Summa Teologica - III

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Articolo 1 - Se la forma di questo sacramento sia la seguente: « Questo è il mio corpo », e: « Questo è il calice del mio sangue »

In 4 Sent., d. 8, q. 2, a. 1, sol. 1, 2, 5; a. 2, sol. 1; a. 4, sol. 3; In Matth., c. 26; In 1 Cor., c. 11, lect. 5

Pare che la forma di questo sacramento non sia la seguente: « Questo è il mio corpo », e: « Questo è il calice del mio sangue ».

Infatti:

1. Appartengono alla forma del sacramento le parole con le quali Cristo consacrò il suo corpo e il suo sangue.

Ma Cristo, come dice il Vangelo [ Mt 26,26 ], prima benedisse il pane che aveva preso in mano, e poi disse: « Prendete e mangiate: questo è il mio corpo »; e altrettanto fece con il calice [ Mt 26,27s ].

Quindi le suddette parole non sono la forma di questo sacramento.

2. Eusebio di Emesa [ Decr. di Graz. 3,2,35 ] dice che « il sacerdote invisibile converte nel suo corpo le creature visibili dicendo: "Prendete e mangiate, questo è il mio corpo" ».

Quindi tutta la frase appartiene alla forma del sacramento.

E la stessa cosa vale per le parole riguardanti il sangue.

3. Nella forma del battesimo si esprime la persona del ministro e la sua azione, dicendo: « Io ti battezzo ».

Nelle suddette parole invece non c'è allusione alcuna alla persona del ministro, e neppure alla sua azione.

Quindi la forma di questo sacramento non è conveniente.

4. La forma del sacramento basta da sola a realizzare il sacramento: per cui il sacramento del battesimo può essere conferito a volte con le sole parole della forma, tralasciando tutte le altre.

Se dunque le suddette parole sono la forma di questo sacramento, sarà possibile eventualmente celebrare questo sacramento proferendo queste parole soltanto, e omettendo tutte le altre che si dicono nella messa.

Il che tuttavia pare falso, perché se si omettessero le altre, le suddette parole verrebbero intese come pronunziate dal sacerdote in nome proprio, mentre il pane e il vino non si convertono nel corpo e nel sangue del sacerdote.

Perciò le parole suddette non sono la forma di questo sacramento.

In contrario:

S. Ambrogio [ De sacram. 4,4 ] scrive: « La consacrazione viene fatta con le parole e le affermazioni del Signore Gesù.

Infatti con tutte le altre parole si loda Dio, si supplica per il popolo, per i re, per tutti gli altri.

Ma quando si compie il venerabile sacramento, il sacerdote non si serve più delle proprie parole, bensì di quelle di Cristo.

Perciò è la parola di Cristo che compie questo sacramento ».

Dimostrazione:

Questo sacramento differisce dagli altri sacramenti in due cose.

Primo, per il fatto che viene compiuto mediante la consacrazione della materia, mentre gli altri sacramenti vengono compiuti mediante l'uso della materia consacrata.

- Secondo, per il fatto che negli altri sacramenti la consacrazione della materia consiste solo in una certa benedizione, grazie alla quale la materia consacrata riceve strumentalmente una certa virtù spirituale che dal ministro, strumento animato, può passare agli strumenti inanimati.

Al contrario in questo sacramento la consacrazione della materia consiste in una certa miracolosa conversione della sostanza, che Dio solo può compiere.

Perciò nel compiere questo sacramento il ministro non ha altra azione oltre a quella di proferire le parole.

E poiché la forma deve essere adeguata alla realtà, conseguentemente la forma di questo sacramento differisce in due modi dalle forme degli altri sacramenti.

Primo, per il fatto che le forme degli altri sacramenti esprimono l'uso della materia, p. es. l'immersione o la crismazione, mentre la forma di questo sacramento esprime solo la consacrazione della materia, che consiste nella transustanziazione, e ciò con le espressioni: « Questo è il mio corpo » e « Questo è il calice del mio sangue ».

Secondo, poiché le forme degli altri sacramenti vengono proferite dal ministro in persona propria, designando il ministro stesso sia nell'atto di agire, come quando si dice: « Io ti battezzo » o « Io ti confermo »; sia nell'atto di comandare, come nel sacramento dell'ordine si dice: « Ricevi il potere », ecc.; sia nell'atto di intercedere, come quando nel sacramento dell'estrema unzione si dice: « Per questa unzione e per la nostra intercessione », ecc.

Al contrario la forma di questo sacramento viene proferita in persona dello stesso Cristo che parla [ direttamente ]: in modo da far intendere che il ministro nella celebrazione di questo sacramento non fa nient'altro che proferire le parole di Cristo.

Analisi delle obiezioni:

1. Ci sono in proposito molte opinioni.

Alcuni sostennero che Cristo, avendo il potere di eccellenza sui sacramenti, compì questo sacramento senza alcuna forma verbale, e dopo pronunziò le parole con le quali gli altri dovevano consacrare.

Il che pare intendere Innocenzo III [ De sacro alt. myst. 4,6 ] quando scrive: « Si può dire senza dubbio che Cristo prima consacrò per virtù divina, e poi espresse la forma con la quale avrebbero consacrato gli altri ».

- Ma contro questa opinione sta l'esplicita affermazione del Vangelo, in cui si dice che Cristo « benedisse »: la quale benedizione fu fatta certamente con delle parole.

Perciò la frase riferita di Innocenzo III esprime più un'opinione che una sentenza definitiva.

Altri invece sostennero che quella benedizione fu fatta con delle parole che non conosciamo.

- Ma anche questa spiegazione non regge.

Poiché la benedizione della consacrazione viene ora compiuta ripetendo quanto fu fatto allora.

Per cui se allora la consacrazione non avvenne in forza di queste parole, non avverrebbe neppure ora.

Perciò altri affermarono che quella benedizione fu fatta anche allora con le stesse parole con le quali avviene adesso, ma Cristo le pronunziò due volte: prima segretamente per consacrare, poi manifestamente per istruire.

- Ma neppure questo è sostenibile.

Poiché il sacerdote consacra proferendo queste parole non come dette da Cristo nella benedizione segreta, bensì come pronunziate da lui palesemente.

Di conseguenza, non avendo tali parole efficacia se non per il fatto di essere pronunciate da Cristo, è chiaro che anche Cristo deve aver consacrato pronunciandole manifestamente.

Altri perciò dicono che gli Evangelisti nel raccontare non sempre hanno conservato l'ordine cronologico dei fatti, come nota S. Agostino [ De cons. evang. 2, cc. 21,30,44 ].

Per cui l'ordine cronologico potrebbe essere ricostruito nel modo seguente: « Preso il pane, lo benedisse dicendo: "Questo è il mio corpo"; quindi lo spezzò e lo diede ai suoi discepoli ».

- Ma questo senso può essere ricavato dallo stesso testo evangelico anche senza apportarvi dei cambiamenti.

Infatti il gerundio « dicendo » indica la concomitanza delle parole pronunziate con ciò che precede.

E tale concomitanza non va necessariamente intesa solo rispetto all'ultimo atto, quasi che Cristo abbia detto quelle parole nel momento di dare il pane ai suoi discepoli, ma può essere intesa rispetto a tutto ciò che precede, così da avere questo senso: « Mentre benediceva e spezzava e dava ai suoi discepoli, disse queste parole: "Prendete" », ecc.

2. Le parole: « Prendete e mangiate » esprimono l'uso della materia consacrata, uso che non è necessario alla validità di questo sacramento, come si è detto sopra [ q. 74, a. 7 ].

Perciò nemmeno queste parole sono essenziali alla forma.

Poiché tuttavia l'uso della materia consacrata contribuisce alla perfezione del sacramento, nel senso in cui l'operazione non è la prima, ma la seconda perfezione di una cosa, di conseguenza tutte le parole indicate concorrono a esprimere integralmente questo sacramento.

Ed è in questo senso che Eusebio intese attribuire alle suddette parole l'efficacia sul sacramento, rispetto alla sua prima e seconda perfezione.

3. Nel sacramento del battesimo il ministro compie un atto riguardante l'uso della materia, uso che è essenziale al battesimo stesso; il che non avviene nell'Eucaristia.

Quindi il paragone non regge.

4. Alcuni affermarono che questo sacramento non può essere celebrato pronunziando le parole in questione e tacendo le altre, particolarmente quelle che si trovano nel canone della messa.

- Ma ciò risulta falso.

Sia in base al testo sopra citato di S. Ambrogio [ s. c. ], sia anche perché il canone della messa non è identico presso tutti e per tutti i tempi, essendo state fatte delle aggiunte diverse da persone diverse.

Si deve quindi ritenere che se il sacerdote pronunciasse solo le parole suddette con l'intenzione di celebrare questo sacramento, esso sarebbe valido: poiché l'intenzione farebbe intendere queste parole come proferite in persona di Cristo, anche se ciò non venisse espresso dalle parole precedenti.

Tuttavia il sacerdote che celebrasse in questo modo peccherebbe gravemente, poiché non rispetterebbe il rito della Chiesa.

Il che non avviene nel battesimo, che è un sacramento di stretta necessità, mentre alla mancanza della comunione eucaristica può supplire la comunione spirituale, come nota S. Agostino [ Decr. di Graz. 3,4,132 ].

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