Supplemento alla III parte

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Articolo 2 - Se uno possa soddisfare per un altro

Pare che uno non possa soddisfare per un altro.

Infatti:

1. Per soddisfare si richiede il merito.

Ma per un altro non è possibile né meritare né demeritare, poiché sta scritto [ Sal 62,13 ]: « Secondo le sue opere tu ripaghi ogni uomo ».

Quindi uno non può soddisfare per un altro.

2. La soddisfazione rientra con la contrizione e la confessione [ tra le parti della penitenza ].

Ora, nessuno può pentirsi o confessarsi per un altro.

Quindi non può neppure soddisfare per lui.

3. Pregando per un altro uno merita anche per sé.

Se quindi uno potesse soddisfare per un altro, soddisferebbe in tal modo anche per se stesso.

E così a chi soddisfa per un altro non sarebbe richiesta alcun'altra soddisfazione per i peccati propri.

4. Se uno potesse soddisfare per un altro, nel momento in cui uno si accolla l'espiazione l'altro verrebbe subito liberato dal suo debito.

E così se morisse subito andrebbe immediatamente in paradiso.

Qualora invece venisse punito ugualmente, verrebbe inflitto un doppio castigo per il medesimo peccato: quello cioè sofferto da chi ha accettato di soddisfare e quello di chi è punito in purgatorio.

In contrario:

1. S. Paolo [ Gal 6,2 ] esorta: « Portate i pesi gli uni degli altri ».

Sembra quindi che uno possa accollarsi il peso della penitenza stabilito per un altro.

2. La carità ha più valore presso Dio che presso gli uomini.

Ora, presso gli uomini uno può per amore saldare il debito di un altro.

Quindi a maggior ragione ciò è possibile presso il tribunale di Dio.

Dimostrazione:

La pena soddisfattoria ha due funzioni: saldare il debito e offrire un rimedio per evitare il peccato.

In quanto dunque la soddisfazione è un rimedio per il peccato futuro l'espiazione dell'uno non può giovare a un altro, poiché dal digiuno dell'uno non viene domata la carne dell'altro, né si può prendere l'abitudine ad agire bene per l'agire di un altro: tutt'al più ciò può avvenire per accidens, in quanto uno può meritare per un altro l'aumento della grazia, che è il rimedio più efficace per evitare il peccato.

Ciò però a modo di merito piuttosto che a modo di soddisfazione.

Quanto invece alla saldatura del debito uno può soddisfare per un altro: purché abbia la carità, affinché le sue opere possano essere soddisfattorie.

Né si richiede che a chi vuole soddisfare per un altro venga imposta una pena maggiore che all'interessato, secondo l'opinione di alcuni, i quali partono dall'idea che la pena propria soddisfa più che quella di un altro.

Infatti la pena che viene sopportata ha il potere di soddisfare soprattutto a motivo della carità con la quale viene sopportata.

E poiché nel soddisfare per un altro si mostra una carità maggiore che nel soddisfare per se stessi, in chi soddisfa per un altro si richiede una pena minore che nell'interessato.

Si racconta infatti nelle Vitae Patrum [ 5,5,27 ] che un fratello, essendo stato spinto dalla carità a fare penitenza per un peccato che l'altro non aveva commesso, ottenne a questi la remissione di un peccato commesso.

E neppure si richiede, per la remissione del debito, che colui per il quale si soddisfa sia incapace di soddisfare.

Poiché anche se è in grado di farlo, se un altro soddisfa per lui, è liberato dal debito.

- Ciò è invece richiesto in quanto la pena soddisfattoria ha funzione di rimedio.

Per cui non si deve permettere che uno faccia penitenza per un altro se non per un difetto del penitente: o corporale, nel senso che esso è inabile a sopportare la pena, o spirituale, nel senso che non è disposto ad accettarla.

Analisi delle obiezioni:

1. Il premio essenziale viene conferito secondo le disposizioni personali: poiché la pienezza della visione di Dio sarà secondo la capacità di ciascuno.

Come quindi nessuno può essere disposto dall'agire altrui, così nessuno può meritare a un altro il premio essenziale, a meno che il suo merito non abbia un'efficacia infinita, come nel caso di Cristo, per il cui merito esclusivo i bambini raggiungono col battesimo la vita eterna.

Ma la pena temporale dovuta per il peccato non viene determinata e imposta dopo la remissione della colpa secondo la disposizione di colui che l'ha meritata: poiché talvolta chi è migliore può avere un debito maggiore di pena.

Per questo quanto alla remissione della pena uno può meritare per un altro; e l'atto dell'uno soddisfa per l'altro mediante la carità, in forza della quale « siamo tutti una cosa sola in Cristo » [ Gal 3,28 ].

2. La contrizione ha di mira la colpa, che è tra i costitutivi della disposizione buona o cattiva di un uomo.

Perciò la contrizione di uno non può liberare un altro dalla colpa.

E così pure mediante la confessione uno si sottopone ai sacramenti della Chiesa.

Ora, nessuno può ricevere un sacramento a nome di un altro: poiché nel sacramento la grazia viene data a chi lo riceve e non ad altri.

- Quindi il medesimo argomento non può valere per la soddisfazione, per la contrizione e per la confessione.

3. Nel saldare il debito va considerata la gravità della pena accettata; nel merito invece si considera la radice della carità.

Perciò chi mosso dalla carità merita per un altro, sia pure con un merito di convenienza [ de congruo ], merita maggiormente anche per sé.

Chi invece soddisfa per un altro non soddisfa per sé: poiché una data quantità di pena non basta per i peccati di entrambi.

Tuttavia egli in questo modo merita qualcosa di superiore alla remissione della pena, cioè la vita eterna.

4. Se uno si fosse obbligato a una pena per un altro, questi non potrebbe essere immune dal debito contratto prima che esso venga saldato.

Perciò l'interessato sarebbe soggetto alla pena fino a che l'altro non ha soddisfatto per lui.

Se poi quello non soddisfa, allora tutti e due sono debitori di quella pena, l'uno per il peccato commesso, l'altro per l'omissione.

Perciò non ne segue che lo stesso peccato sia punito due volte.

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