Summa Teologica - II-II

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Articolo 2 - Se la veracità sia una virtù specificamente distinta

In 4 Sent., d. 16, q. 4, a. 1, sol. 2; In 4 Ethic., lect. 15

Pare che la veracità non sia una virtù specificamente distinta.

Infatti:

1. Il vero e il bene coincidono e si equivalgono.

Ora, la bontà non è una virtù speciale, ma piuttosto qualsiasi virtù è buona inquantoché « rende buono chi la possiede » [ Ethic. 2,5 ].

Quindi la veracità o verità non è una virtù speciale.

2. L'atto della veracità di cui parliamo è la manifestazione di cose che appartengono all'uomo.

Ma ciò è proprio di qualsiasi virtù: infatti qualsiasi abito virtuoso viene manifestato dall'atto rispettivo.

Quindi la veracità non è una virtù specificamente distinta.

3. « La verità della vita » equivale al vivere nella rettitudine, secondo l'espressione della Scrittura [ Is 38,3 ]: « Signore, ricordati che ho passato la vita dinanzi a te nella verità e con cuore sincero ».

Ma si vive rettamente con l'esercizio di qualsiasi virtù, come appare evidente dalla definizione riportata sopra [ I-II, q. 55, a. 4 ].

Quindi la verità o veracità non è una virtù specifica.

4. La veracità pare identificarsi con la semplicità: poiché l'una e l'altra si contrappongono alla finzione.

Ora, la semplicità non è una virtù speciale, poiché essa « rettifica l'intenzione » [ Ethic. 6,13 ], il che è richiesto in tutte le virtù.

Quindi la veracità non è una virtù speciale.

In contrario:

Aristotele [ Ethic. 2,7 ] la enumera fra le altre virtù.

Dimostrazione:

La virtù ha il compito di « rendere buone le azioni umane ».

Quindi là dove nell'agire umano si riscontra un aspetto specifico di bontà, è necessario che l'uomo vi sia orientato e disposto da una virtù speciale.

E poiché il bene, secondo S. Agostino [ De nat. boni 3 ], ha tra i suoi costitutivi l'ordine, è necessario rilevare da ogni determinato ordine uno specifico aspetto di bene.

Ora, vi è un certo ordine speciale nel fatto che i nostri atteggiamenti esterni, cioè le parole e le azioni, corrispondono debitamente come segni alle realtà significate.

E a ciò l'uomo viene predisposto dalla virtù della veracità.

È quindi evidente che la veracità è una virtù specificamente distinta.

Analisi delle obiezioni:

1. Il vero e il bene coincidono e si equivalgono quanto al soggetto concreto, poiché ogni vero è un bene e ogni bene è un vero, ma per la loro formalità si eccedono a vicenda: come l'intelletto e la volontà si includono a vicenda, poiché l'intelletto conosce la volontà e molte altre cose, e la volontà da parte sua vuole le cose che appartengono all'intelletto, e insieme molte altre.

Perciò il vero, nella sua formalità, cioè come perfezione dell'intelletto, è un bene particolare, essendo un determinato appetibile.

Parimenti il bene nella sua formalità, in quanto fine a cui tende la volontà, è un determinato vero, essendo un particolare intelligibile.

Per il fatto dunque che la virtù implica il carattere della bontà, può essere benissimo che la veracità sia una virtù speciale, come il vero è un bene speciale.

Non può essere invece che sia una virtù speciale la bontà, essendo essa piuttosto una nozione generica che include la virtù.

2. Gli abiti delle virtù e dei vizi vengono specificati dall'oggetto direttamente perseguito, e non dagli elementi accidentali o preterintenzionali.

Ora, il manifestare con sincerità le proprie cose appartiene direttamente ed espressamente alla virtù della veracità, mentre alle altre virtù può appartenere in modo indiretto.

Infatti l'uomo forte mira ad agire coraggiosamente, e il fatto che agendo in tal modo manifesti il coraggio che possiede è solo una conseguenza della sua intenzione principale.

3. La verità della vita è la verità in senso oggettivo, non già la verità in senso soggettivo per cui una persona è detta verace.

Ora, la vita può dirsi vera, come anche qualsiasi altra cosa, per il fatto che si adegua alla sua norma o misura, cioè alla legge divina, conformandosi alla quale ottiene la sua rettitudine.

E tale verità o rettitudine è un elemento comune a qualsiasi virtù.

4. La semplicità si contrappone alla doppiezza, che consiste nel mostrarsi esternamente diversi da ciò che si è interiormente.

Quindi la semplicità si riduce alla veracità.

Essa poi rettifica l'intenzione non già direttamente, poiché questo è il compito di qualsiasi virtù, ma escludendo la doppiezza, che porta a manifestare un'intenzione e a perseguirne un'altra.

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