Summa Teologica - II-II

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Articolo 1 - Se sia lecito vendere una cosa per più di quanto vale

Pare che sia lecito vendere una cosa per più di quanto vale.

Infatti:

1. Il giusto nei contratti umani è determinato dalle leggi civili.

Ora, in base ad esse è lecito a chi compra e a chi vende ingannarsi a vicenda: il che avviene per il fatto che il venditore tende a vendere la cosa per più di quanto vale, e il compratore [ ad acquistarla ] per meno di quanto vale.

Perciò è lecito vendere una cosa per più di quanto vale.

2. Ciò che è comune a tutti è naturale, e non può essere peccato.

Ma come riferisce S. Agostino [ De Trin. 13,3.6 ], tutti approvano quelle parole di un commediante: « Voi volete comprare a poco, e vendere a caro prezzo ».

E ciò si accorda con quel passo dei Proverbi [ Pr 20,14 ]: « Robaccia, robaccia, dice chi compra; ma mentre se ne va, allora se ne vanta ».

Quindi è lecito vendere a un prezzo più caro e comprare a un prezzo inferiore al costo di una cosa.

3. Non può essere illecito agire in un contratto come già si deve agire secondo le regole dell'onestà.

Ora, secondo il Filosofo [ Ethic. 8,13 ], nell'amicizia impostata sull'utilità il compenso va fatto in base al vantaggio ricavato da chi ha ricevuto il beneficio: e questo talora sorpassa il valore della cosa venduta; come avviene quando uno ha urgente bisogno di una cosa, o per scansare un pericolo o per raggiungere uno scopo.

Perciò nei contratti di compravendita è lecito vendere qualcosa a un prezzo più alto del suo valore.

In contrario:

Sta scritto [ Mt 7,12 ]: «Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro ».

Ora, nessuno vuole che gli si venda una cosa per più di quanto vale.

Quindi nessuno deve vendere a un altro in questo modo.

Dimostrazione:

Usare la frode per vendere una cosa a un prezzo più alto del giusto è sempre un peccato: poiché così si inganna il prossimo a suo danno.

Infatti anche Cicerone [ De off. 3,15 ] ha scritto: « In tutti i contratti deve sparire qualsiasi menzogna: il venditore non si presenti come chi all'asta attende il miglior offerente, e il compratore non cerchi uno che gli offra un prezzo minore ».

Se dunque togliamo la frode, allora possiamo considerare la compravendita sotto due aspetti.

Primo, in se stessa.

E allora troviamo che la compravendita è stata introdotta per il comune vantaggio dei due interessati: poiché, come spiega il Filosofo [ Polit. 1,3 ], l'uno ha bisogno dei beni dell'altro, e viceversa.

Ora, ciò che è fatto per un vantaggio comune non deve pesare più sull'uno che sull'altro.

Quindi il contratto reciproco deve essere basato sull'uguaglianza.

Ma il valore delle cose che servono all'uomo è misurato secondo il prezzo che viene dato: per il quale, come dice Aristotele [ Ethic. 5,5 ], fu inventato il danaro.

Se quindi il prezzo supera il valore di una cosa, o se la cosa supera il prezzo, è compromessa l'uguaglianza della giustizia.

Quindi vendere a più o comprare a meno di quanto la cosa costa è un atto ingiusto e illecito.

Secondo, possiamo considerare la compravendita in quanto accidentalmeute costituisce un guadagno per l'uno e una perdita per l'altro: p. es. quando uno ha urgente bisogno di una cosa e l'altro viene danneggiato privandosi di essa.

E in questo caso il prezzo giusto non va definito soltanto guardando a ciò che si vende, ma anche al danno che il venditore subisce con la vendita.

E così si può vendere a un prezzo superiore al valore intrinseco della cosa, sebbene non la si venda a più di quanto essa vale per il proprietario.

Se poi uno riceve un vantaggio rilevante dall'acquisto senza che il venditore venga danneggiato privandosi di ciò che vende, questi non ha il diritto di aumentare il prezzo.

Poiché il vantaggio dell'acquirente non dipende dal venditore, ma dalle condizioni dell'acquirente: ora, nessuno deve vendere a un altro cose che non gli appartengono, sebbene possa vendere il danno che lui stesso subisce.

Tuttavia chi dall'acquisto ottiene un vantaggio rilevante può maggiorare il compenso di sua spontanea volontà: ed è un segno di nobiltà d'animo.

Analisi delle obiezioni:

1. Come si è già notato [ I-II, q. 96, a. 2 ], la legge umana viene data a tutto un popolo, nel quale ci sono molti individui di scarsa virtù, e non soltanto uomini virtuosi.

Perciò la legge umana non può proibire tutto ciò che è contrario alla virtù, ma si limita a proibire ciò che minaccia il consorzio umano; le altre colpe poi le considera come lecite non perché le approvi, ma perché non le punisce.

Così dunque essa considera come lecito, non infliggendo castighi, il fatto che il venditore venda a un prezzo maggiorato e il compratore acquisti sottoprezzo, purché la sproporzione non sia eccessiva: poiché allora la legge umana obbliga alla restituzione; nel caso ad es. in cui uno sia stato ingannato per un valore che supera la metà del prezzo giusto.

Ma la legge divina non lascia impunito nulla di ciò che è contrario alla virtù.

Perciò secondo la legge divina è considerato illecito non osservare l'uguaglianza della giustizia nella compravendita.

E chi ha così guadagnato è tenuto a compensare chi è stato leso, se il danno è rilevante.

E dico questo perché il giusto prezzo spesso non è determinato puntualmente, ma va computato con una certa elasticità, per cui piccole maggiorazioni o minorazioni non compromettono l'uguaglianza della giustizia.

2. Come aggiunge lo stesso S. Agostino nel passo citato, « quel commediante, considerando se stesso od osservando il comportamento di altri, credette che fosse comune a tutti il voler comprare a poco e vendere a caro prezzo.

Siccome però si tratta di un vizio, ciascuno può acquistare la giustizia con la quale si resiste e si vince questa inclinazione ».

E riporta l'esempio di un tale che diede al venditore il giusto prezzo di un libro da costui offerto a meno per ignoranza.

Dal che si dimostra che quel desiderio così comune non è naturale, ma peccaminoso.

Ed è comune a molti perché i più camminano per la via larga del peccato.

3. Nella giustizia commutativa si considera principalmente l'uguaglianza tra cosa e cosa.

Nell'amicizia di utilità invece si considera l'uguaglianza dei reciproci vantaggi: e allora il compenso va fatto in base ai vantaggi ricevuti.

Ma nella compravendita si deve stare all'uguaglianza reale.

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