Supplemento alla III parte

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Articolo 2 - Se nell'anima separata rimangano gli atti delle potenze sensitive

Pare che nell'anima separata rimangano gli atti delle potenze sensitive.

Infatti:

1. Scrive S. Agostino [ De spir. et anima 15 ]: « L'anima, abbandonando il corpo, da queste cose », cioè dall'immaginazione, dalla concupiscenza e dall'irascibilità, « riceve gioia e dolore secondo i meriti ».

Ma l'immaginazione, il concupiscibile e l'irascibile sono potenze sensitive.

Quindi l'anima separata subirà l'influsso e sarà messa in atto dalle medesime.

2. S. Agostino [ De Gen. ad litt. 12,24.51 ] dice che « non il corpo sente, ma l'anima mediante il corpo », e ancora: « Alcune cose l'anima non le sente col corpo, ma senza ».

Ora, ciò che conviene all'anima senza il corpo può stare nell'anima separata dal corpo.

Quindi l'anima può sentire di fatto senza il corpo.

3. Vedere le immagini dei corpi come succede durante il sonno è proprio dell'immaginazione, che è nella parte sensitiva.

Ma questo fatto si verifica nell'anima separata, come afferma S. Agostino [ De Gen. ad litt. 12,32.60 ]: « Non vedo perché la mia anima debba avere l'immagine del suo corpo, mentre il corpo giace privo di sensi ma non morto, e veda quelle cose che molti tornati ai sensi ci hanno raccontato, e non l'abbia invece quando sarà uscita completamente dal corpo ».

Però l'anima non può avere l'immagine del corpo se non in quanto la vede: per cui a proposito di quelli che rimangono privi dei sensi scrive [ De Gen. ad litt. 12,32.60 ] che « hanno una certa immagine rappresentativa del proprio corpo, per mezzo della quale possono vagare attraverso i luoghi e sperimentare le realtà visibili attraverso le immagini dei sensi ».

Quindi l'anima separata può emettere gli atti propri delle potenze sensitive.

4. La memoria è una facoltà della parte sensitiva, come prova Aristotele [ De mem. et rem. 1 ].

Ma le anime separate si ricordano di quello che hanno fatto nel mondo: infatti al ricco Epulone sono rivolte quelle parole [ Lc 16,25 ]: « Ricordati che hai ricevuto dei beni quando eri in vita ».

Quindi l'anima separata emetterà gli atti delle potenze sensitive.

5. Secondo Aristotele [ De anima 3,9 ], l'irascibile e il concupiscibile sono nella parte sensitiva.

Ma nell'irascibile e nel concupiscibile si trovano la gioia e la tristezza, l'amore e l'odio, il timore e la speranza e altri simili sentimenti che secondo la nostra fede noi ammettiamo nelle anime separate.

Queste dunque non saranno prive degli atti delle potenze sensitive.

In contrario:

1. Ciò che è comune all'anima e al corpo non può rimanere nella sola anima separata.

Ora, tutte le operazioni delle potenze sensitive sono comuni all'anima e al corpo, come appare chiaro dal fatto che nessuna potenza sensitiva nell'agire può fare a meno dell'organo corporeo.

Quindi l'anima separata sarà priva degli atti delle potenze sensitive.

2. Aristotele [ De anima 1,4 ] dice che « una volta corrotto il corpo, l'anima né ricorda né ama ».

E la stessa cosa si dica di tutti gli atti delle potenze sensibili.

Quindi come sopra.

Dimostrazione:

Alcuni distinguono due tipi di atti delle potenze sensitive: gli atti esterni, che l'anima esercita per mezzo del corpo, e che non restano nell'anima separata, e gli atti interni, che l'anima emette da se stessa, e che permangono nell'anima separata.

Ma questa tesi sembra derivare dalla teoria di Platone, il quale ritiene che l'anima sia unita al corpo quale sostanza perfetta assolutamente indipendente dal medesimo, come il motore al mobile: secondo quanto risulta chiaro dalla sua teoria della transmigrazione delle anime.

E poiché, sempre secondo lui, nulla muove se non è mosso, per non procedere all'infinito egli riteneva che il primo movente muovesse se stesso: per cui l'anima muoverebbe se stessa.

E così ci sarebbero nell'anima due moti: uno col quale essa muove se stessa, l'altro col quale muove il corpo.

Per cui l'anima eserciterebbe l'atto del vedere prima in se stessa, in quanto muove se stessa, poi nell'organo corporale, in quanto muove il corpo.

Ma questa opinione è demolita da Aristotele [ De anima 1,3 ], il quale dimostra che l'anima non muove se stessa e non è in alcun modo mossa secondo operazioni quali il vedere, l'udire e simili, ma piuttosto tali operazioni sono dei moti del solo composto [ umano ].

Quindi è necessario ammettere che gli atti delle potenze sensitive in nessun modo rimangono nell'anima separata, se non forse come nella radice remota.

Analisi delle obiezioni:

1. Molti affermano che quel libro non è di S. Agostino, e lo attribuiscono piuttosto a un monaco cistercense che lo avrebbe compilato con testi di S. Agostino e con delle aggiunte personali: perciò la sua autorità non ha valore.

Ma anche ammesso che abbia valore, esso non va interpretato nel senso che l'anima separata subisca l'influsso dell'immaginazione e delle altre potenze consimili a modo di atto delle medesime, ma solo nel senso che in base a quanto essa operò nel corpo con l'immaginazione e con le altre potenze le deriverà in seguito qualcosa di bene o di male: per cui l'immaginazione o le altre potenze non producono direttamente quei sentimenti nell'anima, ma solo cooperarono a meritarli, mentre l'anima era nel corpo.

2. Si dice che l'anima sente attraverso il corpo non quasicché il sentire sia un atto specifico dell'anima, ma perché è un atto dell'intero composto, sotto l'influsso dell'anima: allo stesso modo in cui diciamo che il calore riscalda.

Ciò che poi segue nel testo allegato, che cioè l'anima sente certe cose, come il timore e simili, senza il corpo, va interpretato nel senso che ciò avviene senza gli atti esterni del corpo che si riscontrano nei sensi propri: poiché il timore e altre simili passioni non avvengono senza un moto corporale.

- Oppure si può affermare che S. Agostino parla secondo l'opinione dei platonici, che pensavano in questo modo, come si è spiegato sopra [ nel corpo ].

3. S. Agostino in questo passo, come del resto in quasi tutto il libro, non intende affermare, ma ricercare.

È chiaro infatti che non si trovano sullo stesso piano l'anima di chi dorme e l'anima separata, poiché la prima fa uso dell'organo dell'immaginazione, dove sono impressi materialmente i fantasmi, il che non si può dire dell'anima separata.

Oppure si può affermare che le immagini delle cose sono nell'anima in relazione alle tre potenze, sensitiva, immaginativa e intellettiva, secondo un maggiore o minore grado di astrazione dalla materia e dalle condizioni materiali.

E in tal caso il paragone di S. Agostino potrebbe reggere, poiché come le immagini fantastiche delle realtà corporee sono presenti nell'anima di chi sogna, o in quella di chi ha l'estasi, in modo immaginativo, così sono presenti nell'anima separata in modo intellettivo: non però in modo da trovarvisi anche quali immagini fantastiche.

4. Come si è già visto sopra [ In 1 Sent., d. 3, q. 4, a. 1, ad 2 ], la memoria può avere due diversi significati.

Può considerarsi innanzitutto come potenza della parte sensitiva, relativa al tempo passato.

E in questo senso bisogna dire che l'anima separata è priva di un atto di questo genere.

Dice infatti Aristotele [ De anima 1,4 ] che « dopo la corruzione del corpo, l'anima non ricorda ».

- Oppure si intende per memoria quella che fa parte dell'immagine [ divina nell'uomo ] e spetta alla parte intellettiva, astraendo da ogni differenza di tempo, inquantoché abbraccia non solo le cose passate, ma anche le presenti e le future, come dice S. Agostino [ De Trin. 14,11.14 ].

E secondo questo tipo di memoria l'anima separata può ricordare.

5. L'amore, la gioia, la tristezza e simili sentimenti hanno due significati diversi.

Talora si tratta di passioni dell'appetito sensitivo.

E in questo senso non esisteranno nelle anime separate: poiché la loro esplicazione richiede un moto del cuore.

-Talora si tratta invece di atti della volontà, che è nella parte intellettiva.

E in questo caso essi sussisteranno anche nell'anima separata: come sussisterà anche il piacere, che pur essendo nel senso precedente un moto della parte sensitiva, tuttavia in quest'altro senso si trova anche in Dio, come afferma Aristotele [ Ethic. 7,14 ], secondo il quale « Dio gode con un unico atto di godimento ».

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