Questioni sull'Ettateuco

Indice

Questioni sulla Genesi

Proemio

Mentre scorrevamo le sacre Scritture dette canoniche, leggendole e mettendole a confronto con altri manoscritti basati sulla traduzione dei Settanta, ci parve opportuno fissare per iscritto perché non sfuggissero dalla memoria le questioni che si presentavano alla mente, sia facendone un breve cenno, sia proponendole solo con un'esposizione più accurata, sia risolvendole in qualunque modo fosse possibile come può farlo una persona che ha fretta.

Il nostro sforzo non era quello di spiegarle esaurientemente, ma quello di poter dare ad esse, qualora fosse stato necessario, un'occhiata oppure, partendo dalle soluzioni che ci pareva d'avere già trovato secondo le nostre possibilità, essere in grado sia di continuare le nostre ricerche con [ una maggiore ] riflessione, sia di esser preparati a rispondere.

Se quindi c'è qualcuno che non disdegnerà queste osservazioni a causa dello stile disadorno, dovuto alla mia fretta, non pensi che non gli sia giovato a nulla, se troverà alcune questioni proposte senza essere state risolte, perché è già molto avere trovato qualcosa e sapere ciò che si deve ricercare.

Ma in quelle, di cui approverà la soluzione, non disprezzi il mio stile dimesso ma piuttosto si rallegri di avere una qualche parte dell'insegnamento: perché non è la discussione che s'indaga mediante la verità, ma è la verità che va indagata con la discussione.

Fatta dunque eccezione delle questioni che, dall'inizio [ della Scrittura ], dove si narra che Dio creò il cielo e la terra, fino all'allontanamento delle prime due persone dal paradiso, si possono spiegare in molti modi, e delle quali, per quanto siamo stati capaci, abbiamo discusso in altro tempo,1 ecco quelle che si presentavano a noi durante la lettura e che abbiamo voluto mantenere per iscritto.

Questioni

1. ( Gen 4,17 ) La città fondata da Caino

In qual modo Caino poté fondare una città dal momento che una città viene fabbricata com'è naturale per una moltitudine di uomini, mentre si racconta che quelli erano solo due genitori e due figli, dei quali l'uno fu ucciso dall'altro e al posto di quello ucciso si narra che ne nacque un altro.

O forse la questione nasce dal fatto che coloro, i quali leggono, credono che in quel tempo ci fossero solo gli uomini ricordati dalla Scrittura e non riflettono che i due generati prima o anche quelli generati da loro vissero tanto a lungo da generarne molti altri?

Adamo infatti non generò quelli soli, poiché la Scrittura, parlando di lui, finisce dicendo che generò figli e figlie. ( Gen 5,4 )

Perciò, dato che quelli vissero molti più anni rispetto a quelli in cui gli Israeliti rimasero in Egitto, chi non vedrebbe quanti uomini poterono nascere con i quali quella città si sarebbe riempita, se gli Ebrei poterono moltiplicarsi in un tempo tanto più breve?

2. ( Gen 5,25-27 ) Quanto è vissuto Matusalemme

Si suole porre il quesito: In qual modo Matusalemme poté vivere dopo il diluvio in base al computo degli anni, dal momento che si afferma che morirono tutti tranne quelli entrati nell'arca? ( Gen 7,21-22 )

Ma questo quesito è sorto a causa degli errori di parecchi manoscritti.

Poiché, non solo nei manoscritti ebraici si trova diversamente ma anche in manoscritti meno numerosi ma più attendibili della traduzione dei Settanta, si trova che Matusalemme era morto prima del diluvio.

3. ( Gen 6,4 ) Se gli angeli possono unirsi con le figlie degli uomini

Si discute anche in qual modo gli angeli potessero congiungersi con le figlie degli uomini dalle quali, si narra, nacquero i giganti, sebbene alcuni manoscritti non solo latini ma anche greci non abbiano " angeli " ma figli di Dio.

Alcuni, per risolvere questo problema, hanno creduto che quelli fossero gli uomini giusti, che potevano essere chiamati anche con il nome di " angeli ".

Infatti della persona di Giovanni sta scritto: Ecco, io mando il mio angelo davanti a te; egli ti preparerà la strada. ( Ml 3,1; Mt 11,10 )

Ciò che suscita imbarazzo è in qual modo dall'unione sessuale di uomini nascessero i giganti, o come si potessero congiungere con donne, se non erano uomini ma angeli.

Io però, a proposito dei giganti, cioè degli individui molto grandi e forti, non credo ci si debba stupire che potessero nascere da uomini, poiché se ne trovano di tali anche dopo il diluvio.

Pure ai nostri tempi sono esistite persone dalla corporatura incredibilmente enorme, non solo tra gli uomini ma anche tra le donne.

È quindi più probabile che gli uomini giusti, chiamati angeli o figli di Dio, sviati dalla passione, peccassero con le donne, ( Gen 6,2 ) anziché pensare che angeli, privi di corpo, potessero scendere fino a quel peccato; per quanto, a proposito dei demoni, che sono malvagi verso le donne, da molti vengano dette tante cose, che non è facile emettere un parere preciso su questo problema.

4. ( Gen 6,15 ) La capienza dell'arca

A proposito dell'arca di Noè si è soliti discutere se una così piccola capacità come quella descritta, avrebbe potuto portare tutti gli animali che si dice vi fossero entrati e il loro nutrimento.

Origene risolve la presente questione basandosi sul cubito geometrico.2

Egli sostiene che la Scrittura, non senza ragione, afferma che Mosè era stato istruito in tutta la sapienza degli Egiziani, ( At 7,22 ) i quali prediligevano la geometria.

Ora, Origene afferma che il cubo geometrico vale quanto sei dei nostri.

Se dunque intendiamo i cubiti così grandi non c'è da mettere in discussione che l'arca avesse tanta capacità da poter contenere tutte quelle cose.

5. ( Gen 6,15 ) Impiego di forze per la costruzione dell'arca

Si discute anche se un'arca tanto grande potesse essere costruita in cento anni da quattro uomini, vale a dire Noè e i suoi tre figli.

Se ciò non era possibile, non era difficile però avvalersi di altri carpentieri: sebbene, dopo aver preso la paga del loro lavoro, non si preoccupassero se Noè costruisse l'arca sapientemente o stoltamente; perciò non vi entrarono, poiché non credettero a quanto egli aveva creduto.

6. ( Gen 6,16 ) Struttura e ripartizione dell'arca

Quando si parla della costruzione dell'arca, che cosa vuol dire: Le farai stanze al piano terreno; a due piani e a tre piani?

Quello inferiore infatti non sarebbe stato a due o tre piani.

Ma con questa distinzione si volle fare intendere la struttura complessiva, in modo che avesse il piano inferiore e avesse anche i piani più in alto di quelli sottostanti, chiamati " bicamerati " e quelli soprastanti a quelli superiori.

Infatti nel primo appartamento, cioè in quello inferiore, l'arca era di un solo piano; nel secondo appartamento invece, al di sopra di quello inferiore, era già bicamerata [ cioè aveva il secondo piano ] e perciò nel terzo appartamento al di sopra del secondo era senza dubbio tricamerata [ aveva cioè il terzo piano ].

7. ( Gen 6,21 ) Provviste per gli occupanti dell'arca

Poiché Dio aveva stabilito che nell'arca gli animali non solo vivessero ma fossero anche nutriti, e aveva dato a Noè l'ordine di far rifornimento d'ogni specie di alimenti per sé e per gli animali che sarebbero entrati accanto a lui, sorge il quesito in qual modo potessero nutrirsi lì i leoni o le aquile, abituati a vivere di carni.

O meglio vi furono introdotti anche altri animali oltre al numero dei già presenti per il nutrimento degli altri, o se come è più probabile oltre alle carni fossero state provvedute, dall'uomo saggio, o per ispirazione di Dio che gliele indicava, altre sostanze che fossero adatte al nutrimento anche di animali di quella specie?

8. ( Gen 7,8-9 ) Distinzione delle coppie degli animali

Quanto a ciò che sta scritto: Degli uccelli puri e di quelli impuri e degli animali mondi e di quelli immondi, e di tutti i rettili che strisciano sulla terra sottinteso mondi e immondi che in seguito non è più aggiunto e si aggiunge: a coppie entrarono accanto a Noè, si pone il quesito in qual modo prima sono distinte le coppie da quelle immonde, ora viceversa è detto che entrarono le coppie degli animali sia mondi che immondi.

Ciò tuttavia si riferisce non al numero degli animali puri o impuri ma al maschio e alla femmina, poiché in tutte le specie d'animali sia puri che impuri ci sono due generi: il maschio e la femmina.

9. ( Gen 7,15 ) Lo spirito vitale è detto delle persone e degli animali

È da osservare che l'espressione della Scrittura: in cui è lo spirito vitale, è detta non solo a proposito degli uomini ma anche degli animali a motivo del racconto biblico in cui sta scritto: e Dio soffiò sulla sua faccia lo spirito della vita ( Gen 2,7 ) o meglio: il soffio vitale, come hanno alcuni manoscritti che alcuni vogliono prendere nel senso di " Spirito Santo ".

10. ( Gen 7,20 ) Anche i monti sono stati sommersi dalle acque

A motivo di quanto si racconta del monte Olimpo si discute sull'altezza dei monti che la Scrittura afferma essere stati superati tutti dall'acqua cresciuta fino a quindici cubiti.3

Se infatti la terra poté invadere lo spazio di quella tranquilla atmosfera in cui si dice che non si possono vedere delle nubi né aver la sensazione di venti, perché non avrebbe potuto farlo anche l'acqua con il crescere?

11. ( Gen 7,24 ) La durata dell'altezza dell'acqua

Quanto a ciò che sta scritto: E l'acqua si era innalzata sulla terra durante centocinquanta giorni, si discute se l'acqua crebbe fino a quel giorno o rimase per tanti giorni all'altezza in cui era cresciuta, poiché sembra che altri traduttori dicano ciò in modo più chiaro.

Aquila per esempio dice: [ l'acqua ] coprì [ la terra ], Simmaco: rimasero al di sopra, cioè le acque.

12. ( Gen 8,1-2 ) I quaranta giorni di pioggia e i centocinquanta giorni del diluvio

Sta scritto che dopo centocinquanta giorni fu fatto soffiare il vento sulla terra e l'acqua cessò e furono rinchiuse le sorgenti dell'abisso e le cateratte del cielo e fu trattenuta la pioggia dal cielo.

Riguardo a ciò si pone il quesito: Questi fatti avvennero dopo centocinquanta giorni o mediante una ricapitolazione sono stati ricordati tutti quelli che cominciarono ad accadere dopo quaranta giorni di pioggia, in modo che faccia parte dei centocinquanta giorni solo il fatto che sino a essi l'acqua s'era innalzata o perché era già cessata la pioggia dalle sorgenti dell'abisso o perché rimase nella sua altezza non essendo asciugata da nessun vento?

Al contrario gli altri fatti che sono narrati non accaddero tutti dopo i centocinquanta giorni, ma sono ricordati tutti quelli che cominciarono ad accadere a partire dalla fine dei quaranta giorni.

13. ( Gen 8,6-9 ) Fu lasciato andare il corvo e non tornò

Riguardo a ciò che sta scritto che fu lasciato andare il corvo e non tornò e dopo di esso fu mandata fuori la colomba ma essa tornò, poiché non aveva trovato ove posare i piedi, suole sorgere il quesito se il corvo morì o poté vivere in qualche modo.

Poiché naturalmente, se c'era della terra ove il corvo potesse posarsi, anche la colomba avrebbe potuto trovare ove posare i piedi.

Perciò molti congetturano che il corvo poté posarsi su un cadavere, cosa da cui la colomba rifugge.

14. ( Gen 8,9 ) La colomba non trovò dove riposare

C'è ugualmente il problema di come mai la colomba non trovò ove posarsi se già, come risulta composta l'esposizione ordinata del racconto, le vette dei monti non erano più ricoperte ( Gen 8,5 ) [ dalle acque ].

Questo problema pare possa risolversi con la ricapitolazione, intendendo che sono raccontati dopo i fatti avvenuti prima o piuttosto che i luoghi ancora non erano prosciugati.

15. ( Gen 8,21 ) Le parole: Non continuerò a maledire

Che cosa vuol dire la seguente affermazione del Signore: Non continuerò a maledire [ cioè: Mai più maledirò ] la terra a causa delle opere dell'uomo, poiché la mente dell'uomo è attaccata al male fino dalla sua gioventù.

Mai più dunque colpirò alcuna carne vivente, come ho fatto, e poi aggiunge i beni che egli, secondo la generosità della sua bontà, dà in dono agli uomini indegni?

È prefigurata forse qui la benignità della nuova Alleanza ( Mt 5,38 ) mentre la vendetta del passato apparterrebbe all'antica Alleanza, cioè l'una alla severità della Legge, l'altra alla bontà della grazia?

16. ( Gen 9,5 ) Ogni uomo è fratello di ogni uomo

Che cosa vuol dire: E alla mano dell'uomo fratello reclamerò l'anima dell'uomo?

Si vuol forse far intendere che ogni uomo è fratello di ogni uomo in base alla parentela per nascita da un solo [ progenitore ]?

17. ( Gen 9,25-27 ) Perché Cam fu colpito nel figlio

Si discute per quale motivo Cam, per il peccato dell'offesa arrecata al padre, non viene maledetto in se stesso ma nel proprio figlio Canaan, salvo che sia in certo modo una profezia secondo la quale gli Israeliti, discendenti della stirpe di Sem, si sarebbero impossessati del paese di Canaan dopo avere sbaragliato e scacciato di lì i Cananei.

18. ( Gen 10,8 ) Nembrot e i giganti

Si discute come mai di Nembrot è detto: Questo fu il primo gigante sulla terra, sebbene la Scrittura ricordi che i giganti erano nati anche prima.

Sarà forse perché l'agiografo torna a ricordare la novità della restaurazione del genere umano dopo il diluvio, in relazione al quale rinnovamento questi fu il primo gigante sulla terra?

19. ( Gen 10,25 ) Eber, Falek e la divisione delle lingue

Si discute su cosa vuol dire: E a Eber nacquero due figli; il nome dell'uno è Falek, poiché durante i suoi giorni la terra fu divisa, salvo che durante i suoi giorni nascesse quella diversità [ delle lingue ] per cui avvenne che i popoli si divisero.

20. ( Gen 11,1 ) Le parole: E tutta la terra era un solo labbro

E tutta la terra era un solo labbro. In che senso può intendersi ciò, dal momento che più sopra è detto che i figli di Noè o dei suoi figli si divisero nei vari paesi a seconda delle tribù, dei popoli e delle lingue, ( Gen 10,5.20.31 ) salvo che vengano ricordati dopo, per mezzo di ricapitolazione, i fatti accaduti prima?

Ma il passo è reso oscuro per il fatto che queste azioni sono legate strettamente tra loro con quel genere di locuzione, come se il racconto dei fatti avvenuti dopo fosse il seguito ininterrotto [ dei precedenti ].

21. ( Gen 11,4 ) Il castigo della divisione delle lingue

Venite, edifichiamo per noi una città e una torre, la cui testa sarà sino al cielo.

Se pensavano d'essere capaci di siffatta impresa, si trova in ciò un'audacia stolta ed empia al massimo.

E poiché, a causa di ciò, venne di conseguenza il castigo di Dio, per cui si divisero le loro lingue, non illogicamente si crede che avessero avuto quella persuasione.

22. ( Gen 11,7 ) Le parole al plurale: Venite, scendiamo …

Venite, scendiamo e confondiamo laggiù la loro lingua, sicché nessuno possa comprendere più la lingua del proprio vicino.

Va forse inteso nel senso che il Signore diede quest'ordine agli angeli?

O si deve intendere, alla stregua di quanto si legge all'inizio del presente libro: Facciamo l'uomo a nostra immagine e somiglianza? ( Gen 1,26 )

Infatti anche come è detto dopo al singolare: Poiché il Signore confuse lì le lingue della terra, ( Gen 11,9 ) così anche, pur essendo stato detto nel passo prima accennato: Facciamo l'uomo a nostra immagine, nel seguito tuttavia non è detto: " fecero ", ma: Dio fece. ( Gen 1,27 )

23. ( Gen 11,12-13 ) Gli anni di Arfaxad quando generò Cainan

Riguardo all'affermazione della Scrittura: E Arfaxad aveva centotrentacinque anni quando generò Cainan.

E dopo che Arfaxad ebbe generato Cainan, visse quattrocento anni o, come troviamo nel greco, trecento anni, si discute in qual senso Dio disse a Noè: I loro anni saranno centoventi, ( Gen 6,3 ) poiché quando Dio disse così, Arfaxad non era ancora nato e non era nell'arca insieme con i suoi genitori.

In qual senso dunque s'intendono i centoventi anni predetti della vita umana successiva, dal momento che si trova che l'uomo visse più di quattrocento anni?

Salvo che s'intenda che Dio disse così a Noè vent'anni prima che si cominciasse a costruire l'arca che troviamo scritto essere stata costruita in cento anni quando già Dio preannunciava che avrebbe prodotto il diluvio ma non predisse quale sarebbe stato lo spazio della vita umana per coloro che fossero nati dopo il diluvio, bensì quello della vita delle persone che avrebbe eliminato con il diluvio.

24. ( Gen 10,21 ) L'origine della parola Ebrei

Si discute perché sta scritto: Sem era il padre di tutti i figli di Eber, sebbene si trovi che Eber è il quinto figlio nato da Sem, figlio di Noè. ( Gen 10,22-24 )

Forse perché si dice che gli Ebrei presero il nome da lui?

Attraverso di lui passa effettivamente la linea delle generazioni fino ad Abramo.

A giusta ragione si discute quindi se sia più probabile che gli Ebrei furono chiamati così come se " Ebrei " fosse la contrazione di " Eberei " che deriva da Eber o se il nome deriva da Abramo, come se fosse " Abraei ".

25.1. ( Gen 11,26 ) L'età di Thara quando generò Abramo

In qual senso deve intendersi che Thara, padre di Abramo, generò Abramo all'età di settant'anni e in seguito restò con tutti i suoi a Carran, e visse duecentocinque anni a Carran, poi morì; ( Gen 11,32 ) e il Signore ordinò ad Abramo di partire da Carran, e il medesimo Abramo se ne partì allorché aveva settantacinque anni? ( Gen 12,1-4 )

La risposta potrebbe essere questa: mediante la ricapitolazione si mostra che il Signore parlò, essendo ancora vivo Thara e Abramo, quando era ancora vivo suo padre, andò via da Carran come aveva ordinato il Signore all'età di settantacinque anni, nell'anno centoquarantacinque di vita di suo padre, se i giorni di vita di suo padre furono duecentocinque anni; di conseguenza sta scritto: Gli anni della vita di Thara in Carran furono duecentocinque, ( Gen 11,32 ) poiché compì là tutti gli anni dell'intera sua vita.

Con la ricapitolazione si risolve dunque il problema che resterebbe insolubile, se giudicassimo che il Signore ordinò ad Abramo di andare via da Carran, dopo la morte di Thara, perché [ Abramo ] non avrebbe potuto avere solo settantacinque anni, essendo già morto suo padre, che lo aveva generato all'età di settant'anni: in tale ipotesi Abramo, dopo la morte di suo padre, avrebbe avuto centotrentacinque anni, se tutti gli anni di suo padre furono duecentocinque.

Questa ricapitolazione dunque, se viene riconosciuta attentamente nelle Scritture, risolve molti problemi che potrebbero sembrare insolubili anche secondo la spiegazione di problemi precedenti fatta mediante la medesima ricapitolazione.

25.2 Computo dell'età di Abramo

Questo problema tuttavia è risolto da alcuni diversamente; che cioè gli anni dell'età di Abramo vengono computati dall'anno in cui fu liberato dal fuoco dei Caldei, nel quale era stato gettato affinché bruciasse, poiché non aveva voluto adorare il fuoco a causa della superstizione dei Caldei; benché nella Scrittura non si legga che ne fosse stato liberato, tuttavia ciò viene tramandato da un racconto giudaico.

Il problema può risolversi anche così, poiché la Scrittura, la quale dice: Thara all'età di settant'anni generò Abramo, Nacor e Carran, ( Gen 11,26 ) non volle naturalmente che ciò s'intendesse nel senso che nel medesimo anno settantesimo della sua età generasse tutti e tre, ma la Scrittura ricorda l'anno dal quale cominciò a generare.

Può darsi dunque che Abramo sia stato generato dopo, ma sia stato menzionato prima per la sua elevatezza morale assai lodata nelle Scritture; così fece il Profeta che nominò per primo il minore: Ho amato Giacobbe, ma ho odiato Esaù, ( Ml 1,2-3 ) e nei Paralipomeni, pur essendo Giuda quarto nell'ordine della nascita, è stato ricordato prima [ degli altri ] lui, dal quale prende il nome il popolo giudaico a causa della tribù regale.4

Più convenientemente poi si trovano parecchie vie con cui risolvere i problemi difficili.

25.3 Il racconto di Stefano relativo alla generazione di Abramo

In verità si deve esaminare con quale di queste spiegazioni è maggiormente d'accordo il racconto di Stefano relativo a questo fatto. ( At 7,2-3 )

Ora, secondo questo racconto, contrariamente a quanto sembra dire la Genesi, ( Gen 12,1 ) non è dopo la morte di Thara che Abramo ricevette da Dio l'ordine di andare via dalla sua parentela e dalla casa di suo padre, ma quando era in Mesopotamia, essendo già uscito dal paese dei Caldei e prima che abitasse a Carran, sicché sarebbe Dio che gli avrebbe parlato durante quel viaggio.

Ma quel che Stefano racconta poi dicendo: Abramo allora, uscito dal paese dei Caldei, fissò la sua dimora a Carran.

In seguito di lì, dopo la morte del padre, [ Dio ] lo fece emigrare in questo paese, ( At 7,4 ) crea una difficoltà non piccola a questa nostra spiegazione che si basa sulla " ricapitolazione ".

Pare infatti che [ Abramo ] ricevesse l'ordine del Signore durante il suo viaggio per la Mesopotamia dopo essere uscito dal paese dei Caldei ed era in viaggio alla volta di Carran; egli avrebbe eseguito docilmente quel comando dopo la morte di suo padre, poiché è detto: E prese dimora in Carran.

E poi di lì, dopo la morte di suo padre [ Dio ] lo fece emigrare in questo paese.

Ma anche per questo, nell'ipotesi che Abramo avesse settantacinque anni come chiaramente dice la Scrittura della Genesi quando se ne partì da Carran, resta la questione in qual modo ciò possa essere vero; salvo che l'affermazione di Stefano: Abramo partì dal paese dei Caldei e dimorò a Carran, non si prenda in questo senso: partì dopo che gli parlò il Signore poiché era già nella Mesopotamia, come è stato già detto, quando udì quell'ordine del Signore ma Stefano, mediante il principio della ricapitolazione, volle intrecciare [ i fatti ] e dire nello stesso tempo donde partì e ove dimorò, quando dice: Allora Abramo se ne andò dal paese dei Caldei e dimorò a Carran.

Nel tempo intermedio [ tra i due fatti ] però, cioè tra la partenza dal paese dei Caldei e la dimora a Carran, gli parlò Dio.

Ma quanto a ciò che Stefano aggiunge, e cioè: E di lì, dopo la morte di suo padre, Dio lo fece emigrare in questo paese, si deve considerare che non dice: " E dopo la morte di suo padre partì da Carran ", ma: Di lì Dio lo fece emigrare in questo paese, e per conseguenza dopo la dimora in Carran fu fatto emigrare nel paese di Canaan.

Non che partì dopo la morte del padre, ma dopo la morte del padre fu fatto emigrare nel paese di Canaan, sicché l'ordine delle parole è: "dimorò a Carran; di lì Dio lo fece emigrare in questo paese dopo la morte di suo padre ", in modo da intendere che Abramo fu fatto emigrare e stabilire nel paese di Canaan quando accolse lì il nipote di cui tutta la discendenza era stata destinata ad avere il dominio del paese, in virtù dell'eredità concessa secondo la promessa di Dio. ( Gen 16,11; Gen 25,1-2 )

Dallo stesso Abramo infatti nacque Ismaele, da Agar, e gli nacquero anche altri figli da Cettura, ai quali non sarebbe toccata l'eredità di quel paese.

Anche da Isacco nacque Esaù, che fu ugualmente escluso da quella eredità. ( Gen 25,25; Gen 29,32-35; Gen 30,5-10 )

Tutti i figli nati poi da Giacobbe, figlio di Isacco, cioè tutta la sua discendenza ebbe parte a quella eredità.

Così dunque, poiché Abramo, dopo essere stato fatto emigrare e stabilitosi in quella terra, visse fino alla nascita di Giacobbe; se giustamente s'intende, la questione è stata risolta in base alla ricapitolazione, benché non siano da trascurare altre soluzioni.

26. ( Gen 12, 12.14 ) Abramo fa passare Sara per sua sorella

Accadrà dunque che, quando gli Egiziani ti vedranno, diranno: " Costei è sua moglie ".

Avvenne poi che appena Abramo arrivò in Egitto, vedendo gli Egiziani che la donna era assai avvenente, ecc.

In qual senso potrebbe intendersi che Abramo, arrivando in Egitto, volle tener nascosto che Sara era sua moglie secondo tutto ciò che dice la Scrittura riguardo a questo fatto?

Si confaceva ciò a un personaggio tanto santo o si potrebbe intendere come un indebolimento della sua fede, come hanno pensato alcuni?

Io, per la verità, ho discusso su questo argomento contro Fausto,5 e ciò è stato spiegato anche più diligentemente dal presbitero Girolamo;6 infatti non ne consegue che, avendo Sara trascorso alcuni giorni in casa del re dell'Egitto, si debba pensare che fosse stata anche oltraggiata, accoppiandosi con lui; poiché era costume dei re di accogliere a letto le loro donne a turno e nessuna entrava dal re se non dopo che il proprio corpo le veniva curato con lozioni e profumi.

Mentre si compivano questi preparativi il Faraone fu colpito dalla mano di Dio perché la rendesse intatta al marito, ( Gen 12,17-20 ) che l'aveva affidata allo stesso Dio senza dire ch'era sua moglie, ma senza mentire ch'era sua sorella, al fine di prendere le precauzioni che poteva prendere in quanto uomo, e al fine di affidare a Dio ciò da cui non poteva guardarsi, per evitare che, se avesse rimesso nelle mani di Dio anche ciò da cui poteva guardarsi, desse l'impressione che non credeva in Dio, ma piuttosto che tentava Dio.

27. ( Gen 13,10 ) Il paese di Sodoma e Gomorra

Poiché il paese di Sodoma e Gomorra, prima che fosse distrutto, era paragonato al paradiso di Dio in quanto era irrigato ed era paragonato al paese d'Egitto irrigato dal Nilo, viene dimostrato assai chiaramente a quanto io penso in qual modo si deve intendere il paradiso, piantato da Dio ove pose Adamo. ( Gen 2,8 )

Io non vedo quale altra specie di paradiso possa intendersi.

Comunque se, come pensano alcuni, per alberi fruttiferi nel paradiso fossero da intendersi le virtù dell'animo, nell'ipotesi che sulla terra non fu creato un paradiso di natura fisica con vere specie di alberi, non si direbbe di quel paese: come il paradiso di Dio.

28. ( Gen 13,14-15 ) Quanta terra fu promessa ad Abramo

Volgendo l'occhio attorno, dal luogo ove adesso ti trovi, guarda verso settentrione e mezzogiorno, verso oriente e occidente, poiché tutto il paese che tu vedi lo darò a te e ai tuoi discendenti, per sempre.

Si discute qui in qual modo s'intende che fu promesso ad Abramo e ai suoi discendenti tanta parte di paese, quanta ne poteva abbracciare con gli occhi nello spazio dei quattro punti cardinali.

Quant'è infatti lo spazio che può abbracciare la vista fisica per guardare un paese?

Ma il problema non esiste se faremo attenzione che non fu promesso solo ciò; poiché non fu detto ad Abramo: Ti darò tanta terra quanta ne vedi; bensì: Ti darò la terra che vedi.

Infatti, poiché gli veniva data anche la parte che si stendeva più lontano tutt'intorno, certamente gli veniva data soprattutto quella che si vedeva.

Deve considerarsi poi il seguito poiché, allo scopo che lo stesso Abramo non pensasse che gli veniva promessa solo la parte che poteva vedere e abbracciare con lo sguardo: Alzati! è detto Percorri il paese in lungo e in largo, perché io lo darò a te, ( Gen 13,17 ) e ciò affinché percorrendolo arrivasse a quello che non poteva vedere con gli occhi stando in un solo punto.

Viene indicato inoltre il paese che ricevette il primo popolo d'Israele discendente da Abramo secondo la carne, non la discendenza, più numerosa secondo la fede e, perché ciò non fosse taciuto, gli fu detto che essa sarebbe diventata come la sabbia del mare, con un'iperbole è vero ma tuttavia tanto numerosa che nessuno avrebbe potuto contarla. ( Gen 13,16 )

29. ( Gen 14,13 ) Abramo chiamato abitante di là dal fiume

Ed annunziò ad Abramo, abitante al di là del fiume.

Anche gli esemplari greci indicano assai bene che Abramo era chiamato " abitante di là dal fiume ", ma il motivo per cui fu chiamato così pare sia questo: venendo dalla Mesopotamia passò il fiume Eufrate e stabilì la sua dimora nel paese di Canaan e fu chiamato " abitante di là dal fiume " dalla regione dalla quale era arrivato.

Ecco perché Giosué figlio di Nun dice agli Israeliti: Come? Volete servire gli dèi dei vostri padri che sono di là dal fiume? ( Gs 24,15 )

30. ( Gen 15,12 ) Le perturbazioni e l'animo del sapiente

[ Si discute ] riguardo a quanto sta scritto: Verso il tramonto del sole invase Abramo la paura e lo assalì un grande spavento.

È una questione che dev'essere trattata a causa di coloro i quali sostengono che siffatti turbamenti non colpiscono l'anima del sapiente; se cioè [ il turbamento di Abramo ] è qualcosa di simile a quanto racconta nei libri delle Notti attiche Aulo Gellio,7 che cioè un filosofo il quale, trovandosi su di una nave durante una spaventosa tempesta aveva perduta la calma, fu biasimato da un giovane dissoluto.

Siccome questo giovane, passato il pericolo, lo scherniva per il fatto che un filosofo fosse rimasto facilmente sconvolto mentre egli non aveva avuto paura e non era impallidito il suddetto filosofo gli rispose che egli non s'era turbato perché non doveva temere nulla per la sua pessima anima, in quanto non era neppur degna che si temesse qualcosa per essa.

Per gli altri, invece, imbarcati sulla nave, infiammati dall'amore del sapere, tirò fuori un libro dello stoico Epitteto, ove si leggeva che non era opinione degli stoici che nessuna di siffatte perturbazioni colpiscano l'anima del sapiente, come se nulla di simile si manifestasse nelle loro passioni, ma da essi è definito turbamento solo quando la ragione cedesse a tali emozioni; quando invece non cede non deve dirsi turbamento.

Si deve però considerare in qual senso dica ciò Aulo Gellio e collocarlo opportunamente nel contesto.

31. ( Gen 17,8 ) Si discute in che senso è detto eterno, ciò che è stato concesso per un certo tempo

Darò a te e dopo di te ai tuoi discendenti il paese in cui abiti, tutto il paese coltivato, in possesso eterno.

Si discute in che senso è detto: eterno, benché fosse stato concesso per un certo tempo.

Se è detto eterno secondo la nostra vita nel mondo e sia quindi detto αίών come se l'aggettivo derivasse da ciò che in greco è αίώνιον, che significa anche la vita presente, come se in latino si potesse dire saeculare [ appartenente alla vita presente ], oppure se da ciò siamo costretti a intendere qui qualcosa conforme alla promessa spirituale, di modo che è detto eterno poiché mediante ciò sarebbe simboleggiato qualcosa di eterno.

O non si tratterà piuttosto d'una espressione particolare delle sacre Scritture?

Esse chiamano " eterna " una cosa di cui non si stabilisce il termine, o che non si deve fare neppure in seguito per quanto dipende dalla premura e dal potere di chi agisce.

È in questo senso che Orazio dice: Sarà sempre schiavo chi non saprà contentarsi del poco.8

Non può essere schiavo in eterno uno la cui vita, nella quale è schiavo, non può essere eterna.

Io non ricorrerei a questa testimonianza, se non fosse quella di un modo di dire, poiché siffatti autori sono maestri in fatto di parole, non della verità delle idee.

Ma se le Scritture vengono difese secondo i loro propri modi di dire, detti idiotismi, quanto più secondo quelli che hanno in comune con le altre lingue!

32. ( Gen 17,16 ) Le parole: E re di popoli nasceranno da lui

Si discute in che senso fu detto ad Abramo a proposito di suo figlio: E re di popoli nasceranno da lui, se debba intendersi in relazione alla Chiesa, poiché ciò non accade in relazione ai regni terreni, oppure a causa di Esaù, ciò accadde anche alla lettera.

33. ( Gen 18,2-3 ) Pur essendo tre gli uomini apparsi, Abramo usa il singolare

E vedendoli corse loro incontro dall'ingresso della sua tenda e si prostrò fino a terra e disse: " Signore, se ho trovato grazia al tuo cospetto, non passare oltre dal tuo servo ".

Si discute come mai chiama Signore al singolare: O Signore, se ho trovato grazia al tuo cospetto, pur essendo tre gli uomini che gli erano apparsi.

Credeva forse che uno di essi fosse il Signore e che gli altri due erano angeli?

O piuttosto vedendo negli angeli il Signore, preferì parlare al Signore anziché agli angeli, mentre uno dei tre rimane con lo stesso Abramo, gli altri due sono inviati a Sodoma e Lot lì parla ad essi come al Signore?

34. ( Gen 18,4-5 ) Perché Abramo invita gli angeli a ristorarsi

Si prenda dell'acqua e che io lavi i vostri piedi, e riposatevi sotto l'albero. Prenderò del pane e mangiate.

Ecco il quesito: se li credeva angeli, come mai poteva invitarli a cibarsi del nutrimento proprio degli uomini, che è necessario alla refezione del corpo mortale e non all'immortalità degli angeli?

35. ( Gen 18,11 ) La meraviglia di Abramo riguardo alla promessa fattagli di un figlio

Ora Abramo e Sara erano anziani, avanzati negli anni; Sara inoltre aveva cessato di avere le mestruazioni.

L'età degli anziani è inferiore a quella dei vecchi, sebbene anche i vecchi siano chiamati " anziani ".

Per conseguenza, se sono vere le asserzioni di alcuni medici, poiché un anziano non può fare figli con un'anziana, anche se la donna ha ancora le sue mestruazioni, possiamo credere alla meraviglia manifestata da Abramo riguardo alla promessa fattagli di un figlio ( Gen 17,17 ) e al fatto che l'Apostolo parla di un miracolo. ( Rm 4,19 )

In quel passo il corpo come morto non dobbiamo intenderlo come se non potesse avere assolutamente alcuna forza di generare se la donna fosse di età giovanile, ma come morto nel senso che non poteva generare con una donna anch'essa d'età piuttosto avanzata.

Però poté aver figli da Cetura per il fatto che la trovò giovane d'età.

I medici infatti insegnano che un uomo il cui corpo è già svigorito in modo da non poter generare con una donna anziana, sebbene ancora soggetta alle mestruazioni, lo può con una giovinetta; a sua volta la donna già anziana, sebbene abbia il flusso delle mestruazioni, alla sua età non può generare figli da un anziano, ma può averli invece da un giovane.

Quello pertanto fu un evento straordinario poiché, come abbiamo detto, essendo il corpo del marito come morto, anche la donna era tanto avanzata negli anni che le erano cessate le mestruazioni.

Infatti se uno prendesse l'espressione corpo come morto alla lettera, per il fatto che dice: come morto, allora si dovrebbe prendere nel senso che non aveva più l'anima ma che già era cadavere: cosa propria della più assurda falsità.

Così si risolve dunque la presente questione.

Altrimenti essendo Abramo nell'età di mezzo, quale era delle persone che allora vivevano, e anche in seguito fece dei figli unendosi a Cetura, ci si stupisce come mai l'Apostolo parli di corpo come morto e proclami come un miracolo che Abramo mise al mondo un figlio.

36. ( Gen 18,13 ) Il Signore rimprovera il riso di Sara

 Ma il Signore disse ad Abramo: " Perché Sara ha riso dicendo: "Potrò dunque partorire davvero? Io invece sono vecchia" ".

Si discute perché il Signore rimproverò costei, pur avendo riso anche Abramo.

Se non che il riso di lui era di sorpresa e di gioia, mentre quello di Sara era d'incredulità e poté essere distinto da Colui che conosce il cuore degli uomini. ( Pr 24,12 )

37. ( Gen 18,15 ) Sara osò negare di aver riso

Sara negò dicendo: " Non ho riso ", poiché ebbe paura.

In che modo credevano ch'era Dio colui il quale parlava, dal momento che Sara osò negare di aver riso come se Egli potesse ignorare ciò?

Salvo che Sara pensava forse che quei personaggi erano uomini, Abramo al contrario credeva ch'era Dio.

Ma anche lui, offrendo quei servizi propri della natura umana, dei quali abbiamo parlato prima, che non potevano essere necessari se non alla debole carne, senza dubbio prima aveva creduto che fossero uomini; ma forse, da certi segni della maestà divina, presenti in loro e che si manifestavano come la Scrittura attesta essere apparsi spesso in uomini di Dio comprese che per mezzo di essi parlava Dio.

Ma d'altra parte, se la cosa sta così, sorge il quesito da che cosa conobbero in seguito ch'erano angeli, se non forse dopo che li avevano visti salire al cielo.

38. ( Gen 18,19 ) L'obbedienza di Abramo

Io infatti so che [ Abramo ] ordinerà ai suoi figli e a quelli del suo casato dopo di lui e osserveranno le vie del Signore facendo ciò che è giustizia e diritto affinché il Signore porti a compimento per Abramo tutto ciò che gli ha promesso.

Ecco dove il Signore non solo promette i premi ad Abramo ma anche l'obbedienza dei suoi figli alla giustizia, affinché anche nei loro riguardi si adempisse la promessa dei premi.

39. ( Gen 18,21 ) Alla debolezza umana Dio adatta il suo modo di esprimersi

Io dunque scendendo vedrò se sono completamente corrotti conforme al grido che è salito fino a me, oppure no, perché io lo sappia.

Se prendessimo queste parole non già nel senso d'uno che dubita quale delle due cose più verosimilmente stia per accadere, ma di uno che è indignato e che minaccia, non c'è nulla da discutere.

Poiché nelle Scritture Dio parla agli uomini secondo la loro usanza e coloro che sanno capire comprendono che la sua collera è senza turbamento.

Inoltre anche noi siamo abituati a dire in tono di minaccia: Vediamo se non ti farò [ tale o tal'altra cosa ], oppure: Vediamo se non gli farò [ questo o quello ], o ancora: Se non gli potrò fare [ questo o quello ], e infine: Io saprò, cioè: Io farò proprio la prova se non sono capace proprio di ciò.

Quando si dice così, minacciando ma non ignorando, si mostra il sentimento di chi è adirato, ma non è possibile che Dio si adiri.

Tuttavia la maniera di parlare propria degli uomini non solo è abituale ma si accorda anche con la debolezza umana, alla quale Dio adatta il suo modo di esprimersi.

40. ( Gen 18,32 ) Dio avrebbe risparmiato Sodoma se vi fossero stati dei giusti

Si suole discutere se ciò che Dio disse di Sodoma, cioè che non avrebbe distrutto la città se vi si fossero trovati almeno dieci giusti, si debba intendere come detto con un'intenzione particolare riguardante quella città o intenderlo, in senso generale, per tutte le città, che cioè Dio risparmi qualsiasi località ove si trovino almeno dieci giusti.

Veramente nel trattare questa questione non è necessario che siamo costretti ad intendere ciò riguardo ad ogni località.

Tuttavia, a proposito di Sodoma, Dio poté dire anche così, poiché sapeva che lì non v'erano neppure dieci [ uomini giusti ].

In tal modo Dio rispondeva ad Abramo per fargli conoscere che lì non se ne potevano trovare nemmeno tanti, allo scopo di mettere in evidenza il peccato di quegli abitanti.

Poiché Dio non aveva necessità di risparmiare individui tanto scellerati per non sterminare con loro i giusti, potendo punire gli empi come si meritavano, dopo aver liberato i giusti da quella città.

Ma, come ho detto, per mostrare la perversità di quella moltitudine disse: Se ne troverò dieci, risparmierò tutta la città.

Come se avesse detto: " Per certo non posso né sterminare i pii con gli empi né tuttavia risparmiare gli empi, poiché con il liberare e separare da essi i pii, posso rendere in cambio agli empi i castighi che meritano; ma tuttavia, qualora se ne trovassero, risparmierò ", cioè, poiché non se ne sarebbero potuti trovare nemmeno tanti.

Una cosa di tal genere si trova in Geremia, nel passo ove dice: Percorrete le vie di Gerusalemme e osservate e cercate nelle sue piazze e informatevi; se riuscirete a trovare un uomo che operi con giustizia e ricerchi la fedeltà, e io perdonerò i loro peccati, ( Ger 5,1 ) cioè: " trovatene anche uno solo e io perdonerò a tutti gli altri "; in tal modo con un'iperbole dimostra che non se ne sarebbe potuto trovare neppure uno.

41. ( Gen 19,1 ) Lot andò incontro agli angeli e li adorò

Quanto al fatto che Lot andò incontro agli angeli e li adorò prostrandosi con la faccia a terra, sembra che egli avesse capito che erano angeli, ma d'altra parte, poiché li invita alla refezione del corpo, che è necessaria [ solo ] ai mortali, sembra credesse che fossero uomini.

La questione dunque si risolve com'è stata risolta quella a proposito dei tre angeli ch'erano andati da Abramo; mentre da alcuni segni sembra che fossero stati inviati da Dio, tuttavia erano creduti uomini.

Riguardo a ciò infatti anche la Scrittura, nella Lettera agli Ebrei, parlando della virtù dell'ospitalità, dice: Grazie ad essa alcuni, senza saperlo, ospitarono degli angeli. ( Eb 13,2 )

42. ( Gen 19,8 ) Lot disposto a prostituire le figlie pur di evitare ai suoi ospiti sodomie

Così dice Lot agli abitanti di Sodoma: Io ho due figlie ancora vergini.

Ve le condurrò fuori, fatene quello che vi piacerà, soltanto non fate alcun torto a questi uomini.

Poiché Lot voleva prostituire le figlie affinché con siffatta contropartita i suoi ospiti non subissero nulla di simile, si discute a ragione se è ammissibile la contropartita di azioni disoneste o di qualunque specie di peccati, di modo che noi facciamo qualche male per evitare che un altro commetta un male più grave; oppure sia da attribuire piuttosto al turbamento di Lot e non ad una sua deliberazione il fatto che disse così.

È certamente assai pericoloso ammettere una tale contropartita.

Se invece si attribuisce al turbamento e allo spirito sconvolto da una sì grave sventura, non si deve affatto imitare.

43. ( Gen 19,11 ) La cecità colpisce gli abitanti di Sodoma

Al contrario [ gli angeli ] colpirono con la cecità gli uomini che erano alla porta.

I Greci hanno άορασία, che piuttosto significa, se si potesse dire così, avidentia, la quale sottrarrebbe alla vista non tutte le cose ma solo ciò che non è da vedersi.

Poiché giustamente ci stupisce come poterono sforzarsi nel cercare la porta, se erano stati colpiti da tale cecità da non poter vedere assolutamente nulla; infatti in questo modo rimasti turbati com'erano dalla disgrazia che li aveva colpiti, non sarebbero stati più in grado di ricercare la porta.

Da una tale άορασία furono colpiti anche quelli che cercavano Eliseo. ( 2 Re 6,18 )

Da quella oftalmia furono colpiti anche quelli che non riconobbero il Signore mentre camminavano con lui lungo la via, dopo la risurrezione, ( Lc 24,16 ) sebbene in quel passo non sia usata questa parola ma si capisca la cosa.

44. ( Gen 19,18-19 ) Lot impaurito non si fidò dello stesso Signore riconosciuto negli angeli

Ma Lot disse loro: " Ti prego, Signore, poiché il tuo servo ha trovato pietà davanti a te e hai manifestato la grande giustizia che tu usi verso di me facendo sì che la mia anima viva; io però non sono in grado di salvarmi sul monte senza che mi raggiunga la sventura ed io muoia ".

Turbato da questa paura [ Lot ] non si fidava dello stesso Signore, che egli riconosceva negli angeli, la stessa paura a causa della quale aveva fatto la profferta di prostituire le figlie, affinché comprendessimo che non dobbiamo ritenere permesso ciò che disse del disonore cui esponeva le figlie, così come non si deve ritenere permesso di non doversi fidare di Dio.

45. ( Gen 19,29 ) Lot fu liberato per i meriti di Abramo

Dio si ricordò di Abramo e scampò Lot di mezzo a quel disastro.

La Scrittura mette in risalto che Lot fu liberato piuttosto per i meriti di Abramo, affinché noi intendessimo che Lot fu chiamato " giusto " secondo un certo modo di parlare, soprattutto perché adorava il vero Dio e in confronto delle nefandezze dei Sodomiti, poiché pur vivendo tra essi, non poté piegarsi a una simile vita.

46. ( Gen 19,30 ) La montagna su cui salì Lot

Lot poi salì da Segor e abitava sulla montagna.

Molto probabilmente la montagna, su cui salì spontaneamente è la stessa sulla quale non aveva voluto salire quando il Signore lo esortava; poiché o non vi è alcun altro monte o non è chiaro quale possa essere.

47. ( Gen 19,30 ) La debole fede di Lot

Infatti aveva avuto paura di abitare a Segor.

Il Signore, a causa della paura e debolezza di Lot, gli aveva concesso la città che egli stesso aveva scelto.

In essa gli aveva promesso la sicurezza che, grazie a lui, avrebbe risparmiato la città.

Tuttavia ebbe paura di restarvi; per conseguenza la sua fede non era molto salda.

48. ( Gen 20,2 ) Abramo nasconde che Sara è sua moglie

E Abramo, a proposito di sua moglie Sara, disse: " Essa è mia sorella ", poiché aveva paura di dire: " Essa è mia moglie ", per timore che gli uomini della città lo uccidessero a causa di lei.

Si è soliti domandarsi come mai Abramo temeva di correre pericolo a causa della bellezza di Sara a quell'età.

Ma più che credere difficile la questione ci si deve meravigliare del potere della bellezza di Sara, che ancora poteva essere amata.

49. ( Gen 20,6 ) Quanto Dio disse ad Abimelech a causa di Sara

Riguardo a quanto Dio disse ad Abimelech a causa di Sara: E io ti ho risparmiato perché tu non peccassi contro di me, quando lo informò ch'essa era moglie di Abramo, mentre egli la riteneva sorella di lui, si deve osservare e considerare che si pecca contro Dio quando si commettono siffatti peccati, che gli uomini credono doversi ritenere lievi come se fossero solo peccati della carne.

Quanto poi a quel che Dio gli disse: Ecco, tu morirai, ( Gen 20,3 ) si deve considerare anche in qual modo Dio lo dica come predicendo che accadrà senza dubbio ciò che dice con l'ammonire a guardarsi dal peccato astenendosene.

Indice

1 De Gn. ad litt.;
De Gn. c. Man.;
De Gn. ad l. imp.: NBA 9/1 e 9/2
2 Origene, Omil. 2 in Gn
3 Lucanus, Phars. 2, 271-273;
anche De civ. Dei 15, 27;
De Gn. ad l. imp. 14, 44;
De Gn. c. Man. 1, 15, 24
4 1 Paral 4, 1
5 C. Faustum 22, 33-34
6 Girolamo, Quest. hebr. in Gen 20,22
7 Aulo Gellio, Noct. Att. 19, 1
8 Orazio, Ep. 1, 10, 41