Summa Teologica - II-II

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Articolo 1 - Se la gioia sia in noi un effetto della carità

Infra, q. 35, a. 2; I-II, q. 70, a. 3; Expos. in Decal., Prolog.; In Gal., c. 5, lect. 6

Pare che la gioia non sia in noi un effetto della carità.

Infatti:

1. Dall'assenza dell'oggetto amato segue più la tristezza che la gioia.

Ora, finché siamo in questa vita Dio, che è l'oggetto della nostra carità, è assente, secondo le parole di S. Paolo [ 2 Cor 5,6 ]: « Finché abitiamo nel corpo siamo in esilio lontano dal Signore ».

Quindi in noi la carità produce più tristezza che gioia.

2. La carità è la causa principale per cui meritiamo la beatitudine.

Ma tra le cose con cui meritiamo la beatitudine troviamo il pianto, che accompagna la tristezza [ Mt 5,4 ]: « Beati quelli che piangono, perché saranno consolati ».

Quindi è più effetto della carità la tristezza che la gioia.

3. La carità, come si è visto [ q. 17, a. 6 ], è una virtù distinta dalla speranza.

Ma la gioia è causata dalla speranza, secondo l'espressione di S. Paolo [ Rm 12,12 ]: « Lieti nella speranza ».

Perciò essa non è causata dalla carità.

In contrario:

Come dice S. Paolo [ Rm 5,5 ], « l'amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato ».

Ma la gioia è causata in noi dallo Spirito Santo, come dice lo stesso Apostolo [ Rm 14,17 ]: « Il regno di Dio non è questione di cibo o di bevanda, ma è giustizia, pace e gioia nello Spirito Santo ».

Quindi anche la carità è causa di gioia.

Dimostrazione:

Come si è visto nel trattato sulle passioni [ I-II, q. 25, a. 3; q. 26, a. 1, ad 2; q. 28, a. 5, ad ob. ], dall'amore nascono sia la gioia che il dolore o tristezza, ma in maniera diversa.

Infatti dall'amore viene causata la gioia o per la presenza del bene amato, o anche perché la stessa persona amata possiede e conserva il proprio bene.

E questo secondo aspetto appartiene specialmente all'amore di benevolenza, che ci fa godere della prosperità dell'amico, anche se assente.

- Al contrario invece dall'amore segue la tristezza o per l'assenza di ciò che si ama, o perché la persona di cui vogliamo il bene viene privata dei suoi beni, o è oppressa da un male.

Ora, la carità è l'amore di Dio, il cui bene è immutabile, essendo egli la stessa bontà.

E inoltre, per il fatto stesso che è amato, Dio si trova in chi lo ama col più nobile dei suoi effetti, secondo le parole di S. Giovanni [ 1 Gv 4,16 ]: « Chi sta nell'amore dimora in Dio, e Dio dimora in lui ».

Quindi la gioia spirituale, che ha Dio per oggetto, è causata dalla carità.

Analisi delle obiezioni:

1. Si dice che siamo in esilio lontano dal Signore mentre siamo nel corpo in rapporto alla presenza con la quale Dio si mostra ad alcuni nella visione immediata.

Infatti l'Apostolo [ 2 Cor 5,7 ] aggiunge: « Noi camminiamo nella fede e non ancora in visione ».

Ma egli è presente anche in questa vita a coloro che lo amano mediante l'inabitazione della grazia.

2. Il pianto che merita la beatitudine ha per oggetto ciò che contrasta con essa.

Per cui si deve a uno stesso motivo che dalla carità nasca tale pianto e insieme la gioia spirituale di Dio: poiché il godere di un dato bene e il rattristarsi dei mali contrari procedono da uno stesso motivo.

3. Di Dio si può godere spiritualmente in due modi: primo, in quanto godiamo del bene divino considerato in se stesso; secondo, in quanto godiamo del bene divino in quanto è partecipato da noi.

Ora, il primo tipo di gioia è più perfetto, e deriva principalmente dalla carità.

Il secondo invece deriva dalla speranza, con la quale aspettiamo la fruizione del bene divino.

- Tuttavia anche la stessa fruizione, sia perfetta che imperfetta, viene conseguita in base alla grandezza della carità.

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