Summa Teologica - II-II

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Articolo 4 - Se l'avarizia sia sempre un peccato mortale

De Malo, q. 13, a. 2; Expos. in Decal., c. De Nono Praecepto

Pare che l'avarizia sia sempre un peccato mortale.

Infatti:

1. Nessuno è degno di morte se non per un peccato mortale.

Ma per l'avarizia si è degni di morte.

Infatti l'Apostolo [ Rm 1,29 ], dopo aver detto che certi uomini « sono pieni di ogni ingiustizia, fornicazione, avarizia », aggiunge [ Rm 1,32 ]: « Gli autori di tali cose meritano la morte ».

Quindi l'avarizia è un peccato mortale.

2. L'avarizia, come minimo, fa sì che uno conservi con troppo attaccamento i propri beni.

Ma questo è un peccato mortale, stando alle parole di S. Basilio [ In Lc hom. 6, su 12, 18 s. ]: « È dell'affamato il pane che tu conservi e del nudo la tunica che hai riposta, è dell'indigente il danaro che tu possiedi.

Quante sono le cose che potresti dare, tante sono le ingiustizie che commetti ».

Ma commettere delle ingiustizie è peccato mortale, essendo incompatibile con l'amore del prossimo.

Quindi a maggior ragione è peccato mortale ogni altra avarizia.

3. Non si è accecati spiritualmente che dal peccato mortale, il quale toglie all'anima la luce della grazia.

Ora, secondo il Crisostomo [ Op. imp. in Mt hom. 15 ], l'amore delle ricchezze è la cecità dell'anima.

Perciò l'avarizia, che consiste nella brama delle ricchezze, è un peccato mortale.

In contrario:

A commento di quel testo [ 1 Cor 3,12 ]: « E se si costruisce sopra questo fondamento », ecc., la Glossa [ P. Lomb. da Agost. ] afferma che « costruisce con legno, fieno e paglia colui il quale pensa alle cose del mondo, cioè come piacere al mondo ».

Il che si riduce al peccato di avarizia.

Ora, chi fabbrica con legno, fieno e paglia non pecca mortalmente, ma venialmente, poiché S. Paolo [ 1 Cor 3,15 ] aggiunge che costui « si salverà come attraverso il fuoco ».

Perciò l'avarizia molte volte è un peccato veniale.

Dimostrazione:

Come si è già spiegato [ a. 3 ], l'avarizia può essere intesa in due modi.

Primo, quale vizio contrario alla giustizia.

E in questo senso essa nel suo genere è un peccato mortale: infatti rientra nell'avarizia così intesa il prendere e il ritenere la roba altrui, atti questi che si riducono alla rapina o al furto, e che sono peccati mortali, come si è visto sopra [ q. 66, aa. 6,9 ].

Tuttavia un peccato di questo genere può essere veniale per l'imperfezione dell'atto, come si è spiegato [ q. 66, a. 6, ad 3 ] parlando del furto.

Secondo, l'avarizia può essere intesa come vizio contrario alla liberalità.

E in questo senso implica un amore disordinato delle ricchezze.

Se dunque tale amore cresce al punto da superare la carità, così che per l'amore delle ricchezze uno non esita ad agire contro l'amore di Dio e del prossimo, allora l'avarizia è un peccato mortale.

Se invece il disordine suddetto non passa tale limite, sicché un uomo, pur amando eccessivamente le ricchezze, non le preferisce all'amore di Dio al punto di essere disposto a compiere per esse degli atti contro Dio e il prossimo, allora l'avarizia è un peccato veniale.

Analisi delle obiezioni:

1. L'avarizia viene enumerata tra i peccati mortali sotto quell'aspetto per cui è un peccato mortale.

2. S. Basilio parla di quei casi in cui si è tenuti a rigore di legge a distribuire le proprie sostanze ai poveri, o perché il bisogno è urgente, o perché le ricchezze che si hanno sono superflue.

3. La brama delle ricchezze acceca propriamente l'anima quando toglie la luce della carità, facendo preferire l'amore del danaro all'amore di Dio.

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