La guerra in Iraq Gesù Crocifisso, unica speranza

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Vito Moccia

1. 20 marzo inizio del conflitto

Stendiamo queste riflessioni il 20 marzo, cioè nel giorno stesso in cui è iniziato l'attacco anglo-americano all'Iraq.

Tale precisazione va fatta perché quando questo articolo sarà pubblicato la situazione potrebbe essere radicalmente cambiata, ci auguriamo in bene.

Peraltro alcune considerazioni dovrebbero comunque mantenere un'attualità su un piano generale.

2. Moralità di questa guerra?

Il fulcro della questione per una valutazione sulla moralità o meno delle ostilità aperte dagli Stati Uniti e loro alleati contro gli Iracheni, è se esse possono presentare un aspetto di prevenzione indilazionabile per la sicurezza di questi Stati a fronte degli atti di terrorismo, tale da configurare l'ipotesi di guerra difensiva.

Sempre in tale ipotesi, la dichiarazione di guerra contro gli Stati Uniti sarebbe avvenuta il fatidico 11 settembre 2001, con la distruzione delle Twin Towers di New York.

3. Praticamente non ravvisabile una legittima difesa

Sennonché appare chiaro come il verificare la congruenza delle suddette equazioni: attacco armato = prevenzione indilazionabile = legittima difesa, risulta se non impossibile, di certo estremamente arduo, tante sono le componenti da considerare e soprattutto quelle che ci sfuggono per una valutazione che per lo meno possa considerarsi probabile se non certa.

Tanto più che alle suddette equazioni ne andrebbero aggiunte altre, cioè: attacco armato = reazione del mondo arabo = probabilità di incremento del terrorismo, con effetti non certo di minore gravita e rilevanza.

4. Il Papa per la pace

Per una valutazione il più possibile equa e pacata della situazione, non si può quindi prescindere dal riferimento agli appelli che si pongono come arbitri nell'attuale controversia, ossia quelli dell'opinione pubblica comune, dell'ONU e del Papa.

Fatta eccezione per il Papa, quando parla ex cathedra ( e ciò vale ovviamente per i credenti ), nessuna di queste voci può considerasi infallibile: ma la convergenza unanime di tutte e tre dovrebbe far molto riflettere.

Quindi non solo per la nostra posizione di cristiani, ma altresì per una valutazione ispirata a criteri di obbiettività e di buona volontà, riteniamo debba essere pienamente accolta la posizione del Santo Padre che, con indomita forza, ha cercato di dissuadere da ogni attacco armato, pur non mancando, e in via preventiva, di condannare il temerario ed irresponsabile atteggiamento della dittatura irachena.

5. Una nazione può perdonare?

Le drammatiche circostanze odierne confermano come non vi sia altra strada per la pacifica convivenza umana al di fuori dei principi del Vangelo.

L'eccellenza del perdono e la sua incomparabile superiorità rispetto non solo alla vendetta, ma anche ad un atteggiamento di giustizia punitiva ( purché ne ricorrano gli estremi ), non vale forse anche per i popoli e le nazioni, oltre che per le coscienze individuali?

Si può comprendere il perdurante timore e la reazione degli Stati Uniti dopo l'eccidio subito l'11 settembre, ma un atteggiamento di perdono, anche in considerazione del tempo trascorso, non farebbe grandeggiare maggiormente la nobiltà d'animo di questo popolo, sempre disposto a sacrificarsi per salvaguardare i principi di giustizia e di libertà in ogni parte del mondo ( anche in Italia, nelle due guerre mondiali )?

Sono gravi domande, che osiamo formulare solo perché confortati dalla indefettibile testimonianza di Giovanni Paolo II per la causa della pace.

6. In Gesù Crocifisso il perdono, il conforto, la speranza

L'amore a Gesù Crocifisso ci soccorre e ci sostiene anche in questa difficile congiuntura, poiché è in Gesù che troviamo non solo la pienezza del perdono, ma anche la "giustificazione" degli aggressori.

È in Lui la soluzione del dolore umano, poiché ogni sofferente, se incorporato in Lui, può stemperare il proprio dolore in quello del Crocifisso.

Soprattutto in Gesù c'è redenzione e certezza di resurrezione.

Tutto questo non deve costituire un alibi per il nostro impegno quotidiano per la pace e la giustizia, ma certamente costituisce l'animazione del nostro operato, da diffondere e comunicare agli altri.