Summa Teologica - II-II

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Articolo 2 - Se l'invidia sia un peccato

Infra, q. 158, a. 1; De Malo, q. 10, a. 1; In Psalm. 36

Pare che l'invidia non sia un peccato.

Infatti:

1. S. Girolamo [ Epist. 107 ] così scriveva a Santa Leda sull'istruzione della figlia: « Abbia delle compagne con le quali impari, di cui abbia invidia, dai cui elogi venga spronata ».

Ora, nessuno deve essere provocato a peccare.

Quindi l'invidia non è un peccato.

2. Come dice il Damasceno [ De fide orth. 2,14 ], l'invidia è « la tristezza per i beni altrui ».

Ma questa talora è lodevole, poiché sta scritto [ Pr 29,2 ]: « Quando governano gli empi, il popolo geme ».

Quindi non sempre l'invidia è peccaminosa.

3. L'invidia è una specie di zelo, o di emulazione.

Ma lo zelo è una cosa buona, come si rileva dalla Scrittura [ Sal 69,10 ]: « Lo zelo per la tua casa mi divora ».

Perciò l'invidia non è sempre un peccato.

4. La pena è distinta dalla colpa.

Ma l'invidia è una pena: così infatti scrive S. Gregorio [ Mor. 5,46 ]: « Quando la peste dell'invidia ha corrotto e soggiogato il cuore, anche le membra esterne indicano quanto gravemente il furore ecciti l'anima: il colore si fa pallido, gli occhi si affondano, la testa si accende, le membra si raffreddano, il pensiero è dominato dalla rabbia, i denti stridono ».

Quindi l'invidia non è un peccato.

In contrario:

Sta scritto [ Gal 5,26 ]: « Non cerchiamo la vanagloria, provocandoci e invidiandoci gli uni gli altri ».

Dimostrazione:

L'invidia, come si è detto [ ob. 2 ], è « una tristezza per i beni altrui ».

Ora, tale tristezza può prodursi in quattro modi.

Primo, quando uno si rattrista del bene di un altro nel timore di riceverne un danno per sé, o per i buoni.

Tale tristezza però non è invidia, come si è già notato [ a. prec. ], e può essere senza peccato.

Scrive perciò S. Gregorio [ Mor. 22,11 ]: « Per lo più capita senza la perdita della carità che la rovina di un nemico ci rallegri, e senza un peccato di invidia che il suo successo ci addolori, poiché crediamo che con la sua caduta alcuni saranno giustamente risollevati, mentre temiamo che col suo successo molti saranno ingiustamente oppressi ».

Secondo, si può essere addolorati del bene di un altro non perché costui ha tale bene, ma perché esso manca a noi.

E ciò propriamente è zelo, o gelosia, come nota il Filosofo [ Reth. 2,11 ].

E se questa gelosia riguarda i beni onesti è una cosa lodevole, secondo l'esortazione di S. Paolo [ 1 Cor 14,1 ]: « Aspirate ai doni dello Spirito ».

Se invece ha per oggetto i beni temporali, può essere o non essere peccaminosa.

Terzo, uno può rattristarsi dei beni altrui perché colui che ne gode ne è indegno.

E tale tristezza non può nascere certo dal bene onesto, che rende giusta una persona, ma ha per oggetto, come dice il Filosofo [ Reth. 2,9 ], le ricchezze e gli altri beni che possono capitare sia agli onesti che ai disonesti.

E questa tristezza è da lui denominata nemesi, e appartiene ai buoni costumi [ ib. ].

Ma egli diceva così perché considerava i beni temporali in se stessi, in quanto possono parere di gran valore a chi non guarda ai beni eterni.

Invece secondo l'insegnamento della fede i beni temporali che sono concessi agli indegni per un giusto disegno di Dio sono ordinati o al loro emendamento o alla loro dannazione; inoltre questi beni sono quasi un nulla in confronto con i beni futuri riservati ai buoni.

E così questa tristezza è proibita dalla Sacra Scrittura: nei Salmi infatti si legge [ Sal 37,1 ]: « Non adirarti contro gli empi, non invidiare i malfattori ».

E altrove [ Sal 73,2s ]: « Per poco non inciampavano i miei piedi, perché ho invidiato i prepotenti, vedendo la prosperità dei malvagi ».

Quarto, uno può rattristarsi dei beni di un altro per il fatto che costui ha dei beni più grandi dei suoi.

E questa è propriamente l'invidia.

Ed è sempre una cosa malvagia, come riconosce anche il Filosofo [ Reth. 2,11 ]: poiché uno si rattrista di una cosa di cui dovrebbe godere, cioè del bene del prossimo.

Analisi delle obiezioni:

1. In quel testo l'invidia indica l'emulazione, dalla quale uno deve essere provocato a progredire con i migliori.

2. L'argomento vale per la tristezza dei beni altrui ispirata dal primo motivo.

3. L'invidia, come si è visto [ nel corpo ], differisce dallo zelo.

Quindi un certo zelo può essere buono, mentre l'invidia è sempre cattiva.

4. Nulla impedisce che un peccato per certe sue conseguenze abbia l'aspetto di pena, come si è visto sopra [ I-II, q. 87, a. 2 ] nel trattato sui peccati.

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