Testimoni qui adesso

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- Riccardo Mottigliengo -

Fede, speranza e carità: virtù da vivere eroicamente ogni giorno per manifestare l'essere cristiani

È stato scritto e riscritto molte volte cosa fare e cosa serve per essere cristiani.

San Bernardo, nel "De gratia et libero arbitrio", sottolinea: "Mi daresti un buon consiglio, se però mi avessi dato anche modo di potermi attenere ad esso.

Infatti non è ugualmente facile sapere ciò che si deve fare e farlo, poiché sono cose diverse indicare la via a un cieco e provvedere un mezzo di trasporto per uno stanco.

Non ognuno che indica la strada offre anche il mezzo di sostentamento a chi è in cammino.

Altro è ciò che gli indica chi non lo fa andare fuori strada e altro ciò che gli dà chi non lo fa venir meno per via.

Così, non chiunque insegna ciò che è bene, per ciò stesso anche lo dà, qualunque cosa abbia insegnato.

Perciò due cose mi sono necessarie: essere istruito ed essere aiutato.

È giusto distinguere la normale speranza umana dalla speranza cristiana?

Non possiamo essere vicini a coloro che hanno la speranza di ridurre la vita ad un calcolo umano, forti del potere del "quadrimotore" ( scienza - tecnica - economia - profitto ) di cui credono di avere il totale controllo …

La speranza cristiana, fondata sul Vangelo di Gesù Cristo Crocifisso e Risorto, sulla sua promessa, sulla sua grazia, quotidianamente, ma insieme anche in modo trascendente e metafisico, è in grado, usando le parole di Edgar Morin, di "regolare i quattro motori scatenati che spingono il vascello spaziale Terra verso l'abisso".

Il principale problema è che i motori, con il rumore, rendono innanzitutto eticamente sorde le persone, che assopite dalle droghe si affidano ai piloti che scelgono i loro viaggi.

Affrontare il tema della speranza oggi sottolinea l'attualità delle attenzioni ecclesiali cattoliche e la millenaria perseveranza che noi personalmente dobbiamo umilmente accettare.

Non da oggi si affrontano queste tematiche: può essere utile rileggere il numero 6 del 1984 di "Credere oggi", dal titolo "Utopie umane e speranza cristiana" …

Possiamo leggere "La teologia della speranza" di Jurgen Moltmann o "Il principio speranza" di Ernst Bloch, filosofo tedesco tra i massimi esperti del revisionismo marxista.

Economie e attese

Ogni essere umano ha prima di tutto dei diritti, e molto dopo dei doveri.

I doveri sono possibili se ci sono diritti, e i diritti della povera gente del Sud del mondo dipendono dalla nostra economia di sviluppo sostanzialmente speculativa.

Chi di noi rifiuta un buon guadagno da un investimento finanziario?

Eppure, se non cominciamo a diventare quasi dei sommellier economici, cioè esperti nel riconoscere l'odore dei soldi, non usciremo mai dal malefico sviluppo che spezza la società civile.

I giovani che crescono con le briciole di un mondo ricchissimo non potranno resistere a lungo.

Dobbiamo far valere di più la nostra sensibilità e cultura di giustizia e pace.

Gesù non è mai stato violento se non con i mercanti al tempio, il Nuovo Testamento non parla mai di guerra, non insegna niente che possa mettere gli uni contro gli altri.

Perché una seria proposta politica fondata sul Vangelo è pericolosa o non conveniente?

Forse chi crede nel Vangelo vive di espedienti e non lavora?

Forse sfrutta le donne e i bambini?

È violento nella legislazione penale?

È integralista nel non voler riconoscere le religiosità altrui?

Il dono della speranza cristiana, per resistere, è sempre animato da Gesù Crocifisso e Risorto.

È, anche oggi, il dono dell'attesa attiva e impegnata nel fare la propria parte per gioire delle beatitudini promesse che dobbiamo sperare di raggiungere.

Come dire, sostenere, testimoniare questo fuori dalle chiese nei giorni feriali?

Gesù dobbiamo essere noi, ma noi siamo in comunione tra noi?

Bisogna tentare di lasciarsi andare all'economia della speranza, a quell'economia della provvidenza - cristiana per eccellenza - che ha permesso a molte Chiese, anche domestiche, di costruire tanto.

Per questo basta mettere tutto, ma proprio tutto, in rapporto a Gesù, al Vangelo, tentando di conformare il più possibile ad esso le nostre scelte.

Educare alla comprensione

La situazione sulla nostra terra è paradossale.

La comunicazione trionfa, il pianeta è attraversato da reti e la coscienza di essere interdipendenti dovrebbe legare gli umani gli uni agli altri.

Vi sono certamente grandi e molteplici progressi della comprensione, ma i progressi dell'incomprensione sembrano ancora più grandi.

La missione propriamente spirituale dell'educazione è quella di insegnare la comprensione fra gli umani, condizione e garanzia della solidarietà intellettuale e morale dell'umanità.

Siamo invece accerchiati da una sottile, quasi subliminale, tendenza che neutralizza le nostre ansie, le nostre pur preoccupate incoerenze e stiamo perdendo ( chissà i nostri nipoti … ) la coscienza di sentirci non bene quando tradiamo valori e principi sostanzialmente naturali, nati con noi e evidenziati dalla cultura nell'educazione.

Quando si è fatto l'impossibile per riuscire in un progetto, in una vita, riconoscendo i nostri limiti ed errori, dobbiamo essere certi nella speranza …, ecco "il controsenso" che fa vivere.

In questo tempo i laici cristiani, seguendo il Concilio Vaticano II, e senza andare oltre se non nel desiderio di assumere, come meritano e come i tempi richiedono, una veste ecclesiale non solo consultiva, devono dedicarsi all'attuazione in tutte le sedi di loro competenza della proposta elaborata - e da attualizzare - dalle varie encicliche.

Certo è che i nemici ci sono e la buona battaglia, con i relativi atti di coraggio, va tentata, fatta.

Rinunciare a questo vuol dire non essere coerenti e credibili e tradire il Vangelo.

Le virtù teologali

Ieri la santità chiamava in causa le virtù cardinali "prudenza", "giustizia", "fortezza" e "temperanza"; oggi, forse, si esprime con la quotidianità della nostra "fede", della nostra "speranza" e della nostra "carità".

Siamo in un tempo di grande realismo spirituale, l'integralità cristiana fondata proprio dalle e sulle virtù teologali si sta delineando come obiettivo arduo ma indispensabile per tentare di essere cristiani, di diventare santi.

Il rapporto con Gesù Cristo interpella la nostra coscienza a comprendere i nostri limiti e a offrirli, nella sofferenza derivante, alla sua misericordia.

Allora, la speranza cristiana è virtù da vivere eroicamente ogni giorno per tentare di diventare santi come coloro che riconoscendo i loro limiti hanno la forza di riconciliarsi sempre con Lui.

Il bicchiere del cristiano si sta sempre riempiendo e mai svuotando.

La soglia del male si avvicina ma viene sempre superata dal bene proprio in rapporto al nostro Crocifisso Risorto.

Perché la Croce è la speranza, l'orizzonte cristiano.

Gesù Risorto porta le piaghe della Crocifissione: questo aspetto ci presenta una dimensione profondamente cristiana, cattolica, che H.U. Von Balthasar ( "l'uomo più intelligente del nostro secolo", disse papa Paolo VI ) in "Cordula" ( Ed. Queriniana, 1970 ) sottolinea: "Chi preferisce Gesù sceglie la croce come luogo dove il morire non è un'eventualità ma una certezza assoluta".

Vale quindi la pena di studiare e imparare, vivendo coerentemente, tentando di essere esemplari, cercando di comprendere chi e cosa incontriamo per tentare di saper fare come Lui …, pur partendo primariamente dalla nostra personale sapienza, esperienza e meditazione.

In un clima di competizione e incertezza, in continuo confronto con i fedeli di altre religioni, dobbiamo essere molto preparati e vigili nel nostro modo di essere cristiani, sviluppando - come sottolinea la traccia di riflessione in preparazione al Convegno ecclesiale di Verona 2006 - una continua interconnessione tra la formazione cristiana e la vita quotidiana, tra i principi dell'antropologia cristiana e le decisioni etiche, tra la proposta politica storica e la dottrina sociale cristiana e le scelte e i comportamenti.

Chiamati all'azione

Spettacolarizzazione, comunicazione come informazione sempre pubblicitariamente coinvolta e consumo come soddisfazione personale del desiderio esistenziale ci avvolgono.

Il lavoro e non la finanza anima una vera impresa cristiana che ha bisogno di una pastorale coinvolgente …

Fin dall'uscita negli Usa del documento del 1983 "Giustizia economica per tutti" era - ed è - evidente che le cose non possono continuare ad essere gestite sul piano del banale sviluppo economico.

Romiti nel 1990 sosteneva che solo lo sviluppo economico avrebbe salvato le situazioni in crisi, ma così non è stato.

L'autocritica e l'onestà intellettuale vanno richieste e gentilmente pretese da tutti.

Le encicliche sociali, dalla "Rerurm Novarum" alla "Centesimus annus", alle ultimissime offerte da papa Benedetto XVI, confermano che abbiamo in mano strumenti di lavoro eccezionali.

Ma, vivendo in un clima sociale sfavorevole, dobbiamo sostenere con forza che la democrazia, questa democrazia, non può fondare nessun principio ma solo cercare di applicare politicamente i principi che le sono superiori e che la fondano.

Ricordiamoci che la legalità moderna non ha più un fondamento morale, perché è evidentissimo che in essa si fanno i maggiori brogli.

Siamo chiamati all'azione, ognuno per la sua parte: tutto va messo in rapporto a Gesù Cristo e ogni decisione ispirata dal Vangelo.

Cosa pensiamo delle parole di Gesù: " …fate del bene e date in prestito senza speranza di ricambio …" ( Lc 6,35 ) e di quelle di Blaise Pascal: " … al di fuori di un rapporto stretto, di una relazione fisica carnale con Gesù Cristo, non possiamo davvero capire né la nostra vita né la nostra morte né Dio né noi stessi?"

Che sono affermazioni integraliste, pericolose, sconvenienti, emarginanti, controcorrente, non ecumeniche, inutili, fuori dal tempo?

Molti conoscono teoricamente la via, ma molti altri fanno finta che non sia mai stata indicata


* Articolo tratto da un documento del catechista R.M. presidente del Centro di cultura e studi "Giuseppe Toniolo"