Summa Teologica - II-II

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Articolo 1 - Se ci sia una grazia carismatica che consista nella parola

C. G., III, c. 154; In 1 Cor., c. 12, lect. 2

Pare che non ci sia una grazia carismatica che consista nella parola.

Infatti:

1. La grazia viene data sempre per cose che superano le capacità della natura.

Ora, la ragione naturale ha inventato l'arte della retorica con la quale, al dire di S. Agostino [ De doctr. christ. 4,12.27 ], uno può « parlare in modo da insegnare, dilettare e convincere ».

Ma questi sarebbero i compiti del carisma della parola.

Quindi il dono della parola non pare essere una grazia carismatica.

2. Qualsiasi grazia fa parte del regno di Dio.

Ora, l'Apostolo [ 1 Cor 4,20 ] afferma: « Il regno di Dio non consiste in parole, ma in potenza ».

Non si dà quindi una grazia carismatica che consista nella parola.

3. Nessuna grazia viene data per dei meriti: poiché, come dice S. Paolo [ Rm 11,6 ], « se fosse data per le opere non sarebbe più grazia ».

Invece la parola viene accordata per i meriti: infatti S. Gregorio [ Mor 11,15 ], spiegando l'espressione del Salmo [ Sal 119,43 ]: « Non togliere mai dalla mia bocca la parola vera », dice che « Dio onnipotente concede la parola vera a quanti la mettono in pratica, e la nega a quanti non lo fanno ».

Quindi il dono della parola non è una grazia carismatica.

4. Come la parola è chiamata a esprimere quanto appartiene al dono della sapienza e della scienza, così è tenuta a farlo anche per le cose riguardanti la virtù della fede.

Se è quindi un carisma la parola di sapienza e di scienza, deve esserlo ugualmente la parola di fede.

In contrario:

Sta scritto [ Sir 6,5 Vg ]: « Nell'uomo dabbene abbonderà la parola graziosa », o amabile.

Ma la bontà dell'uomo deriva dalla grazia.

Quindi anche l'amabilità del suo parlare.

Dimostrazione:

I carismi, come sopra [ I-II, q. 111, aa. 1,4 ] si è spiegato, sono concessi per il bene altrui.

Ora, la conoscenza che uno riceve da parte di Dio non potrebbe volgersi al bene altrui se non mediante la parola.

Poiché dunque lo Spirito Santo non fa mancare nulla di quanto giova al bene della Chiesa, così egli ha provveduto ai membri di essa anche riguardo ai loro discorsi: facendo sì che non solo parlassero in modo da poter essere compresi da genti diverse, mediante il dono delle lingue, ma anche parlassero con efficacia, mediante il carisma della parola.

E tale efficacia si esplica in tre modi.

Primo, istruendo l'intelletto [ dell'ascoltatore ]: e ciò avviene quando uno parla in modo « da insegnare ».

- Secondo, muovendo gli affetti, così da fare ascoltare volentieri la parola di Dio: il che avviene quando uno parla in modo « da piacere » agli uditori.

- Terzo, facendo sì che uno ami le cose che vengono espresse dalla parola, e voglia metterle in pratica: e ciò avviene quando uno parla in modo « da convincere » chi lo ascolta.

E per compiere tutto ciò lo Spirito Santo si serve certamente della parola umana come di un certo strumento, ma è lui che porta a termine l'opera interiormente.

Da cui l'affermazione di S. Gregorio [ In Evang. hom. 30 ]: « Se lo Spirito Santo non riempie il cuore degli uditori, invano risuona agli orecchi del corpo la voce dei predicatori ».

Analisi delle obiezioni:

1. Come qualche volta Dio compie miracolosamente anche ciò che la natura stessa può produrre, così anche lo Spirito Santo con il carisma della parola compie in un modo più eccellente quanto può compiere l'arte oratoria in un grado minore.

2. In quel testo l'Apostolo parla della parola che si appoggia sull'eloquenza umana, senza il soccorso dello Spirito Santo.

Prima infatti [ 1 Cor 4,19 ] aveva detto: « Mi renderò conto non già delle parole di quelli che si sono gonfiati, ma di ciò che veramente sanno fare ».

Mentre di se stesso aveva detto [ 1 Cor 2,4 ]: « La mia parola e il mio messaggio non si basarono su discorsi persuasivi di umana sapienza, ma sulla manifestazione dello Spirito e della sua potenza ».

3. Il dono della parola, come si è notato [ nel corpo ], è concesso a vantaggio degli altri.

Perciò esso viene ritirato qualche volta per colpa degli uditori, e qualche altra volta per colpa di chi dovrebbe parlare.

Invece le opere buone degli uni e degli altri non meritano direttamente questa grazia, ma si limitano a togliere gli ostacoli.

Infatti anche la grazia abituale viene sottratta per la colpa; e tuttavia nessuno la può meritare con le buone opere, che però tolgono gli ostacoli alla grazia.

4. Il dono della parola è ordinato al bene altrui, come si è detto [ ib. ].

Ora, per comunicare ad altri la propria fede uno deve ricorrere alla parola di scienza e di sapienza: infatti S. Agostino [ De Trin. 14,1 ] scrive che « l'Apostolo pare denominare scienza il sapere come la fede vada rafforzata nelle anime pie e difesa dagli attacchi degli empi ».

Perciò non era necessario ricordare la parola di fede, ma bastava ammettere quella di scienza e di sapienza.

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