Supplemento alla III parte

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Articolo 5 - Se l'atto matrimoniale possa essere giustificato anche senza i beni del matrimonio

Pare che l'atto matrimoniale possa essere giustificato anche senza i beni del matrimonio.

Infatti:

1. Chi è mosso all'atto matrimoniale solo dalla natura sembra che non cerchi nessuno dei beni del matrimonio: poiché questi appartengono alla grazia e alla virtù.

Eppure quando uno è mosso a tale atto dal solo appetito naturale non fa peccato, essendo il peccato « fuori della natura » e « fuori dell'ordine », come afferma Dionigi [ De div. nom. 4 ].

Quindi l'atto del matrimonio può essere giustificato anche a prescindere dai beni del matrimonio.

2. Chi si unisce al coniuge per evitare la fornicazione non sembra avere di mira qualcuno dei beni del matrimonio.

Eppure costui non pecca: poiché il matrimonio è concesso alla debolezza umana perché sia evitata la fornicazione, come insegna S. Paolo [ 1 Cor 7,2.5.9 ].

Perciò l'atto coniugale può essere giustificato anche senza i beni del matrimonio.

3. Chi si serve delle proprie cose a piacimento sembra che non faccia peccato.

Ora, col matrimonio la moglie appartiene al marito e viceversa.

Se quindi essi fanno uso dei loro diritti mossi dal piacere, non c'è peccato.

Si ha così la stessa conclusione.

4. Un atto che per sua natura è buono non diventa cattivo se non è compiuto con un'intenzione cattiva.

Ma l'atto matrimoniale compiuto tra marito e moglie è per sua natura buono.

Quindi non può essere cattivo, se non è fatto con intenzione cattiva.

Ma può essere fatto con intenzione buona anche senza che si cerca uno dei beni del matrimonio: come quando uno con quell'atto mira a conservare la salute, oppure a ricuperarla.

Quindi l'atto coniugale può essere giustificato anche a prescindere dai beni del matrimonio.

In contrario:

1. « Togliendo la causa si toglie anche l'effetto » [ Phys. 2,3 ].

Ora, la causa dell'onestà dell'atto coniugale sono i beni del matrimonio.

Senza di essi quindi tale atto non è giustificabile.

2. L'atto coniugale non differisce da quello della fornicazione se non per i beni suddetti.

Ma il rapporto fornicario è sempre peccaminoso.

Quindi anche l'atto matrimoniale è sempre peccaminoso se non è giustificato dai beni ricordati.

Dimostrazione:

Come i beni suddetti in quanto esistenti allo stato abituale rendono onesto e santo il matrimonio, così anche come intenzioni attuali rendono onesto l'atto del matrimonio, in riferimento a quei due beni che lo riguardano.

Perciò quando i coniugi si uniscono o per procreare la prole o per rendere il debito coniugale, il che rientra nella fedeltà, sono scusati totalmente dal peccato.

Il terzo bene invece non appartiene all'uso, ma all'essenza del matrimonio, come si è visto sopra [ a. 3 ].

Esso quindi rende onesto il matrimonio, ma non il suo atto, così da renderlo onesto per il [ solo ] fatto che i coniugi si uniscono per significare qualcosa.

Quindi gli sposi si uniscono senza peccato per due soli motivi: per procreare la prole o per rendere il debito coniugale [ cf. q. 41, a. 4 ].

Altrimenti il loro atto sarà sempre peccato, almeno veniale.

Analisi delle obiezioni:

1. Considerata come bene del sacramento, la prole è superiore al bene inteso dalla natura.

Poiché la natura ha di mira la prole per la conservazione della specie, mentre quale bene del sacramento del matrimonio la prole oltre a ciò viene ordinata a Dio.

Perciò è necessario che l'intenzione naturale della prole venga riferita, in modo attuale o abituale, all'intenzione che ne fa un bene del sacramento: altrimenti ci si ferma alla creatura, il che non può farsi senza peccato.

Perciò quando la natura muove all'atto del matrimonio non viene del tutto giustificata dal peccato se non in quanto il suo moto viene indirizzato, in maniera attuale o abituale, alla prole quale bene del sacramento.

- E tuttavia non segue che il moto della natura sia cattivo, ma che è imperfetto se non è ulteriormente ordinato a un bene del matrimonio.

2. Se uno con l'atto del matrimonio intende evitare la fornicazione del coniuge, non commette alcun peccato: poiché ciò equivale a rendere il debito, il che rientra nel bene della fedeltà.

Se invece intende evitare la fornicazione propria, allora abbiamo un certo eccesso.

E sotto questo aspetto è un peccato veniale.

E il matrimonio non fu istituito per questo se non « per una condiscendenza » [ 1 Cor 7,5s ], che viene concessa appunto ai peccati veniali.

3. A rendere buona un'azione non basta una sola debita circostanza.

Perciò non è detto che comunque uno faccia uso di ciò che gli appartiene ne faccia un uso buono, ma solo quando ne fa uso secondo tutte le circostanze richieste.

4. Sebbene l'intenzione di conservare la salute non sia cattiva, tuttavia lo diventa se si ordina ad essa ciò che per sua natura non può esserle ordinato: come nel caso in cui uno mirasse esclusivamente alla salute fisica nel ricevere il battesimo.

E lo stesso si dica a proposito dell'atto coniugale.

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