Il Crocifisso: braccia aperte a tutti gli uomini1

B304-A3

- Vito Moccia -

1. Una sentenza sconcertante, ma non definitiva

La nostra riflessione sul « Coraggio della sofferenza » è incentrata questa volta sul divino Esemplare di ogni sofferenza, su Colui che ha preso su di Sé i peccati del mondo, su Gesù Crocifisso.

E lo spunto è tratto dalla recente sconcertante sentenza della Corte europea dei diritti dell'uomo - che non è un organo dell'Unione Europea - secondo cui il crocifisso andrebbe rimosso dalle aule scolastiche.

Poiché abbiamo appena citato l'Unione Europea, diciamo subito che questa si è dissociata da tale decisione, ribadendo quanto il presidente della commissione europea, Josè Barroso, aveva detto a suo tempo « in difesa di un inserimento nella Costituzione di un riferimento alle radici cristiane dell'Europa ».

Suscita però un profondo e doloroso rammarico il constatare che la Corte abbia ravvisato nella presenza del crocifisso nelle aule scolastiche un attentato alla libertà di educazione.

Viceversa il crocifisso, quale icona che ci rappresenta Cristo sofferente per nostro amore, vittima della malvagità e del peccato, con le braccia aperte in un abbraccio di perdono, di riconciliazione e di accoglienza per tutti, è un invito al dialogo e alla pacificazione, e un conforto per chi soffre, sia per i dolori fisici, che per l'ingiustizia e l'emarginazione.

2. La parola del Papa

« La religione va riconosciuta come presenza comunitaria pubblica ».

« Questo comporta che ad ogni confessione religiosa ( purché non in contrasto con l'ordine morale e non pericolosa per l'ordine pubblico ), sia garantito il libero esercizio delle attività di culto - spirituali, culturali, educative e caritative - della comunità dei credenti.

Alla luce di queste considerazioni non è certo espressione di laicità, ma sua degenerazione in laicismo, l'ostilità a ogni forma di rilevanza politica e culturale della religione; alla presenza in particolare di ogni simbolo religioso nelle istituzioni pubbliche ».

Il passo riportato è tratto dal discorso del Papa in occasione del convegno dell'Unione giuristi cattolici italiani del 9 dicembre 2006.

Ma sul tema specifico del crocifisso nelle scuole il Santo Padre si era pronunciato quando era prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, in un libro-intervista,2 in occasione di una sentenza di un tribunale tedesco che imponeva al Lander di Baviera di togliere il crocifisso dalle scuole elementari.

Alla domanda se il crocifisso nelle scuole dovesse essere lasciato, l'allora cardinale Ratzinger rispondeva: « Sì », perché « da noi esiste ancora un comune tessuto ideale cristiano, tale che questo simbolo nelle scuole ha davvero un significato ».

« Questo simbolo ci tiene ancora uniti ».

3. Il parere della CEI e di Radio Vaticana

Per la Conferenza episcopale italiana, a una prima lettura della sentenza « sembra possibile rilevare il sopravvento di una visione parziale e ideologica ».

« Risulta ignorato o trascurato il molteplice significato del crocifisso, che non è solo simbolo religioso ma anche segno culturale ».

« Non si tiene conto del fatto che, in realtà, nell'esperienza italiana l'esposizione del crocifisso nei luoghi pubblici è in linea con il riconoscimento dei principi del cattolicesimo come parte del patrimonio storico del popolo italiano, ribadito dal Concordato del 1984.

In tal modo si rischia di separare artificiosamente l'identità nazionale dalle sue matrici spirituali e culturali ».

Il cardinale Angelo Bagnasco, presidente della CEI, in un'intervista ad Avvenire e a Tg2000, sottolinea che disconoscendo il valore culturale del crocifisso, si nega il fatto evidente che esso sia un « segno » per credenti e non credenti.

E rimuovendo una presenza « che non impone nulla ma si espone soltanto », finisce con « impoverire ulteriormente » un mondo « già così disorientato ».

La decisione « non si cura di rispettare la verità delle cose ».

« Non tiene in alcun conto, ad esempio, della verità storica dell'Europa e dell'Italia.

Anche a un occhio distratto, l'Europa e l'Italia da un semplice punto di vista culturale, traggono la loro ispirazione dal Vangelo.

Basta guardarsi intorno per capire che senza il cristianesimo e la Chiesa non si comprenderebbe la Divina Commedia, ma anche la maggior parte dell'architettura e dell'arte ».

« Riconoscere il valore culturale del Crocifisso, peraltro, non vuoi dire svilirne il significato religioso perché la fede con i suoi segni genera civiltà e cultura che diventano patrimonio a disposizione di tutti, come dimostra la ricchezza della nostra storia nazionale e continentale.

Il segno del crocifisso poi parla a tutti, sia ai credenti per i quali è certamente il segno della propria fede, sia ai non credenti, per i quali la croce rappresenta comunque il segno di quella esperienza umana integrale che ha la propria radice nel sacrificio di Gesù Cristo ».

« Non ricordo di aver mai sentito qualcuno sentirsi offeso da questo segno, anzi spesso ho percepito che molti, anche tra i non credenti, proprio guardando all'uomo della croce, traggono ispirazione e fiducia per andare avanti »

Il portavoce vaticano padre Federico Lombardi, alla Radio Vaticana, ha sottolineato come il crocifisso « è stato sempre un segno di offerta di amore di Dio e di unione e accoglienza per tutta l'umanità.

Dispiace che venga considerato come un segno di divisione, di esclusione o di limitazione della libertà ».

« É grave voler emarginare dal mondo educativo un segno fondamentale dell'importanza dei valori religiosi nella storia e nella cultura italiana, ed è sbagliato volerlo escludere dalla realtà educativa ».

4. Platone sul « giusto crocifisso »: profezia pagana, quindi laica?

Nel libro « Introduzione al Cristianesimo », ripubblicato nel 2000 dall'allora cardinale Joseph Ratzinger, nel presentare la croce come rivelazione sia dell'uomo che di Dio, l'Autore riporta un singolare presentimento della filosofia greca: l'immagine del giusto crocifisso descrittaci da Platone ben 400 anni prima di Cristo.

Secondo questo insigne pensatore, il vero giusto deve essere in questo mondo un misconosciuto e perseguitato: « Direte quindi che, stando così le cose, il giusto verrà flagellato, torturato, gettato in catene, accecato col ferro rovente, e infine, dopo tutto questo scempio, finirà per essere crocifisso … ».3

Come non rilevare che questo testo, espressione di uno dei più insigni pensatori di tutti i tempi, è patrimonio della sapienza universale, e proprio nel crocifisso cristiano ha trovato la sua attuazione?

Si vorrebbe quindi escludere proprio il segno che rappresenta, secondo Platone, la giustizia dell'umanità?

Concludiamo con un testo di Natalia Ginzburg: « Il crocifisso è il segno del dolore umano.

La corona di spine, i chiodi, evocano le sue sofferenze.

La croce che pensiamo alta in cima al monte, è il segno della solitudine nella morte.

Non conosco altri segni che diano con tanta forza il senso del nostro umano destino.

Il crocifisso fa parte della storia del mondo.

Per i cattolici, Gesù Cristo è il figlio di Dio.

Per i non cattolici, può essere semplicemente l'immagine di uno che è stato venduto, tradito, martoriato ed è morto sulla croce per amore di Dio e del prossimo ».4

Non occorrono altre parole, specie per noi che adoriamo il Crocifisso come Figlio di Dio, per contemplarlo, pregarlo, esprimergli il nostro amore, riponendo le nostre sofferenze nelle sue, per le vocazioni sacerdotali, religiose e laicali, e anche in spirito di riparazione per le offese che continuano ad essergli rivolte.


1 Le citazioni di questo articolo - salvo quella di Platone - sono state tratte dagli ampi servizi dedicati all'argomento dai quotidiani « Avvenire » del 4 e di 5 novembre u. sc., segnatamente alle recensioni di Salvatore Mazza, che ringraziamo.

2 Trattasi del libro « Il sale della terra. Cristianesimo e Chiesa cattolica nel XXI secolo » ( San Paolo ), edito la prima volta nel 1996, citato da « Avvenire ».

3 J. Ratzinger, « Introduzione al Cristianesimo », Queriniana, pagg. 282 - 283.

Il brano di Platone è tratto da Politela II, 361e - 362°.

4 Testo pubblicato su L'Unità del 22 marzo 1988.