Summa Teologica - II-II

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Articolo 6 - Se siano ben formulati gli altri sei precetti del decalogo

I-II, q. 100, a. 5; In 3 Sent., d. 37, q. 1, a. 2, sol. 2

Pare che gli altri sei precetti del decalogo non siano ben formulati.

Infatti:

1. Per salvarsi non basta non fare del male al prossimo, ma è necessario rendere ad esso ciò che gli è dovuto, secondo l'ammonizione di S. Paolo [ Rm 13,7 ]: « Rendete a ciascuno ciò che gli è dovuto ».

Invece negli ultimi sei comandamenti viene proibito soltanto il male inferto al prossimo.

Quindi tali precetti non sono ben formulati.

2. Nei suddetti comandamenti vengono proibiti l'omicidio, l'adulterio, il furto e la falsa testimonianza.

Ma ci sono molti altri danni che si possono arrecare al prossimo, come risulta evidente da quanto sopra [ qq. 65 ss. ] abbiamo detto.

Perciò questi comandamenti non sono ben formulati.

3. Il desiderio può indicare due cose: primo, un atto della volontà, come in quel testo della Sapienza [ Sap 6,21 ]: « Il desiderio della sapienza conduce al regno eterno»; secondo, un atto della sensualità, come in quel passo diS. Giacomo [ Gc 4,1 ]: « Da che cosa derivano le guerre e le liti che sono in mezzo a voi?

Non vengono forse dalle concupiscenze che combattono nelle vostre membra? ».

Ora, dai precetti del decalogo non può essere proibita la concupiscenza, o desiderio, della sensualità, perché allora i primi moti della sensualità sarebbero peccati mortali, in quanto contrari a dei precetti del decalogo.

E neppure può essere proibito il desiderio della volontà: poiché esso è incluso in ogni peccato.

Quindi non era giusto inserire nel decalogo due precetti che proibiscono di desiderare.

4. L'omicidio è un peccato più grave dell'adulterio e del furto.

Ora, nel decalogo non c'è un comandamento che proibisca di desiderare un omicidio.

Non era quindi giusto inserirvi dei precetti che proibiscono di desiderare il furto e l'adulterio.

In contrario:

Basta l'autorità della Scrittura.

Dimostrazione:

Mediante le parti [ potenziali ] della giustizia si rende ciò che è dovuto a delle persone determinate verso le quali si hanno degli obblighi speciali; invece mediante la giustizia propriamente detta si rende ciò che è dovuto comunemente a tutti.

E così dopo i tre precetti relativi alla religione, con la quale compiamo i nostri doveri verso Dio, e dopo il quarto, relativo alla pietà, per cui si rende ciò che è dovuto ai genitori e implicitamente a tutte le persone verso cui siamo particolarmente obbligati, era necessario ordinare gli altri comandamenti che riguardano la giustizia propriamente detta, la quale rende ciò che è dovuto indistintamente a tutti.

Analisi delle obiezioni:

1. Un uomo ha il dovere comune e universale di non nuocere ad alcuno.

Quindi i precetti negativi, che proibiscono di danneggiare il prossimo, andavano posti nel decalogo, in quanto doveri universali.

Invece le prestazioni da offrire a vantaggio del prossimo sono diverse secondo le persone.

Perciò nel decalogo non si dovevano inserire a tale riguardo dei precetti affermativi.

2. Tutti gli altri danni che si possono infliggere al prossimo sono riducibili a quelli proibiti da questi comandamenti.

Infatti tutti i danni personali possono dirsi inclusi nell'omicidio come in quello principale.

I danni invece che colpiscono i congiunti, specialmente con atti di libidine, sono proibiti assieme all'adulterio.

I danni alle cose sono poi tutti proibiti assieme al furto.

Quelli infine relativi all'uso della parola, come la maldicenza, la maledizione, ecc., sono inclusi nella proibizione della falsa testimonianza, che più direttamente viola la giustizia.

3. I comandamenti che proibiscono i desideri o concupiscenze non intendono proibire i moti primi della concupiscenza, che rimangono nell'ambito della sensualità.

Proibiscono invece direttamente il consenso della volontà che ha di mira l'opera esterna o il piacere.

4. L'omicidio non è di per sé desiderabile, ma piuttosto è ripugnante, poiché non ha in se stesso l'aspetto di qualche bontà.

Invece l'adulterio ha l'aspetto di bene dilettevole, e il furto quello di bene utile.

Ora, il bene è desiderabile di per sé.

Bisognava quindi proibire con dei precetti speciali i desideri del furto e dell'adulterio, non invece il desiderio dell'omicidio.

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