 72, a. 5; q. 88, aa. 1,2 ] si è visto, si dice mortale quel peccato che toglie la vita spirituale prodotta dalla carità, virtù in forza della quale Dio abita in noi: perciò è mortale per il suo genere quel peccato che per se stesso, cioè per la sua natura, è incompatibile con la carità.

Ora, tale è l'accidia.

Poiché l'effetto proprio della carità è la gioia di Dio, come sopra [ q. 28, a. 1 ] si è visto, mentre l'accidia è una tristezza del bene spirituale in quanto è un bene divino.

E così per il suo genere l'accidia è un peccato mortale.

Si deve però notare, in tutti i peccati che sono mortali nel loro genere, che essi non sono mortali se non quando raggiungono la loro perfezione.

Ora, il peccato viene consumato nel consenso della ragione: infatti noi ora parliamo del peccato dell'uomo, consistente in un atto umano, il cui principio è la ragione.

Se quindi c'è un inizio di peccato nella sola sensualità, senza che si giunga al consenso della ragione, il peccato è veniale per l'imperfezione dell'atto.

Nell'adulterio, p. es., la concupiscenza che si ferma alla sola sensualità è un peccato veniale; se invece raggiunge il consenso della ragione è un peccato mortale.

E così anche il moto dell'accidia talora si limita alla sensualità, nella lotta fra la carne e lo spirito: e allora è un peccato veniale.

Talora invece giunge fino alla ragione concretandosi come fuga, orrore e detestazione del bene divino, col prevalere assoluto della carne sullo spirito.

E allora è chiaro che l'accidia è un peccato mortale.

Analisi delle obiezioni:

1. L'accidia è in contrasto col precetto della santificazione del sabato, nel quale comandamento, secondo il suo significato morale, si prescrive il riposo dell'anima in Dio, e al quale si contrappone la tristezza dell'anima riguardo al bene divino.

2. L'accidia non è una fuga dello spirito da qualsiasi bene spirituale, ma dal bene di Dio, al quale lo spirito è tenuto ad aderire.

Se quindi uno si rattrista perché viene obbligato a compiere delle opere virtuose alle quali non è tenuto, non si ha un peccato di accidia, ma lo si ha solo quando uno si rattrista di cose che è strettamente tenuto a compiere per il Signore.

3. Nelle persone sante si trovano certi moti imperfetti di accidia, che però non giungono ad avere il consenso della ragione.

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