La città di Dio

Indice

L'interpretazione naturalistica degli dei eletti e la salvezza

10 - Diversità o no di Giove e Giano

Giano quindi è il mondo e Giove è il mondo e il mondo è uno.

Perché dunque Giano e Giove sono due dèi?

Per quale ragione hanno i templi e gli altari distinti, diversi i misteri, dissimili le immagini?

Ma diamo l'ipotesi che altro sia il significato degli inizi ed altro quello dei principi e che il primo abbia preso il nome di Giano e l'altro il nome di Giove.

Ma allora se un solo uomo avesse in diversi settori due cariche o due professioni, forse che si devono considerare due giudici o due professionisti, dato che è diverso il significato delle rispettive attività?

Allo stesso modo anche un solo dio, sebbene abbia il potere degli inizi e dei principi, forse che per questo è necessario credere che sia due dèi, perché inizio e principio sono due idee diverse?

Se lo credono ragionevole, dicano pure che Giove è tanti dèi quanti sono i nomi speciali che gli hanno attribuito in base ai molti suoi poteri, poiché tutti i concetti da cui gli appellativi sono stati derivati sono molti e diversi.

Ne ricordo alcuni.

11 - Altri appellativi di Giove

Lo hanno chiamato Vincitore, Invitto, Soccorritore, Incitatore, Statore, Centopiedi, Sterminatore, Travicello, Datore di vita, Rumino ed altri di cui sarebbe lungo parlare.28

I Romani imposero questi appellativi a un solo dio in vista di ragioni ideali e di poteri diversi ma non lo condizionarono ad essere tanti dèi quanti sono i poteri attribuitigli, e cioè che vincesse tutto, che non fosse vinto da nessuno, che portasse soccorso ai bisognosi, che avesse il potere di incitare, di non far fuggire, di rendere immobili, di sterminare, che come una trave sostenesse saldamente il mondo, che desse vita a tutto, che come poppa o mammella nutrisse i viventi.

Di queste funzioni alcune, come possiamo notare, sono di grande rilievo, altre insignificanti.

Comunque un solo dio è incaricato ad adempiere le une e le altre.

A mio parere sono molto più affini i principi ideali e gli inizi delle cose, anche se hanno affermato che per essi si hanno un solo mondo e due dèi, Giove e Giano, che rendere stabile il mondo e offrire la mammella ai viventi.

Tuttavia per queste due funzioni tanto diverse fra di loro per significato e valore non è stato necessario che si dessero due dèi ma il solo Giove è stato chiamato Travicello per l'una e Rumino per l'altra.

Non voglio dire che era più adatta Giunone che Giove ad offrire la mammella ai viventi lattonzoli, tanto più che v'era anche la ninfa Rumina la quale poteva dare allo scopo un valido aiuto.

Tuttavia non lo dico, perché mi si può rispondere, come sto pensando, che Giunone non è diversa da Giove, stando ai versi citati di Valerio Sorano, in cui è stato detto: Giove onnipotente progenitore dei re, delle cose e degli dèi e a un tempo genitrice degli dèi.

Per quale motivo dunque è stato chiamato Rumino, quando da un'indagine approfondita si potrebbe rilevare che egli è anche la ninfa Rumina?

Ci è sembrato irrispettoso per la grandezza degli dèi che nella sola spiga uno fosse destinato alla protezione dei nodi e un altro dei gusci.

Ma è molto più irrispettoso che un incarico così banale, nutrire gli animali con la mammella, sia affidato al potere di due dèi, di cui uno è Giove, che è anche nientemeno il re di tutti loro e che non compia questo servizio per lo meno con sua moglie ma con una non saprei quale sconosciuta Rumina, salvo che egli stesso non sia la stessa Rumina: Rumino per i maschi lattanti e Rumina per le femmine.

Direi che i Romani non hanno voluto imporre a Giove un nome femminile se nei versi citati non fosse chiamato genitore e genitrice.

Potrei leggere inoltre che fra gli altri appellativi era chiamato anche Pecunia.

Abbiamo trovato questa dea fra gli dèi meno importanti e ne abbiamo parlato nel quarto libro.29

Ma poiché maschi e femmine hanno denaro, lo vedano loro il motivo per cui non sarebbe stato chiamato Pecunia e Pecunio come Rumina e Rumino.

12 - Considerazioni peregrine su Giove Pecunia

Con finezza hanno dato la spiegazione del nome.

Si chiama anche Pecunia, dice Varrone, perché tutte le cose sono sue.30

O alta spiegazione di un nome divino!

Al contrario egli, di cui sono tutte le cose, con grande spregio e oltraggio è considerato denaro.

Che cosa è in definitiva il denaro con tutte le cose che si posseggono dagli uomini mediante il denaro in confronto delle cose contenute nel cielo e nella terra?

Ma è stato l'amore del denaro che ha imposto questo nome a Giove affinché chi ama il denaro si illuda di amare non un dio qualunque ma lo stesso re di tutti gli dèi.

Sarebbe ben diverso se si parlasse di ricchezza.

Perché ricchezza e denaro sono diversi.

Infatti consideriamo ricche le persone sapienti, giuste, oneste che non hanno denaro o ne hanno poco, ma sono ricche di virtù, poiché con esse anche nei bisogni materiali è sufficiente per loro ciò che c'è.

Al contrario gli avari sono poveri perché hanno sempre brame e bisogni, anche se possono ottenere molto denaro, ma nonostante la sua abbondanza non possono non avere bisogno.

Giustamente consideriamo ricco anche lo stesso vero Dio, non di denaro ma di onnipotenza.

Pertanto coloro che hanno denaro sono considerati anche ricchi ma spiritualmente bisognosi se sono avari, così sono considerati poveri coloro che mancano di denaro ma spiritualmente ricchi se sono sapienti.

Come deve essere dunque valutata dal sapiente questa teologia, da cui il re degli dèi ha ricevuto l'appellativo di quella cosa che nessun saggio ha desiderato?31

Se con questa dottrina fosse insegnata una verità che riguarda la vita eterna, sarebbe stato molto più comprensibile che il rettore del mondo fosse chiamato non Pecunia ma Sapienza, perché l'amore per lei purifica dalla meschinità dell'avarizia, cioè dall'amore al denaro.

13 - Giove è tutto ma anche Saturno e Genio

Ma non c'è più motivo di parlare di Giove, perché a lui si devono forse ricondurre gli altri.

Così la tesi politeistica rimane priva di senso.

Tutti infatti sono lui, tanto se si considerano le sue funzioni o poteri, quanto se il potere generativo dell'anima, che i naturalisti ritengono operante in tutte le cose, ha ricevuto i nomi come di una pluralità di dèi dalle parti del tutto, nelle quali si struttura il mondo visibile e dalla varia fenomenologia della natura.

Infatti che cos'è Saturno? Un dio, risponde Varrone, di primo ordine perché ha il potere su tutte le sementi.32

Però l'interpretazione dei versi di Valerio Sorano comporta che Giove è il mondo e che sprigiona da sé e riceve in sé tutti i semi.

Quindi egli stesso è il dio che ha il potere su tutte le sementi.

E che cos'è Genio? È il dio, risponde Varrone, che sovraintende e ha il potere della generazione di tutte le cose.

Però essi credono che questo potere lo ha soltanto il mondo, al quale si dà l'appellativo di Giove genitore e genitrice.

In un altro passo afferma che Genio è lo spirito razionale di ciascun individuo ed è quindi individuale per ognuno e che Dio è lo spirito razionale del mondo.33

Ma questa tesi richiama al concetto che lo stesso spirito del mondo sia come il genio universale.

Dunque è il medesimo che chiamano Giove.

Infatti se ogni genio è un dio e se ogni spirito umano è un genio, ne segue ineluttabilmente che ogni spirito umano è un dio.

E se questa assurdità costringe i pagani stessi a rabbrividire, rimane loro di riconoscere che da solo e nella forma più alta è il dio Genio quello che essi chiamano lo spirito del mondo, cioè Giove.

14 - Simbolismo di Mercurio e di Marte

Non hanno trovato modo di rapportare Mercurio e Marte a determinate parti del mondo e alle opere di Dio, che risultano dagli elementi, e si sono limitati a preporli alle opere degli uomini come intendenti del discorso e della guerra.

Se Mercurio ha il potere sul discorso degli dèi, signoreggia perfino il re degli dèi, nell'ipotesi che Giove parli rimettendosi alla sua decisione o abbia ricevuto da lui la facoltà di parlare.

E questo è assurdo.

Se poi si afferma che gli è stato attribuito il potere soltanto sul discorso umano, non è credibile che Giove abbia voluto abbassarsi ad allattare con la mammella non solo i bimbi ma perfino gli animali, fino a farsi denominare Rumino, e che non abbia voluto richiamare alla propria competenza la cura del nostro discorso per cui siamo superiori agli animali.

Perciò sono una medesima cosa questo attributo di Giove e Mercurio.

Ma diamo l'ipotesi che Mercurio sia il discorso stesso come dimostrano le interpretazioni simboliche che lo riguardano.

Si spiega infatti che è chiamato Mercurio come chi scorre in mezzo, poiché il discorso si pone come intermediario fra gli uomini; pertanto in greco è chiamato Еρμής perché il discorso, o meglio l'interpretazione, che è appunto una categoria del discorso, si traduce con έρμηνεία.

Per lo stesso motivo si afferma che sovraintende ai commerci perché il discorso fa da intermediario fra venditori e compratori; così le sue ali in testa e ai piedi significherebbero che il discorso passa volando nell'aria, infine sarebbe stato considerato annunziatore perché mediante il discorso si enunziano i pensieri.34

Se dunque Mercurio è il discorso stesso, per loro stessa confessione non è un dio.

Ma quando essi si propongono come dèi esseri che non sono neanche demoni, invocandoli come spiriti immondi sono da loro resi schiavi perché non sono dèi ma demoni.

Allo stesso modo poiché non sono riusciti a trovare per Marte un elemento o una parte del mondo, in cui potesse esercitare determinate funzioni naturali, lo hanno considerato dio della guerra.35

E questa è un'attività dell'uomo ed è desiderabile che non lo sia.

Perciò se Felicità concedesse una pace perenne, Marte non avrebbe nulla da fare.

Se poi Marte è la guerra stessa, come Mercurio il discorso, sarebbe un bello auspicio perché come egli evidentemente non è un dio, così non ci sarebbe più la guerra che erroneamente è considerata un dio.

15 - Gli dèi e i pagani

Ma c'è l'ipotesi che essi siano quei pianeti che hanno denominato con i loro nomi.

Chiamano appunto un pianeta Mercurio e un altro Marte.

Ma v'è anche il pianeta che i pagani chiamano Giove e a sentir loro il mondo è di Giove; v'è quello che chiamano Saturno e tuttavia in più gli affibbiano una non piccola responsabilità, quella cioè di tutti i semi.

Vi è anche il pianeta più lucente che dai pagani è chiamato Venere e affermano tuttavia che Venere è anche la luna,36 sebbene nei loro scritti Giunone e Venere si contendano il pianeta più lucente come fecero con la mela d'oro.37

Alcuni dicono appunto che Lucifero è di Venere, altri di Giunone ma, come al solito, vince Venere.

Sono molti di più quelli che lo attribuiscono a lei, sicché se ne trova appena qualcuno d'opinione contraria.38

Come si fa a non ridere quando dicono che Giove è il re di tutti gli dèi, se il suo pianeta è superato per straordinaria lucentezza da quello di Venere?

Il suo pianeta doveva essere tanto più lucente quanto egli è più potente.

Giustificano la propria opinione col dire che il pianeta Giove, ritenuto più oscuro, è più in alto e molto più lontano dalla terra.

Se dunque una onorificenza più grande ha meritato un luogo più alto, perché fra i pianeti Saturno è più in alto di Giove?

Oppure la vacuità del mito che ci presenta Giove come re non è potuta giungere fino al cielo e fu consentito a Saturno di ottenere almeno in cielo quel che non era riuscito a ottenere nel suo regno e in Campidoglio?39

E perché Giano non ha avuto in consegna un pianeta?

Se per il fatto che egli è il mondo e che tutti i pianeti sono in lui, anche di Giove è il mondo e tuttavia ha il suo pianeta.

Oppure Giano è venuto al compromesso che gli è stato possibile e in luogo di un pianeta che non ha fra gli astri, ha ricevuto in cambio altrettante facce in terra.

Infine se per considerarli dèi reputano Mercurio e Marte come parti del mondo soltanto sulla base dei loro pianeti, perché il discorso e la guerra non sono certamente parti del mondo ma azioni umane, per quale ragione non tributano onori all'Ariete, al Toro, al Cancro, allo Scorpione e alle altre costellazioni che considerano segni celesti?

Eppure essi non sono formati da una sola stella ma da più stelle e gli scienziati dicono che sono collocati nel cielo più alto al di sopra dei pianeti,40 dove un movimento più uniforme offre alle stelle un corso fisso.

Comunque a queste costellazioni non hanno dedicato altari, misteri, templi e non li hanno ammessi fra gli dèi, non dico quelli eletti, ma neanche fra quelli per così dire plebei.

16 - Spiegazioni naturalistiche di altri dèi eletti

Sebbene i pagani preferiscano Apollo come divinatore e medico, tuttavia per collocarlo in una determinata parte, hanno affermato che è anche il sole ed egualmente che sua sorella Diana è la luna ed anche la custode delle strade.

Perciò la dicono vergine perché la strada non fa crescer nulla.

Affermano quindi che entrambi hanno le frecce perché i due astri dal cielo saettano i raggi fino alla terra.41

Affermano che Vulcano è il fuoco cosmico, Nettuno le acque cosmiche, Dite padre, cioè l'Orco, la terrena e più bassa parte del mondo.42

Considerano Libero e Cerere come savraintendenti ai semi, lui ai maschili, lei ai femminili o anche lui alla parte liquida e lei alla parte secca dei semi.43

Ma tutti questi significati sono in relazione al mondo, cioè a Giove ed egli è stato detto genitore e genitrice appunto perché sprigionerebbe da sé e riceverebbe in sé tutti i semi.

Talora affermano che Cerere è la Gran Madre la quale, nella loro dottrina, non è altro dalla terra e sarebbe anche Giunone e perciò le assegnano le cause seconde dei fenomeni.44

Comunque Giove avrebbe sempre il significato di genitore e genitrice degli dèi perché, secondo loro, tutto il mondo in sé è di Giove.

Anche di Minerva, dato che l'hanno preposta all'umana cultura e non hanno trovato un pianeta in cui darle residenza, hanno detto che è il punto più alto dell'etere o anche la luna.45

Hanno anche giudicato Vesta la più grande delle dee appunto perché anche essa è la terra, sebbene abbiano pensato di assegnarle il fuoco cosmico più leggero, che si impiega negli elementari bisogni dell'uomo, e non quello più violento che è di Vulcano.46

Dunque essi ritengono che tutti gli dèi eletti sono il mondo visibile, il tutto in alcuni, le sue parti in altri, il tutto come Giove, le sue parti come Genio, la Gran Madre, Sole e Luna o piuttosto Apollo e Diana.

E talora considerano un solo dio più cose e talora una sola cosa più dèi.

Infatti più cose sono un solo dio, come nel caso di Giove stesso, perché Giove è considerato e chiamato il mondo intero o soltanto il cielo o soltanto il pianeta.

Allo stesso modo Giunone è arbitra delle cause seconde ma è anche l'aria e la terra e, se avesse vinto Venere, il pianeta.

Egualmente Minerva è il punto più alto dell'etere ma anche la luna che, secondo i naturalisti, sarebbe nella zona più bassa dell'etere.

Al contrario considerano una sola cosa più dèi; ad esempio, il mondo è Giano e Giove, la terra Giunone, la Gran Madre e Cerere.

17 - Riserve e incertezze di Varrone

Queste spiegazioni, che ho citato a titolo di esempio, non chiariscono ma generano confusione.

Così avviene per le altre.

Come l'impulso della loro vagabonda immaginazione li spinge, si slanciano in un verso o nell'altro e poi ritornano sui propri passi da una parte e dall'altra.

Varrone stesso preferì dubitare di tutte le spiegazioni anziché ammetterne come certa qualcuna.

Infatti dopo aver espletato il primo degli ultimi tre libri riguardante gli dèi certi, cominciando nel secondo a parlare degli dèi incerti, dice: Quando avrò esposto in questo libro le opinioni dubbie sugli dèi non debbo essere criticato.

Chi crederà che era opportuno e possibile formulare un giudizio, dopo aver letto, lo farà egli stesso.

Quanto a me potrei essere spinto a richiamare in dubbio le spiegazioni che ho dato nel primo libro anziché portare a una determinata conclusione quelle che indicherò in questo secondo.47

Così ha reso incerto non solo il libro sugli dèi incerti ma anche quello sugli dèi certi.

Inoltre nel terzo libro sugli dèi eletti dapprima ha premesso dalla teologia naturale alcuni concetti che gli sembrò opportuno di dover premettere; ma prima di cominciare ad esporre le sciocchezze e le incredibili follie della teologia civile, giacché non solo non lo guidava la verità ma lo condizionava anche la tradizione degli antenati, scrive: In questo libro tratterò degli dèi del popolo romano, riconosciuti dallo Stato, giacché hanno loro dedicato templi e li hanno contraddistinti ornandoli di varie insegne ma, come dice Senofane di Colofone, esporrò un mio parere non una mia convinzione.

Sull'argomento infatti è dell'uomo farsi un'opinione, del dio avere scienza.48

Dunque mentre si accinge ad esporre i riti istituiti dagli uomini, premette con inquietudine un discorso non su oggetti scientificamente certi o fermamente creduti ma opinabili e dubbi.

Infatti egli conosceva per scienza che esistono il mondo, il cielo e la terra, che il cielo è illuminato dagli astri, la terra è fertile di semi e altre verità simili; credeva con incrollabile fermezza del pensiero che l'immenso meccanismo della natura è retto e preordinato al fine da una forza veramente potente anche se invisibile.

Ma non poteva né per scienza né per fede affermare di Giano che era il mondo o indagare su Saturno in che modo fosse padre di Giove e fosse stato assoggettato al suo dominio e così via.

18 - Interpretazione evemeristica

Di questi dèi si dà una spiegazione più attendibile con la teoria che furono uomini e che a ciascuno di loro, in considerazione dell'intelligenza, della dignità morale, delle gesta ed avvenimenti, furono istituiti misteri e feste da coloro che per adulazione vollero che fossero riconosciuti come dèi.

Queste istituzioni poi si diffusero largamente un po' alla volta introducendosi subdolamente nelle anime di uomini simili ai demoni e avide di divertimenti, anche per gli abbellimenti dei miti poetici e gli adescamenti degli spiriti menzogneri.

Il fatto che un figlio snaturato o timoroso di essere ucciso dal padre snaturato e comunque avido del regno ne scacciasse il padre è più verosimile della interpretazione che ne dà Varrone, e cioè che Saturno è stato sconfitto dal figlio Giove perché prima viene la ragione che appartiene a Giove e poi il seme che appartiene a Saturno.49

Se così fosse, Saturno non sarebbe stato mai prima di Giove e non ne sarebbe stato il padre.

La ragione ideale infatti precede sempre il seme e non è mai data dal seme.

Ma quando i pagani tentano di rivalutare con interpretazioni naturalistiche vuote leggende o fatti storici di personaggi, anche uomini di grande ingegno subiscono tanto imbarazzo che siamo costretti noi a compatirne la vuotaggine.

19 - Interpretazione naturalistica di Saturno

Hanno affermato, dice Varrone, che Saturno era solito divorare le cose da lui nate perché i semi tornano là da dove sono nati.

E il fatto che in luogo di Giove gli fu offerta da divorare una zolla, significa che in principio nella semina le sementi furono coperte con le mani umane prima che fosse scoperto l'aratro.50

Dunque la terra non il seme si doveva chiamare Saturno; essa infatti, analogicamente parlando, divora le cose che ha generato quando i semi da essa nati torneranno ad essa per la nuova semina.

E il particolare che Saturno in sostituzione di Giove ebbe una zolla, quale riferimento ha al fatto che il seme è stato coperto di zolle con le mani di uomini?

Forseché il seme coperto da una zolla non è divorato come gli altri semi?

Si dà questa spiegazione come se chi sovrappone la zolla abbia tolto via il seme, allo stesso modo che, secondo la leggenda, nell'offrire la zolla a Saturno gli fu sottratto Giove, mentre piuttosto la zolla coprendo il seme glielo ha fatto divorare più accuratamente.

Inoltre in questa spiegazione Giove è il seme e non la ragione ideale del seme, come veniva detto dianzi.

Ma che cosa dovrebbero fare gli uomini i quali, nell'interpretare delle scemenze, non riescono a trovare un significato ragionevole?

Saturno ha la falce, soggiunge Varrone, in considerazione dell'agricoltura.

Certo mentre egli regnava non c'era ancora l'agricoltura; perciò, stando a come Varrone interpreta queste favolette, con quell'emblema si designano i primi tempi del suo regno, perché i primi uomini vivevano dei prodotti che la terra rendeva spontaneamente.

Oppure perduto lo scettro, prese la falce in modo che, mentre nei primi tempi era stato un re ozioso, sotto il regno del figlio divenne un operaio laborioso.

Infine dice che da alcuni gli sono abitualmente immolati fanciulli, come dai Punici, e da altri anche persone adulte, come dai Galli,51 perché la razza umana è il migliore dei semi.

Su questa efferata superstizione non occorre spendere altre parole.

Piuttosto teniamo presente che le seguenti interpretazioni non si riferiscono al Dio vero, essere vivo spirituale fuori del divenire, a cui si deve chiedere l'eterna felicità, ma che si limitano alle cose materiali, temporali, condizionate al divenire e alla morte.

L'episodio mitologico, continua Varrone, che Saturno abbia castrato il Cielo suo padre significa che il seme divino è in potere di Saturno e non di Cielo.52

Dice così, per quanto è dato di capire, perché nel cielo non nasce alcun seme.

Ma un momento: se Saturno è figlio di Cielo, è figlio di Giove.

Ripetutamente e insistentemente i naturalisti hanno affermato che Giove è il cielo.

Così queste spiegazioni, che non provengono dalla verità, il più delle volte vanno a terra da sole anche se nessuno ve le sospinge.

Aggiunge infine che Saturno è chiamato Crono che in greco significa spazio di tempo, perché senza di esso il seme non può divenire fecondo.

Di Saturno si dicono queste e molte altre cose e tutte hanno rapporto col seme.

Ma almeno bastasse Saturno per i semi con tutto il potere che ha.

Perché dunque per essi richiedono altri dèi, soprattutto Libero e Libera, cioè Cerere?

Ma anche di essi Varrone ripete tante spiegazioni, sempre in attinenza ai semi, come se di Saturno non avesse parlato affatto.

Indice

28 Varrone, Antiq. (rer. div. 16), fr. 238;
Minucio Felice, Octav. 22, 6
29 Vedi sopra 4,8;
Vedi sopra 4,10.11.21
30 Varrone, Antiq. (rer. div. 16), fr. 252
31 Sallustio, Catil. 11, 3
32 Varrone, Antiq. (rer. div. 16), fr. 240;
De ling. lat. 5, 64;
Agostino, De cons. evang. 1, 23, 34: NBA, X/1; cf. sopra 6, 8, 1
33 Varrone, Antiq. (rer. div. 16), fr. 237
34 Varrone, Antiq. (rer. div. 16), fr. 239;
Hymn. hom. Herm
35 Varrone, Antiq. (rer. div. 16), fr. 256;
Hymn. hom. min. Ares
36 Firmico Materno, Math. 17, 2
37 Igino, Fab. 92; vedi sopra 3, 25
38 Cicerone, De nat. deor. 2, 27, 68;
Arnobio, Adv. nat. 3, 31
39 Minucio Felice, Octav. 21, 6;
Tertulliano, Apol. 10, 8
40 Manilio, Astron. 2, 150-569;
Igino, Astron. 2, 20-21. 26; 3, 19
41 Varrone, Antiq. (rer. div. 16), frr. 255. 274;
Cicerone, De nat. deor. 2, 27, 68-69; vedi sopra 7, 3
42 Varrone, De ling. lat. 5, 66. 72
43 Varrone, Antiq. (rer. div. 16), fr. 260
44 Varrone, Antiq. (rer. div. 16), fr. 266;
Ennio, Epicharmus, fr. 4. 7, in Varrone, De ling. lat. 5, 64-65
45 Varrone, Antiq. (rer. div. 16), fr. 275;
Aristotele, in Arnobio, Adv. nat. 3, 31
46 Varrone, Antiq. (rer. div. 15), fr. 229 (in Servio, Ad Georg. 3, 1); (rer. div. 16), fr. 241 (cf. appresso 24);
De lingua lat. 5, 7;
Cicerone, De nat. deor. 2, 27, 67;
Ovidio, Fasti 6, 367. 399-400
47 Varrone, Antiq. (rer. div. 15), fr. 226 (solo in Agostino)
48 Varrone, Antiq. (rer. div. 16), fr. 243 (solo in Agostino)
49 Varrone, Antiq. (rer. div. 16), fr. 254;
Tertulliano, Ad nat. 2, 12, 13-16
50 Varrone, Antiq. (rer. div. 16), fr. 254;
Esiodo, Theog. 480-483;
Tertulliano, Ad nat. 2, 12, 13-16
51 Più avanti 7,26;
Eusebio, De praep. evang. 4, 16;
Tertulliano, Apol. 9, 2;
Minucio Felice, Octav. 30, 3;
Cicerone, Pro Fonteio 10, 21;
Giulio Cesare, De bello g. 6, 16;
Lucano, Phars. 1, 404ss.;
Lattanzio, Div. inst. 1, 21-23
52 Varrone, Antiq. (rer. div. 16), fr. 254; vedi sopra 4, 10