Summa Teologica - III

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Articolo 4 - Se il carattere risieda in una potenza dell'anima

In 4 Sent., d. 4, q. 1, a. 3, sol. 1

Pare che il carattere non risieda in una potenza dell'anima.

Infatti:

1. Il carattere è una disposizione alla grazia.

Ma la grazia risiede nell'essenza dell'anima, come si è visto nella Seconda Parte [ I-II, q. 110, a. 4 ].

Quindi il carattere è nell'essenza dell'anima, non nelle sue potenze.

2. Le potenze dell'anima non sono soggetto se non di abiti o di disposizioni.

Ma il carattere, come si è detto [ a. 2 ], non è un abito o una disposizione, bensì un potere o una potenza, che risiede solo nell'essenza dell'anima.

Quindi il carattere non risiede in alcuna potenza dell'anima, ma piuttosto nella sua stessa essenza.

3. Le potenze dell'anima razionale si dividono in conoscitive e appetitive.

Ora, non si può limitare il carattere alle potenze conoscitive, e neppure a quelle appetitive: poiché esso non è destinato né solo a conoscere, né solo a volere.

D'altra parte non può risiedere simultaneamente nelle une e nelle altre, poiché un medesimo accidente non può avere diversi soggetti.

Quindi il carattere non risiede in una potenza, ma nell'essenza dell'anima.

In contrario:

In una precedente definizione del carattere è stato detto [ a. 3, s. c. ] che esso si imprime nell'anima razionale « come un'immagine ».

Ma l'immagine della Trinità dell'anima viene concepita in rapporto alle potenze.

Quindi il carattere è nelle potenze dell'anima.

Dimostrazione:

Il carattere, come si è visto [ a. 3 ], è un contrassegno che distingue l'anima affinché possa ricevere per sé o comunicare ad altri le cose riguardanti il culto divino.

Ora, il culto divino consiste in determinati atti.

Ma agli atti sono ordinate le potenze dell'anima, come l'essenza è ordinata all'essere.

Quindi il carattere non risiede nell'essenza, ma nelle potenze dell'anima.

Analisi delle obiezioni:

1. Per determinare il soggetto di un accidente si deve tener conto di ciò a cui esso dispone prossimamente, non già di ciò a cui dispone in maniera remota o indiretta.

Ora, il carattere in maniera diretta e immediata dispone l'anima agli atti del culto divino; e poiché questi senza l'aiuto della grazia non vengono compiuti debitamente, secondo quelle parole del Vangelo [ Gv 4,24 ]: « Quelli che adorano Dio, devono adorarlo in spirito e verità », è logico che la generosità divina a chi riceve il carattere conceda anche la grazia, perché possa assolvere degnamente il compito a cui è deputato.

Perciò la sede da attribuire al carattere è da ricercarsi più in relazione agli atti concernenti il culto divino che in relazione alla grazia.

2. L'essenza dell'anima è il soggetto delle potenze naturali, che derivano dai princìpi dell'essenza stessa.

Ma il carattere non è un potere naturale, bensì un potere spirituale che viene dal di fuori.

Come quindi l'essenza dell'anima, che è la fonte della vita naturale dell'uomo, viene perfezionata dalla grazia, che le dona la vita spirituale, così le potenze naturali dell'anima vengono perfezionate da quella potenza o potere spirituale che è il carattere.

Gli abiti e le disposizioni infatti risiedono nelle potenze dell'anima proprio per il loro ordinamento agli atti, che hanno il loro principio nelle potenze stesse.

E per la stessa ragione tutto ciò che è ordinato all'atto va attribuito alle potenze.

3. Il carattere, come si è detto [ nel corpo ], riguarda gli atti che sono propri del culto divino.

Ora, ciò equivale a una professione di fede manifestata con segni esterni.

È necessario quindi che il carattere risieda nella potenza conoscitiva in cui risiede la fede.

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