Ritiro del 19/10/2003

Don Ettore Cattaneo

Casa di Carità, Domenica 19 ottobre 2003

In mezzo al turbinio del modernismo, ai tormenti del dibattito tra fede e storia, tormenti spirituali che toccavano i seminari dell'epoca - pur pieni di numerosi seminaristi -, il futuro Beato Giovanni XXIII, seminarista, scriveva nel Giornale dell'Anima: "Il mio gran libro è il Crocifisso".

Il Cardinale vietnamita Francesco Saverio Nguyen Van Thuan, morto il 16 settembre 2002, era il Presidente del Pontificio Consiglio Jiustitia et Pax della Santa Sede: aveva fatto in passato tredici anni in carcere, dal 1975 al 1988, dei quali nove in isolamento.

Era l'Arcivescovo di Saigon.

Arrestato al termine della guerra in Vietnam dal regime dei comunisti, celebrò la S. Messa in condizioni precarie ( spesso con tre gocce di vino ed una di acqua nel palmo della mano, come lui stesso raccontò al Papa ed alla Curia Romana negli Esercizi Spirituali del 2000 ), convertì con la sua mitezza e finezza di cuore alcuni poveri carcerieri - oltre che i compagni di prigionia -; vorrei soprattutto segnalare come partì per la sua prigionia: con una talare, e con una Rosario in tasca, che, come lui stesso racconta, stringeva fra le mani, e guardava.

La Corona del Rosario converge verso il Crocifisso, e i misteri del Rosario, appellandosi all'intercessione di Maria, discepola prediletta di Gesù, si fanno contemplazione del cuore della salvezza: la crocifissione di Gesù e la risurrezione che dall'evento della crocifisso scaturisce.

I misteri del Rosario si fanno dunque contemplazione di questo gran libro che è il Crocifisso.

Il Crocifisso è un libro da leggere, è un libro dalla cui potenza occorre lasciarsi incontrare, ed anche, per quanto concerne la nostra povera volontà, occorre desiderare di incontrare, è un libro la cui Potenza misteriosa occorre assorbire.

Ciò corrisponde al cuore della teologia spirituale, come insegnava don Pollano - autorità indiscussa - ai seminaristi anni fa, ed è riassuntivamente contenuto nel libro "Dio presente e trasformante".

Mi spiego meglio, e vorrei farlo partendo dall'espressione di Gesù nella Domenica delle Palme.

Sussiste una sorta di discontinuità tra l'apparente trionfo della Domenica delle Palme e la tristezza di Gesù: un peculiare culmine di questa discontinuità può essere costituito dal versetto 32 del capitolo 12° del Vangelo giovanneo: "Quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me". ( Gv 12,32 )

Questa espressione del Signore può ben costituire una sintesi del filo conduttore del Vangelo giovanneo, ed è il vero e proprio contenuto della misericordia di Gesù che rivela la misericordia del Padre.

Provo, molto sommessamente, a scomporla, cercando di evidenziarne le parti.

1 - "Quando sarò elevato da terra".

Giovanni Paolo II, in Varcare le soglie della speranza, scrive: "Dio è andato lontano quanto era possibile… oltre non sarebbe potuto andare".

Compromesso con gli uomini, condivide con gli uomini ciò che è loro, la lontananza da Dio, ed il culmine del precipizio chenotico nel quale Cristo si inabissa sta nel tormento della crocifissione anticipato dalla nascita, dalla fuga in Egitto ( cfr. Mt ) - simbolo dell'esilio nel quale Dio va -, nell'intercettare andando a Gerusalemme colui che è stato percosso ( cfr. Lc ), dal Getsemani…

Il Teologo ortodosso Evdokimov, sulla scia della tradizione cristiana autentica, dice che in questo inabissamento Gesù che non cessa di essere Dio, sperimenta l'abbandono ed il distacco dal Padre, mentre nel contempo obbedisce al Padre: questo distacco dal Padre in termini di abisso conseguito, questa roccia opaca di Meriba e di Massa, queste regioni del nulla condivise, sono la base per il regalo a noi, di ciò che è di Gesù: la Vita dello Spirito Santo.

L'innalzamento da terra di Gesù dona, in tutto il suo sapore amaro, la vita dello Spirito Santo. Occorre anche confrontarsi con l'esegesi di Ignace de la Potterie di Gv 19,30, "Studi di Cristologia Giovannea".

Lo Spirito ci trasforma e ci cambia ( mi interessa in queste poche elementari osservazioni suscitabili di doverosi approfondimenti sottolineare non tanto le classificazioni della Grazia secondo il versante antropologico teologico, quanto soprattutto - sia pur genericamente - la prospettiva morale dell'esperienza spirituale ); è uno Spirito che si riceve, ed è riversato su di noi: contemplando nella preghiera la Croce si riceve lo Spirito Santo, ma si potrebbe anche dire cercando lo Spirito Santo nei sacramenti, indicati da Gesù in vario modo come sedi dello Spirito, si fa vera e propria contemplazione del Gran Libro che è il Crocifisso ( Gv 12,22-33; Gv 3,5-8; Gv 4,24 ).

Gesù Crocifisso ed il Dono dello Spirito Santo sono sempre insieme: pregando e contemplando la Croce si riceve lo Spirito, ma cercando lo Spirito nei sacramenti - ad esempio nella Confessione -, implicitamente si contempla la Croce; secondo quanto stabilito da Gesù alla vigilia della sua passione, cercare lo Spirito, al culmine della esperienza sacramentale, esserci lungo il corso di questa vita terrena, significa "mangiare e bere" il sacrificio che questo Spirito dona: nell'Eucaristia, unione alla Croce e dono dello Spirito trovano la loro più emblematica com-presenza.

Ciò che conta è che lo Spirito, Spirito del Padre e del Figlio, è Potenza da cui lasciarsi incontrare, ed anche, per quanto concerne la nostra povera volontà, occorre desiderare di incontrare e se lo incontriamo lo assorbiamo.

2 - "Attirerò tutti a me".

Dall'assorbirlo capiamo se vi è stato in vero incontro dello Spirito: assorbire ed essere trasformati dallo Spirito Santo donato da Gesù Crocifisso significa ( 1 Gv 4,10; Fil 2,3-8; Gv 15,12-17; Gv 16,14 ecc ): amare, non essere invidiosi, aiutarsi - la "legge del perdono" evocata dal Beato Giovanni XXIII ( "Continuiamo a volerci bene così", discorso sera 11/10/1962 ) e dai Papi.

"Attirerò tutti a me": soffermiamo lo sguardo anche su queste particolari espressioni della lettera ai Filippesi di S. Paolo ( Fil 2 ).

Viene evocato il servizio che è l'amore e che come si delinea chiarissimamente nel Vangelo di S. Giovanni è il frutto dello Spirito Santo donato nell' "ora" della Croce, donato nella Passione tre volte annunciata nel Vangelo di S. Marco, donato nell' "ora" di Gerusalemme verso la quale Gesù con decisione si dirige come evidenziato nel Vangelo di S. Luca.

Questo frutto dello Spirito Santo che è il servizio, il servizio che è l'amore è un frutto escatologico che fin d'ora unisce questa terra ed il cielo che verrà.

La misericordia di Gesù Crocifisso che rivela la misericordia del Padre, sta nel fatto che grazie alla Croce vi è il dono dello Spirito, grazie al dono dello Spirito - dal quale lasciarsi incontrare e che occorre desiderare di incontrare - si è trasformati e resi soggetti di servizio e di amore: così, dinamicamente si è attratti a Gesù, cioè si è in comunione con Gesù, proprio mentre si sperimenta concretamente il riuscire a servire, cioè il riuscire ad amare - nelle diverse azioni della propria vita.

Servire, senza rivalità, senza cercare il proprio interesse.

Servire dove? Alcuni semplici dati esemplificativi: in parrocchia; nel lavoro, nel lavoro della Casa di Carità, fatto con carità, cioè con consapevole "senso di servizio e di dono", che ha per obiettivo e prodotto il fatto che molti giovani lavoratori possano esprimere la propria carità, dono servizio nel proprio lavoro, acquisendo determinate competenze.

Questo concorrere al bene comune di tutti, che in parte si vede nell'intreccio dei beni complessivi cui tutti concorrono e di cui tutti usufruiscono, trova il suo senso fondante nel senso del "dono" che ogni azione lavorativa possiede.

Tra parentesi, quante volte Giovanni Paolo II cita nell' Evangelium Vitae la parola "dono" come senso dell'agire lavorativo che edifica l'uomo!

Ma l'edificazione del vivere come dono ogni gesto umano sussiste anche quando appunto non si esprime più come agire lavorativo, la cui visibilità in termini di risultati è immediatamente emergente, ma quando si esprime come offerta in Cristo di una persona sofferente, "esserci" perché Dio vuole, unito intenzionalmente ai passi sofferenti di Cristo che hanno donato lo Spirito, "esserci" come ostia vivente che in Cristo contiene un pochino del suo sacrificio che dona lo Spirito Santo.

Comunque ci riconduciamo al lavoro.

In ogni gesto del lavoro, ma anche nelle azioni di relazione con la famiglia d'origine, e a maggior ragione in quella propria del vincolo uno e indissolubile del matrimonio creato dal "sì" degli sposi - così come in ogni gesto di una vita religiosa o di un ministero diaconale, sacerdotale o episcopale - vi deve essere il "senso " del dono, cioè del "servizio", cioè dell' "amore".

Perché sia così occorre cercare lo Spirito Santo per essere trasformati dallo Spirito Santo, occorre cercare lo Spirito Santo donato da Gesù Crocifisso, questo Spirito che è Misericordia di Gesù, ed è Misericordia del Padre.

E la risurrezione? Pensiamo all'espressione di Gesù "offro la mia vita per riprenderla di nuovo" ( Gv 10,17-18 ).

Il dono dello Spirito fatto da Gesù Crocifisso, fa risorgere il Corpo morto di Gesù, primizia ( 1 Cor 15 ), e poiché noi condividiamo con Lui l'essere uomini anche noi personalmente e necessariamente risorgeremo.

Conclusione:

Il conforto del cristiano è quello di vivere ogni sua azione come un "dono", per questo cercando lo Spirito Santo da Gesù Crocifisso nei sacramenti e nella preghiera, deve lasciarsi incontrare dallo Spirito, deve anche voler incontrare lo Spirito, per poter assorbire e farsi trasformare dallo Spirito, donato da Gesù Crocifisso.

Il compito del cristiano trasformato dallo Spirito Santo donato da Gesù Crocifisso è riuscire a testimoniare in ogni azione lavorativa - ma anche quando si soffre -, che il senso della vita è il dono, è il servizio, è l'amore.

Lo Spirito donato da Gesù Crocifisso ci aiuta a unire il corredo della libertà, del potere, dell'intelligenza, della bellezza, della ricchezza, ad un contenuto di servizio e di amore che ci deve essere in ogni azione della nostra vita.

Nell'ora del dono dello Spirito da parte di Gesù Crocifisso e poi Risorto, la Madonna poi Assunta in cielo ha ricevuto il compito anche Lei di avvicinarsi all'opera dello Spirito per mezzo della Sua particolare preghiera di intercessione: è il compito datole da Cristo Crocifisso Re: noi la preghiamo, Lei risponde con la Sua preghiera di intercessione ( Gv 19,27 ) e ci avvicina anche Lei all'opera dello Spirito.

Che l'Immacolata vegli su Marco Bilewski, anche Lei con la Sua intercessione lo tenga vicino allo Spirito di Cristo.

Marco segue una via che lo fa, nello Spirito, lievito nel mondo, che più propriamente lo fa, corredato della sua competenza professionale, laico consacrato.

Questo laico è povero, spoglio, come i preti ha i genitori nel tempo voluto da Dio, ha gli amici, ma non ha la sua famiglia.

È abbassandosi alla povertà di Gesù Crocifisso per far splendere particolarmente attraverso questa povertà il servizio che può rendere nel lavoro.

Lo Spirito cercato tanto da Marco lo sostiene nell'essere un servitore, con la verità che è la base della carità, e con la carità che è il culmine della verità; lo sostiene nel servizio che rende, nel solco del carisma donato attraverso l'umile strumento del Servo di Dio Fra Leopoldo, inverato socialmente attraverso la mediazione del Ven. Fratel Teodoreto.

Grazie per avermi voluto invitare, e perché ho potuto dirvi queste cose.