Summa Teologica - II-II

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Articolo 1 - Se per lo spergiuro si richieda la falsità di quanto uno conferma col giuramento

In 3 Sent., d. 39, q. 1, a. 4

Pare che per lo spergiuro non si richieda la falsità di quanto uno conferma col giuramento.

Infatti:

1. Abbiamo già detto sopra [ q. 89, a. 3 ] che come il giuramento deve essere accompagnato dalla verità, così deve esserlo anche dal giudizio e dalla giustizia.

Come quindi si incorre nello spergiuro per difetto di verità, così vi si incorre sia per mancanza di giudizio, quando uno giura senza discrezione, sia per mancanza di giustizia, quando uno giura qualcosa di illecito.

2. L'elemento confermante è superiore all'elemento confermato: come nel sillogismo i princìpi sono superiori alla conclusione.

Ora, nel giuramento il nome di Dio serve a confermare l'affermazione di un uomo.

Pare quindi che sia più grave lo spergiuro se uno giura per degli dèi falsi che se nelle affermazioni confermate dal giuramento manca la verità.

3. S. Agostino [ Serm. 180,2 ] ha scritto: « Gli uomini giurano il falso quando ingannano, o quando sono ingannati ».

E fa tre ipotesi: la prima si presenta così: « Supponiamo che giuri un uomo il quale pensa che sia vero il falso che giura ».

La seconda: « Chi giura sa che si tratta di una falsità, e giura ».

La terza: « Chi giura pensa che si tratti di una falsità, mentre la cosa è vera ».

Ma anche in questo caso, egli dice, « si ha uno spergiuro ».

Quindi si può spergiurare anche giurando la verità.

E così per lo spergiuro non si richiede la falsità.

In contrario:

Lo spergiuro viene definito [ Ugo di S. Vitt., Summa Sent. 4,5 ]: « una menzogna confermata con giuramento ».

Dimostrazione:

Gli atti morali, come sopra [ q. 92, a. 2; I-II, q. 1, a. 3; q. 18, a. 6 ] si è visto, ricevono la loro specificazione dal fine.

Ora, il fine del giuramento è la conferma di un enunciato umano.

Ma la falsità è incompatibile con tale conferma, poiché un enunciato ottiene conferma per il fatto che viene dimostrato fermamente che è vero; il che non può avvenire per ciò che è falso.

Quindi la falsità infirma direttamente il fine del giuramento.

E così la perversità del giuramento che è detto spergiuro viene specificata principalmente dalla falsità.

Quindi la falsità è nella natura dello spergiuro.

Analisi delle obiezioni:

1. Come dice S. Girolamo [ In Ier. 1, su 4,2 ], « l'assenza di una di queste tre cose costituisce uno spergiuro ».

Però con un certo ordine.

Al primo posto troviamo, per le ragioni già esposte [ nel corpo ], l'assenza della verità.

Al secondo posto la mancanza di giustizia: chi infatti giura cose illecite incorre per ciò stesso nella falsità, poiché è obbligato a fare il contrario.

Al terzo posto infine l'assenza del giudizio: poiché quando uno giura senza discrezione si espone per ciò stesso al pericolo di incorrere nel falso.

2. Nei sillogismi i princìpi hanno maggior valore poiché, come dice Aristotele [ Phys. 2,3 ], hanno la funzione di cause agenti.

Ma nelle azioni morali il fine è superiore alla causa agente.

Sebbene quindi sia perverso il giuramento fatto con l'invocazione dei falsi dèi, tuttavia lo spergiuro prende il nome da quella perversità del giuramento che ne pregiudica il fine, quando si giura il falso.

3. Gli atti morali derivano dalla volontà, il cui oggetto è il bene conosciuto.

Se quindi il falso è conosciuto come vero, in rapporto alla volontà sarà materialmente falso, ma formalmente vero.

Se invece il falso è conosciuto come falso, allora sarà falso sia materialmente che formalmente.

Se infine una cosa vera è conosciuta per falsa, essa sarà vera materialmente, e falsa formalmente.

Perciò in tutte e tre le ipotesi si riscontra in qualche modo lo spergiuro per una intromissione della falsità.

Siccome però in ogni cosa ciò che è formale è sempre più fondamentale di ciò che è materiale, chi giura il falso credendolo vero non è così spergiuro come chi giura il vero credendolo falso.

Dice infatti S. Agostino nel brano citato: « Ciò che conta è vedere come le parole escono dal cuore: poiché a rendere colpevole la lingua è la perversità del cuore ».

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