La misura

B282-A2

Giuseppe Pollano

Per gentile concessione dell'Autore dal libro: Il Giorno e la Parola - Ed.Elledici

Arriva addosso dura e improvvisa la proposta, eppure nessuna la sente come condanna.

Non è il terribile kaput della carneficina, è un mistero che improvviso vuole afferrare tutta la mente, invadere la capacità che la gente ha di capire, sorpassarla, annegarla in sé, convincerla e avvincerla.

« Prendi la tua croce ».

Croce.

Questa parola è diventata sinonimo di dolore, e perciò è sgradevole; sa di disgrazia.

Ma nel pensiero di Gesù essa esprime la suprema grazia, quella che giunge dalla vera comprensione dell'essere e della vita.

Sulla croce il Verbo fu inchiodato fino a morirne.

Mediante la croce amò fino al colmo.

Grazie alla croce consumò la perfetta obbedienza.

Qui dunque, nei significati nascosti, sta il senso della altrimenti inaccettabile proposta.

Solo la misura della croce è la misura dell'abbandono, che significa andarsene dalle proprie convinzioni su tutto, e consegnarsi alle convinzioni di Dio su tutto.

E con Dio su questi terreni bisogna, passo per passo, inoltrarsi.

Siamo dove « alcune pagliuzze poste con umiltà -dice Teresa d'Avila - servono ad accendere il fuoco meglio che chissà quanta legna di ragionamenti sottili »; dove « si devono evitare quelle riflessioni su di sé con cui ci affanniamo a capire se la tranquillità di cui godiamo è veramente tranquilla » avvisa Francesco di Sales; dove, insomma, « troviamo riposo non in quello che piace a noi - conclude Bossuet - ma nelle cose che piacciono a Dio e lo preghiamo di fare come vuole e di disporre sempre di noi a suo beneplacito ».

E croce diventa qui esatta misura della fedeltà certa.

Si comprende perché Gesù la oppone al nostro innato stile di vita.

Qui non c'è spazio per i percorsi brevi, subito arrestati dalla paura di patire; qui i destini calcolati in base al criterio del minore sforzo volano via nel vento dello Spirito.

La verità d'un uomo, e di ogni uomo, è più nobile e definitiva; passa per la critica al piacere come ultima scoperta dell'esistenza, supera l'ingenuità dell'emozione come brivido di vera vita, avanza nelle verità dello spirito, le quali sono in grado di dare a tutto misura.

« Perdere la vita ».

« Guadagnare la vita ».

La prima cosa non vogliamo che accada, la seconda sì, di tutto cuore.

Ma di questo desiderio dei desideri non possediamola chiave: solo Dio ce ne svela il segreto.

In tali termini la croce acquista la sua significatività reale: è il momento dell'evidenza dell'amore, e perciò Gesù la chiamerà « glorificazione »; e poiché, fu notato, « Gesù venne inchiodato sulla croce nel nome di un Dio che era considerato il garante dell'ordine religioso culturale della legge », essa si fa anche segno della liberazione da ogni legalismo esteriore che non tocca i segreti della coscienza.

Frutto dell'obbedienza, patibolo del peccato, luogo della rappacificazione tra Dio e l'uomo, non va « resa vana » o giudicata « scandalo » né « maledizione » , ma guardata come « il principio d'ogni fortuna » dice Agostino.

Siamo lettori troppo distratti, noi, di questo libro dei santi.

Beato Dio crocifisso, che ci accoglierai nel regno per la forza del tuo sangue versato e secondo l'amore con cui l'abbiamo accolto, rendici amici appassionati del tuo mistero, portatori tenaci del tuo martirio, veri discepoli.

Che il segno della croce, tante volte ripetuto su noi stessi, non ci condanni ma ci confermi nell'ultima ora.

Amen