Supplemento alla III parte

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Articolo 2 - Se siano sufficienti i beni del matrimonio posti dal Maestro delle Sentenze, cioè la fedeltà, la prole e il sacramento

Pare che i beni del matrimonio posti dal Maestro delle Sentenze [ 4,31,1 ], cioè la fedeltà, la prole e il sacramento, non siano sufficienti.

Infatti:

1. Gli uomini non si sposano soltanto per procreare e allevare dei figli, ma anche per vivere insieme, scambiandosi i servizi, come nota Aristotele [ Ethic. 8,12 ].

Come quindi tra i beni del matrimonio si enumera la prole, così si dovrebbe enumerare anche l'aiuto reciproco.

2. L'unione di Cristo con la Chiesa, simboleggiata dal matrimonio [ Ef 5,32 ], viene realizzata mediante la carità.

Perciò tra i beni del matrimonio si doveva elencare più la carità che la fedeltà [ fides ].

3. Come nel matrimonio si esige che nessuno dei due coniugi abbia rapporti sessuali con altri, così si richiede che i coniugi si rendano reciprocamente il debito.

Ora, secondo il Maestro [ Sent., l. cit. ], al primo di questi doveri soddisfa la fedeltà.

Quindi bisognava elencare tra i beni del matrimonio anche la giustizia, che soddisfa al secondo

4. Nel matrimonio, in quanto sta a simboleggiare l'unione di Cristo con la Chiesa, come si richiede l'indivisibilità, così si richiede anche l'unità, cioè la monogamia [ Decretales 1,21,5 ].

Ma il « sacramento », che è elencato tra i beni del matrimonio, riguarda l'indivisibilità [ Sent. 4,31,1ss ].

Quindi ci doveva essere un altro termine che riguardasse l'unità.

In contrario:

Sembra che detta enumerazione sia troppo abbondante.

Infatti:

1. A rendere onesta un'azione basta una sola virtù.

Ora, la fedeltà è una virtù.

Quindi gli altri due beni non sono necessari per coonestare il matrimonio.

2. Un atto non può essere utile e onesto per lo stesso motivo: poiché l'utile e l'onesto dividono il bene per contrapposizione.

Ora, con la prole il matrimonio diventa utile.

Perciò la prole non doveva essere computata tra i beni che lo rendono onesto.

3. Una cosa non può essere posta tra le proprietà o le condizioni di se medesima.

Ma i beni sono posti come condizioni del matrimonio.

Essendo quindi il matrimonio un sacramento, non si doveva porre il sacramento tra i beni del matrimonio.

Dimostrazione:

Il matrimonio è insieme un compito naturale e un sacramento della Chiesa.

Perciò in quanto compito naturale, come ogni atto di virtù, esso è coonestato da due cose.

La prima è richiesta dalla parte dell'agente, ed è l'intenzione del debito fine.

E a ciò corrisponde, tra i beni del matrimonio, la prole.

- La seconda è richiesta dalla parte dell'atto medesimo, che è buono nel suo genere se cade sulla materia debita.

E così si ha la fedeltà, per cui ci si unisce solo al proprio coniuge.

- Inoltre il matrimonio deve un aspetto della sua bontà al fatto che è un sacramento.

E ciò è indicato appunto dal termine sacramento.

Analisi delle obiezioni:

1. Nel termine prole non va inclusa solo la procreazione, ma anche l'educazione della prole, a cui è ordinata tutta l'attività in comune dei due coniugi: poiché per natura i genitori, come dice S. Paolo [ 2 Cor 12,14 ], « mettono da parte per i figli ».

Perciò nella prole, come nel fine principale, è incluso anche l'altro come secondario.

2. La fedeltà [ fides ] di cui si parla non è la virtù teologale, ma la fedeltà che è tra le parti della giustizia: in quanto si è fedeli con essa alla parola data nelle promesse [ Cicerone, De rep. 4,7 ].

Poiché il matrimonio, essendo un contratto, implica una certa promessa che lega un determinato uomo a una determinata donna.

3. La promessa fatta nel matrimonio implica sia che nessuno dei due contraenti abbia rapporti sessuali con altri, sia che essi si rendano reciprocamente il debito coniugale.

Anzi, quest'ultimo dovere è più importante, essendo una diretta conseguenza del dominio scambievole concesso col matrimonio.

Perciò entrambi i doveri sono inclusi nella fedeltà.

Ma nelle Sentenze si ricorda solo quello meno evidente.

4. Col termine sacramento non va intesa solo l'indivisibilità, ma tutto ciò che accompagna il matrimonio per il fatto che sta a rappresentare l'unione di Cristo con la Chiesa.

Oppure si può rispondere che l'unità a cui accenna l'obiezione rientra nella fedeltà, come l'indivisibilità nel sacramento.

5. [ S. c. 1 ]. Qui la fedeltà [ fides ] non va intesa come una virtù, ma come una condizione della virtù, che va posta tra le parti potenziali della giustizia.

6. [ S. c. 2 ]. Come l'uso debito di un bene utile acquista la natura di bene onesto, non certamente a motivo dell'utile, ma della ragione che ne fa retto uso, così anche l'intenzione di un bene utile può produrre un bene onesto in forza della ragione che stabilisce l'intenzione debita.

E in tal modo il matrimonio, per il fatto che viene ordinato alla prole, è utile e insieme onesto, in quanto debitamente ordinato.

7. [ S. c. 3 ]. Come spiega Pietro Lombardo [ Sent. 4,31,2 ], sacramento qui non indica il matrimonio stesso, ma la sua indissolubilità, che è segno dell'identica realtà sacra di cui è segno il matrimonio.

Oppure si può rispondere che sebbene il matrimonio sia un sacramento, tuttavia per il matrimonio una cosa è essere matrimonio e un'altra essere sacramento: poiché esso fu istituito non soltanto per essere il segno di una cosa sacra, ma anche quale compito di natura.

Perciò l'aspetto sacramentale è come una condizione complementare rispetto al matrimonio considerato in se stesso, la quale contribuisce anche alla sua onestà.

E così la sacramentalità viene posta, per così dire, tra i beni coonestanti il matrimonio.

Secondo questa spiegazione dunque il terzo bene del matrimonio, cioè il sacramento, non indica solo l'indissolubilità, ma anche tutto ciò che è racchiuso nel suo significato.

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