L'Annunciazione: esemplare della consacrazione a Dio

B309-A6

Formulazione e rinnovo dei voti e delle promesse nella solennità dell'Immacolata

Continuazione dal n° precedente

Meditazione del Vicario episcopale Don Paolo Ripa Buschetti di Meana all'Unione Catechisti

Don Paolo Ripa di Meana e Padre Tedros Abraha

"L'angelo le disse: « Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio.

Ecco concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù.

Sarà grande e chiamato Figlio dell'Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine ».

Allora Maria disse all'angelo: « Come è possibile? Non conosco uomo ».

Le rispose l'angelo: « Lo Spirito Santo scenderà su di te, su te stenderà la sua ombra la potenza dell'Altissimo.

Colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio.

Vedi: anche Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia, ha concepito un figlio e questo è il sesto mese per lei, che tutti dicevano sterile: nulla è impossibile a Dio »" ( Lc 1,30-37 ).

L'angelo le prospetta due meraviglie, l'una più stupefacente dell'altra.

La prima cosa che le viene annunciata è che sarà madre del Messia!

Il sogno dorato d'ogni donna in Israele, fin dai giorni antichi.

Maria dovette essere invasa da un qualcosa d'indicibile, tra l'emozione e lo stupore.

Tuttavia lo stupore di Maria dovette crescere di molto quando l'angelo aggiunse che tale maternità si sarebbe realizzata senza partecipazione umana in maniera prodigiosa.

Trascendendo ogni procedimento biologico, una creazione originale e diretta sarebbe sgorgata dalle mani dell'Onnipotente, colui al quale "nulla è impossibile".

Certo, noi rimaniamo perplessi e ci chiediamo come mai questa giovane ragazza di fronte all'apparizione dell'angelo e a simili inaudite proposte, oltre al comprensibile senso di turbamento e stupore, non sia stata assalita dallo spavento e non sia fuggita.

Doveva avere 15-17 anni!

La Vergine rimase silenziosa a pensare.

Poi avanzò una domanda, ne ricevette la risposta.

Infine aderì piena di dolcezza e serenità.

7. Solitudine di fronte a Dio nella decisione

Ebbene, se una giovane donna, coinvolta in eventi così sensazionali, è capace di mantenersi emozionalmente integra, ciò significa che ci troviamo in presenza di una creatura in possesso di equilibrio eccezionale.

Donde le veniva tanta stabilità?

Penso che l'immacolato concepimento abbia influito decisamente perché gli squilibri sono, in generale, effetto del peccato e della sua radice profonda che è l'egoismo.

Ma soprattutto mi pare che l'atteggiamento di Maria sia dovuto alla sua profonda immersione nel mistero di Dio.

Credo che mai nessuno, come Maria in quegli attimi, abbia provato l'enorme peso delle proprie responsabilità, per la sua partecipazione a eventi storici così decisivi.

Sentirsi soli! Abbiamo tutti, nella nostra costituzione personale, un angolo di solitudine nel quale, e a motivo del quale, siamo gli uni diversi dagli altri.

A quell'angolo nessun estraneo giunge, né può giungere.

Nei momenti decisivi siamo sempre « soli ».

Soltanto Dio può discendere fino a quella dimensione, la più remota e talvolta irraggiungibile perfino per noi stessi.

La "individualizzazione", ossia il prender coscienza della nostra identità personale, consiste nell'essere e nel sentirci distinti gli uni nel confronto degli altri.

È l'esperienza e la sensazione dello « star qui », inteso come coscienza consapevole e autonoma.

Cerchiamo di immaginare una scena; senza voler, con questo, terrorizzare nessuno.

Mi trovo agonizzante sul letto di morte.

Nel momento della mia agonia sono circondato dalle persone che in questo mondo mi amano di più, e con la loro presenza, il loro affetto, le loro parole, vorrebbero accompagnarmi nel passaggio dalla vita alla morte.

Cercano di "stare con me" in quel momento.

Ebbene, per quante parole, conforto, affetto, cerchino di prodigarmi i miei cari, in quei momenti io "mi sento" solo, solo.

Nell'agonia nessuno è con me, nessuno può esserci.

Le parole dei familiari mi arriveranno fino ai timpani, ma là, dove io mi diversifico da tutti, a quella profondità, io sono veramente un solitario; nessuno può essere "con me".

Le affettuosità potranno accarezzare la mia pelle, ma nelle regioni più remote dove mi identifico come me stesso, nessuno può giungere.

Nessuno può accompagnarmi nel morire: è un'esperienza personale e solitaria.

Tale solitudine esistenziale, che è evidente nell'esempio dell'agonia, appare anche, con la stessa chiarezza, in molte circostanze della vita.

Quando ci capitasse un enorme dolore o un insuccesso, certamente parenti e amici verranno a confortarci e a rincuorarci.

Ma una volta allontanatisi, restiamo completamente soli, sotto il peso del nostro dolore.

Nessuno, eccetto Dio, può condividere fino in fondo con noi quel peso.

Gli esseri umani possono starci vicino fino a un certo livello di profondità; ma nelle dimore più intime e individuali restiamo sempre del tutto soli.

Lo ripeto: nei momenti decisivi, siamo soli.

Della stessa solitudine esistenziale facciamo esperienza viva nell'ora di prendere una decisione o in quella di assumerci una responsabilità, cioè nei momenti gravi della vita.

Sentirsi solo, pur essendo circondato da un bel gruppo di persone, è l'esperienza specifica che capita di fare a un padre di famiglia, un vescovo, un medico, un superiore, un presidente di qualsivoglia organismo …, insomma, a chiunque sia rivestito di responsabilità.

Vorrei dire che tra le persone più solitarie al mondo ci sia il Santo Padre: avrà un bel chiedere consiglio, convocare riunioni, consultare esperti …; nell'ora di prendere una decisione importante dinanzi a Dio e alla Chiesa egli sarà solo.

Così una coppia di sposi, nell'ora di assumersi la responsabilità di chiamare una nuova creatura alla vita, sono terribilmente soli.

Ognuno di noi ha avuto o ha tuttora l'occasione di sperimentare al vivo che il peso della responsabilità è sempre il peso della solitudine.

Partendo da queste considerazioni, possiamo comprendere la situazione cruciale di Maria nel momento dell'annunciazione.

La Vergine, fanciulla intelligente e riflessiva, misurò esattamente la sua grande responsabilità.

Davanti a lei s'ergeva, come una muraglia, una decisione storica, storica di fronte alla quale ella si trovava solitaria e indifesa.

Le era stata fatta una proposta: doveva rispondere!

Essa sa che, in base alla decisione, la sua vita potrà perdere il corso-normale.

Se risponderà "no", tutto scorrerà via tranquillamente: si sposerà, i figli cresceranno, verranno i nipoti e la vita si concluderà nel breve orizzonte delle colline di Nazareth.

Se invece dovesse rispondere "sì", scatenerebbe una serie di gravissime implicazioni, un vero caos capace di scompaginare una vita ordinata e tranquilla.

Avere un figlio prima di sposarsi la esporrebbe al ludibrio e a un doloroso ripudio da parte di Giuseppe.

Forse verrebbe lapidata come adultera o condannata a rimanere socialmente emarginata, stigmatizzata dalla parola più offensiva che, a quei tempi e nel suo ambiente, potesse esistere per una donna: violata ( harufah ).

Inoltre essere la madre del Messia - Maria dovette in qualche modo intuirlo - significava entrare nel vortice della tempesta, diventare segno di contraddizione.

La fanciulla misurò l'altezza e la profondità del momento.

Impressiona pensare come non sia rimasta schiantata sotto l'emozione provocata da quel peso enorme.

Il suo sistema nervoso non la tradì.

Non pianse, non svenne, non gridò.

Non se ne sfuggì spaventata e, soprattutto, non fece la cosa che sarebbe stata tanto naturale: quella di cercare una persona amica, qualcuno con cui confidarsi.

Non sappiamo se avesse ancora la mamma a quel tempo!

Si rimane stupefatti dall'umiltà, dall'enorme maturità e naturalezza con cui Maria assume il mistero nel cuore di un'immensa solitudine.

Tutta la storia non sarà sufficiente ad ammirare tanta grandezza e ad esprimere la nostra gratitudine.

Possiamo immaginare sulla giovane una nube di interrogativi: è vero che Sara concepì a novant'anni e - stando all'angelo - anche la parente Elisabetta èrimasta incinta in età avanzata.

Ma il suo caso supera ogni immaginazione: senza partecipazione umana!

Si è mai vista una cosa simile?

É completamente fuori del normale!

Sarà possibile? Nessuno potrà saperlo.

Resterà chiuso nel segreto del suo cuore.

E quando la notizia si divulgherà, nessuno potrà accettarla.

Che cosa diranno? Che farà Giuseppe? Che fare? Che rispondere?

8. Donazione di sé incondizionata

La povera ragazza trascende, da sola, già adulta nella fede, tutte le perplessità e tutti gli interrogativi e, piena di pace, d'umiltà e dolcezza, si fida e si dona: "Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto" ( Lc 1,38 ).

Sono probabilmente le pagine più belle della Scrittura.

"Sono la serva". La serva non ha diritti.

I diritti della serva sono posti nelle mani del suo Signore.

Alla serva non tocca prendere iniziative, bensì accettare le decisioni del Signore.

"Sono una povera di Dio".

Sono la creatura più povera della terra e quindi la creatura più libera del mondo.

Non ho una volontà mia.

La volontà del mio Signore è la mia volontà.

Sono la serva di tutti: in che posso servirvi?

Sono la Signora del mondo perché sono la serva del mondo.

"Avvenga di me".

Anche grammaticalmente viene usata la forma passiva.

Maria si offre in possesso libero e disponibile, e dimostra, in tal modo, una tremenda fiducia, un abbandono audace e temerario nelle mani di Dio, accettando tutti i rischi, sottomettendosi a tutti gli eventi e congiunture che il futuro potrà arrecare.

Maria si muove nello spirito dei "poveri del Signore".

Certamente il suo "avvenga" si riferisce alla maternità, ma nel suo "sì" è racchiuso di più : vi palpitano una consacrazione universale, un donarsi senza riserve e senza limiti, un accogliere qualsiasi evento, anche inaspettato, voluto o permesso da Dio.

Con il suo "sì" la Vergine diceva di fatto amen alla notte di Betlemme senza casa, senza culla, senza levatrice, pur non avendo coscienza esplicita di quei particolari.

Diceva amen alla fuga in un Egitto sconosciuto e ostile, amen al silenzio di Dio durante trent'anni, amen all'ostilità dei Sinedriti, amen alle forze politiche, religiose e militari che trascineranno Gesù nel torrente della passione e della morte.

Diceva amen a tutto quanto il Padre avrebbe disposto e permesso e che ella mai avrebbe tentato di cambiare.

Insomma Maria con il suo "avvenga di me" entra nella profonda e ricca corrente delle grandi anime che non domandano, discutono o protestano, ma che si abbandonano in silenzio e depongono ogni fiducia nel cuore del loro amato Signore e Padre: anzi, ne è la prima esponente, dopo il suo Figlio.

Queste riflessioni vogliono essere un invito a rileggere la nostra vocazione alla vita consacrata alla luce dell'episodio dell'Annunciazione

Ciò significa non temere di confrontare i nostri atteggiamenti - anche a livello psicologico dal primo "sì" a Dio, ai tanti "sì" che siamo chiamati a pronunciare ogni giorno della vita - con gli atteggiamenti di Maria.

Con l'augurio che questo confronto ci aiuti a vivere l'Avvento e il Natale con l'apertura e l'abbandono di Maria.

Nella cappella dell'Unione Catechisti

Ruta Habtéslassié con i parenti e amici