" La croce cammino di felicità "

B282-A1

Il Santo Padre Giovanni Paolo II ai giovani della GMG

( stralci dal discorso ) - Alessia Bondone

Il Papa ai giovani:

"… non credete a chi vi propone facili successi … la radicalità delle scelte ha prodotto frutti mirabili di santità e di martirio … "

Carissimi giovani!

- Mentre mi rivolgo a voi con gioia ed affetto per questo nostro consueto appuntamento annuale, conservo negli occhi e nel cuore l'immagine suggestiva della grande "Porta" sul prato di Tor Vergata, a Roma …

- "Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua" ( Lc 9,23 ).

Queste parole esprimono la radicalità di una scelta che non ammette indugi e ripensamenti.

È un'esigenza dura, che ha impressionato gli stessi discepoli e nel corso dei secoli ha trattenuto molti uomini e donne dal seguire Cristo.

Ma proprio questa radicalità ha anche prodotto frutti mirabili di santità e di martirio, che confortano nel tempo il cammino della Chiesa.

Oggi ancora questa parola suona scandalo e follia ( 1 Cor 1,22-25 ).

Eppure è con essa che ci si deve confrontare, perché la via tracciata da Dio per il suo Figlio è la stessa che deve percorrere il discepolo, deciso a porsi alla sua sequela.

Non ci sono due strade, ma una soltanto: quella percorsa dal Maestro.

Al discepolo non è consentito di inventarne un'altra.

Gesù cammina davanti ai suoi e domanda a ciascuno di fare quanto Lui stesso ha fatto.

Dice: io non sono venuto per essere servito, ma per servire; così chi vuol essere come me sia servo di tutti.

Io sono venuto a voi come uno che non possiede nulla; così posso chiedere a voi di lasciare ogni tipo di ricchezza che vi impedisce di entrare nel Regno dei cieli.

Io "nel cuore", perché l'avere questa o quella situazione esterna non dipende da noi.

Da noi dipende la accetto la contraddizione, l'essere respinto dalla maggioranza del mio popolo; posso chiedere anche a voi di accettare la contraddizione e la contestazione, da qualunque parte vengano.

In altre parole, Gesù domanda di scegliere coraggiosamente la sua stessa via; di sceglierla anzitutto volontà di essere, in quanto è possibile, obbedienti come Lui al Padre e pronti ad accettare fino in fondo il progetto che Egli ha per ciascuno.

- "Rinneghi se stesso".

Rinnegare se stessi significa rinunciare al proprio progetto, spesso limitato e meschino, per accogliere quello di Dio: ecco il cammino della conversione, indispensabile per l'esistenza cristiana, che ha portato l'apostolo Paolo ad affermare:

"Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me" ( Gal 2,20 ).

Gesù non chiede di rinunciare a vivere, ma di accogliere una novità e una pienezza di vita che solo Lui può dare.

L'uomo ha radicata nel profondo del suo essere la tendenza a "pensare a se stesso", a mettere la propria persona al centro degli interessi e a porsi come misura di tutto.

Chi va dietro a Cristo rifiuta, invece, questo ripiegamento su di sé e non valuta le cose in base al proprio tornaconto.

Considera la vita vissuta in termini di dono e gratuità, non di conquista e di possesso.

La vita vera, infatti, si esprime nel dono di sé, frutto della grazia di Cristo: un'esistenza libera, in comunione con Dio e con i fratelli ( Conc. Ecum. Vat II, Gaudium et spes, 24 ).

Se vivere alla sequela del Signore diventa il valore supremo, allora tutti gli altri valori ricevono da questo la loro giusta collocazione ed importanza.

Chi punta unicamente sui beni terreni risulterà perdente, nonostante le apparenze di successo: la morte lo coglierà con un cumulo di cose, ma con una vita mancata ( Lc 12,13-21 ).

La scelta è dunque tra essere e avere, tra una vita piena e un'esistenza vuota, tra la verità e la menzogna.

- "Prenda la sua croce e mi segua".

Come la croce può ridursi ad oggetto ornamentale, così "portare la croce" può diventare un modo di dire.

Nell'insegnamento di Gesù quest'espressione non mette, però, in primo piano la mortificazione e la rinuncia.

Non si riferisce primariamente al dovere di sopportare con pazienza le piccole o grandi tribolazioni quotidiane; né, ancor meno, intende essere un'esaltazione del dolore come mezzo per piacere a Dio.

Il cristiano non ricerca la sofferenza per se stessa, ma l'amore.

E la croce accolta diviene il segno dell'amore e del dono totale.

Portarla dietro a Cristo vuol dire unirsi a Lui nell'offrire la prova massima dell'amore.

Non si può parlare di croce senza considerare l'amore di Dio per noi, il fatto che Dio ci vuole ricolmare dei suoi beni.

Con l'invito "seguimi" Gesù ripete ai suoi discepoli non solo: prendimi come modello, ma anche: condividi la mia vita e le mie scelte, spendi insieme con me la tua vita per amore di Dio e dei fratelli.

Così Cristo apre davanti a noi la "via della vita", che è purtroppo costantemente minacciata dalla "via della morte".

Il peccato è questa via che separa l'uomo da Dio e dal prossimo, provocando divisione e minando dall'interno la società.

La "via della vita", che riprende e rinnova gli atteggiamenti di Gesù, diviene la via della fede e della conversione.

La via della croce, appunto.

È la via che conduce ad affidarsi a Lui e al suo disegno salvifico, a credere che Lui è morto per manifestare l'amore di Dio per ogni uomo; è la via di salvezza in mezzo ad una società spesso frammentaria, confusa e contraddittoria; è la via della felicità di seguire Cristo fino in fondo, nelle circostanze spesso drammatiche del vivere quotidiano; è la via che non teme insuccessi, difficoltà, emarginazioni, solitudini, perché riempie il cuore dell'uomo della presenza di Gesù; è la via della pace, del dominio di sé, della gioia profonda del cuore.

- Cari giovani, non vi sembri strano se, all'inizio del terzo millennio, il Papa vi indica ancora una volta la croce come cammino di vita e di autentica felicità.

La Chiesa da sempre crede e confessa che solo nella croce di Cristo c'è salvezza.

Una diffusa cultura dell'effimero, che assegna valore a ciò che piace ed appare bello, vorrebbe far credere che per essere felici sia necessario rimuovere la croce.

Viene presentato come ideale un successo facile, una carriera rapida, una sessualità disgiunta dal senso di responsabilità e, finalmente, un'esistenza centrata sulla propria affermazione, spesso senza rispetto per gli altri.

Aprite però bene gli occhi, cari giovani: questa non è la strada che fa vivere, ma il sentiero che sprofonda nella morte.

Dice Gesù: "Chi vorrà salvare la propria vita, la perderà, ma chi perderà la propria vita per me, la salverà".

Gesù non ci illude: "Che giova all'uomo guadagnare  il mondo intero, se poi si perde o rovina se stesso?" ( Lc 9,24-25 ).

Con la verità delle sue parole, che suonano dure, ma riempiono il cuore di pace, Gesù ci svela il segreto della vita autentica ( Discorso ai giovani di Roma, 2 aprile 1998 ).

Non abbiate paura, dunque, di camminare sulla strada che il Signore per primo ha percorso.

Con la vostra giovinezza, imprimete al terzo millennio che si apre il segno della speranza e dell'entusiasmo tipico della vostra età.

Se lascerete operare in voi la grazia di Dio, se non verrete meno alla serietà del vostro impegno quotidiano, farete di questo nuovo secolo un tempo migliore per tutti.

Con voi cammina Maria, la Madre del Signore, la prima dei discepoli, rimasta fedele sotto la croce, da dove Cristo ci ha affidati a Lei come suoi figli.

E vi accompagni anche la benedizione apostolica, che vi imparto di gran cuore.

Alessia, una giovane ascolta, scrive e …

Il messaggio del Papa in occasione della XVI Giornata mondiale della gioventù dell'8 aprile ( domenica delle Palme ), prende l'avvio dalla frase del Vangelo di Luca ( Lc 9,23 ): "Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua".

All'inizio del Terzo Millennio il Papa indica ancora una volta ai giovani la croce come via per raggiungere la felicità e ciò "suona scandalo e follia".

Che cosa significa ai nostri giorni portare la croce?

Significa non credere a chi propone facili successi, non sottomettersi alla logica del potere, compiere una scelta radicale che non ammette indugi e ripensamenti.

È la scelta dell'amore, che diventa servizio, rinuncia, accettazione del disegno di Dio su ciascuno di noi.

"Rinnegare se stessi" non vuol dire rinunciare a vivere, a cercare di costruire la propria felicità nel corso della vita quotidiana; vuol dire piuttosto "rinunciare al proprio progetto, spesso limitato e meschino, per accogliere quello di Dio".

Sta in questo la conversione del cuore, nell'accogliere una novità e una pienezza di vita che solo Gesù ci può dare, superando la tendenza tipica dell'uomo a pensare a se stesso come misura di tutto e a valutare le situazioni in base al proprio interesse, considerando invece la vita come dono gratuito di sé.

"Portare la croce" non significa semplicemente sopportare le fatiche ed i dolori quotidiani, né mortificarsi per piacere di più a Dio: "il cristiano non ricerca la sofferenza perse stessa, ma l'amore".

Gesù non ci chiede di gioire della sofferenza o di estraniarci dal mondo, ma di accogliere la croce con amore, per renderla segno del dono totale di sé.

La "via della croce" è dunque "via della vita", perché ci rivela una vita piena, che ci porta ad affidarci a Dio, a riconoscere il suo amore per noi, il suo disegno su ognuno di noi, che è un progetto di felicità.

La felicità vera, dice il Papa ai giovani del Terzo Millennio, viene dal "seguire Cristo fino in fondo, nelle circostanze spesso drammatiche del vivere quotidiano"; la via della felicità "è la via che non teme insuccessi, difficoltà, emarginazioni, solitudini ( … ) è la via della pace, del dominio di sé, della gioia profonda del cuore".

Il Papa conosce fino in fondo la società confusa in cui i giovani di oggi sono chiamati a vivere, che spesso rende difficile riconoscere il vero bene: "Una diffusa cultura dell'effimero, che assegna valore a ciò che piace ed appare bello, vorrebbe far credere che per essere felici sia necessario rimuovere la croce.

Viene presentato come ideale un successo facile, una carriera rapida, una sessualità disgiunta dal senso di responsabilità e, finalmente, un'esistenza centrata sulla propria affermazione, spesso senza rispetto per gli altri."

Il Papa comprende le difficoltà che i giovani di questa epoca si trovano a fronteggiare, ma lancia loro un forte appello: "Aprite però bene gli occhi, cari giovani: questa non è la strada che fa vivere, ma il sentiero che sprofonda nella morte ( … )

Con la vostra giovinezza, imprimete al terzo millennio che si apre il segno della speranza e dell'entusiasmo tipico della vostra età.

Se lascerete operare in voi la grazia di Dio, se non verrete meno alla serietà del vostro impegno quotidiano, farete di questo nuovo secolo un tempo migliore per tutti".

Ancora una volta Giovanni Paolo II apre il suo cuore a i giovani, con l'immediatezza e la facilità della sua comunicazione, valorizzando le loro attese e aspirazioni, dando fiducia alle loro potenzialità e ai loro buoni sentimenti.

Per questo i giovani amano il Papa, perché Egli parla a tutti ma si rivolge a ciascuno, dicendo con amore: "lo conto su di te; tu, individualmente, con i tuoi sogni e le tue angosce quotidiane, hai un ruolo fondamentale ed insostituibile nel migliorare la società di oggi e di domani; a te, con i tuoi aneliti ed i tuoi limiti, è affidato il futuro della Chiesa e del mondo".