Summa Teologica - III

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Articolo 7 - Se nei sacramenti si richiedano delle parole determinate

In 4 Sent., d. 3, q. 1, a. 2, sol. 2, 3, 4

Pare che nei sacramenti non si richiedano delle parole determinate.

Infatti:

1. Il Filosofo [ Periherm. 1,1 ] osserva che « le parole non sono identiche presso tutti ».

Ma la salvezza che si cerca con i sacramenti è la medesima per tutti.

Perciò nei sacramenti non si richiedono delle parole determinate.

2. Abbiamo detto [ a. 6 ] che nei sacramenti la parola serve in quanto segno principale.

Ma capita di poter significare la stessa cosa con parole diverse.

Perciò nei sacramenti non si richiedono delle parole determinate.

3. In qualsiasi genere di cose la corruzione ne cambia la specie.

Ma vi sono alcuni che corrompono le parole pronunziandole, e tuttavia non si ritiene che per questo venga impedito l'effetto dei sacramenti: altrimenti gli illetterati e i balbuzienti che amministrano i sacramenti spesso li comprometterebbero.

Perciò non si richiedono nei sacramenti delle parole determinate.

In contrario:

Il Signore proferì delle parole determinate nella consacrazione del sacramento dell'Eucaristia, dicendo [ Mt 26,26 ]: « Questo è il mio corpo »; e così pure ordinò ai discepoli di battezzare con una formula ben determinata quando disse [ Mt 28,19 ]: « Andate e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo ».

Dimostrazione:

Abbiamo spiegato sopra [ a. 6, ad 2 ] che nei sacramenti le parole fanno da forma e le realtà sensibili da materia.

Ora, negli esseri composti di materia e di forma la determinazione viene dalla forma, che è come il fine e il completamento della materia, per cui alla costituzione di una cosa è più necessaria la determinazione della forma che quella della materia: si richiede infatti una materia determinata perché sia adatta a una determinata forma.

Se quindi nei sacramenti devono essere determinate le realtà sensibili che ne sono come la materia, molto più devono essere determinate in essi le parole della forma.

Analisi delle obiezioni:

1. Come nota S. Agostino [ In Ioh. ev. tract. 80 ], « la parola opera nei sacramenti non in quanto pronunziata », cioè non per il suo suono esteriore, « ma in quanto creduta », cioè per il suo senso, che è oggetto della fede.

E questo senso è lo stesso per tutti [ i credenti ], anche se i vocaboli non hanno il medesimo suono.

E così tale senso, in qualunque lingua sia espresso, produce il sacramento.

2. Sebbene in tutte le lingue ci siano più vocaboli di uguale significato, tuttavia ne viene usato principalmente e più comunemente uno particolare per indicare una determinata cosa.

E tale vocabolo va usato nella forma sacramentale.

Come anche tra le realtà sensibili si assume nell'atto del sacramento quella che è di uso più comune per indicare l'effetto sacramentale: per l'abluzione corporale, p. es., che è simbolo di quella spirituale, la materia più comune di cui gli uomini si servono è l'acqua; e per questo si usa l'acqua come materia del battesimo.

3. Chi corrompe le parole pronunziandole, se lo fa intenzionalmente mostra di non voler fare ciò che fa la Chiesa: quindi il sacramento non si realizza.

Se invece lo fa per errore o per difetto di lingua, non si realizza il sacramento quando la corruzione è tale da distruggere il senso della frase.

E ciò avviene principalmente quando si cambiano le iniziali delle parole: se uno, p. es., invece di dire in nomine Patris dicesse in nomine matris.

- Se invece la corruzione non toglie totalmente il senso della frase, il sacramento sussiste.

E ciò avviene principalmente quando si corrompono le finali, dicendo p. es. patrias et filias.

Sebbene infatti queste parole mal dette non abbiano morfologicamente alcun significato, tuttavia vengono prese come valide nell'uso ordinario.

E così, sebbene il suono sia diverso, il senso rimane identico.

La ragione poi della differenza tra la corruzione delle iniziali e quella delle finali sta nel fatto che presso di noi la variazione iniziale cambia il senso, mentre la variazione finale ordinariamente non lo cambia.

Presso i Greci tuttavia si hanno dei cambiamenti anche all'inizio delle parole nelle coniugazioni dei verbi.

Più di tutto però occorre stare attenti all'entità della mutazione.

Poiché in un modo e nell'altro essa può essere così piccola da non togliere il senso, o così grande da toglierlo.

Ma quest'ultimo caso capita più facilmente quando si altera l'iniziale del vocabolo, l'altro invece quando si altera la finale.

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