Alle radici dell'emergenza educativa

B310-A2

Apriamo questo primo numero del bollettino rinnovato, affrontando un argomento che riveste una grande rilevanza per il presente e il futuro della vita di ogni persona e dell'intera società.

Il tema è quello dell'educazione, così importante da considerarlo oggi una vera e propria "emergenza educativa", e da indurre la Chiesa italiana ad assumerlo come linea guida dell'intero decennio 2010/20.

Come Unione Catechisti siamo direttamente coinvolti perché risponde appieno alla nostra specifica missione.

Siamo depositari di un patrimonio di esperienze e di valori che ci consente di fornire un apporto costruttivo nel campo dell'educazione.

Ma per far questo dobbiamo saper rinnovare gli itinerari formativi e renderli più adatti al tempo presente e più significativi per la vita delle persone, con particolare attenzione agli adulti.

Per offrire ai nostri lettori una riflessione sul tema dell'educazione, ci affidiamo a un paragrafo del lucido e approfondito intervento dell'Arcivescovo Mons. Cesare Nosiglia dal titolo: "Alle radici dell'emergenza educativa", che ha tenuto il 22 ottobre 2011 incontrando gli Istituti Secolari della Diocesi.

L'Arcivescovo ci chiede di metterci in gioco con impegno e responsabilità e di gestire le relazioni educative con modalità nuove e coinvolgenti, "sorretti dalla fede in Colui che è il primo educatore, Dio che mai abbandona chi in lui confida e si affida".


Emergenza educativa: perché?

L'educazione è sempre stata oggetto di una cura speciale sia della Chiesa che della società.

Ogni generazione si è sentita in dovere di affrontarla.

Oggi tuttavia ci troviamo di fronte a un passaggio epocale che mette in forse l'idea stessa di educazione perché è messa in questione l'idea stessa di uomo e del suo futuro.

Non bastano dunque nuove metodologie o anche nuovi contenuti, ma va affrontato lucidamente il problema della visione antropologica ed essenziale del fatto educativo come tale.

La Chiesa lo fa con quella caratteristica suggerita già dalla Gaudium et Spes: quella di porre in risalto i nodi, ma anche le risorse che in essi appaiono, per trovare quei varchi idonei a rinnovare l'educazione, partendo da ciò che potrebbe sembrare solo negativo e da condannare.

Detto ciò, facciamo passare alcuni di questi nodi risorse.

1. L'assolutizzazione dell'individuo in balia del trapasso culturale.

Il mito dell'uomo che si fa da sé e si incarta nella propria autosufficienza, finisce con il separare la persona dalle proprie radici e dalle altre persone e alla fine la rende anche poco amante di se stessa e della propria vita.

Le cause di questo sono dunque molteplici ma a fondo di tutto c'è la negazione o l'appannamento della vocazione trascendente dell'uomo e di quella relazione primaria che dà senso a tutte le altre: senza Dio, l'uomo non sa dove andare e non riesce nemmeno a comprendere chi egli sia.

2. Il problema dell'autosufficienza si manifesta in modo acuto nel grande tema dell'amore e della libertà.

Questo tratto proprio della cultura contemporanea accentua un aspetto decisivo dell'educazione che è anche il compito più urgente di ogni educatore: quello di educare a fare delle scelte libere e insieme responsabili.

Non dobbiamo dimenticare tuttavia che questo desiderio di libertà offre un terreno favorevole all'incontro con Cristo e il Vangelo.

Gesù infatti esalta la libertà dell'uomo nuovo e afferma che chi lo segue conosce la verità che lo farà libero.

Gesù predica e mostra con la vita che Dio è amore e dove c'è l'amore c'è sempre una esperienza di libertà.

Il rapporto con Dio pertanto non costituisce una minaccia alla libertà umana, ma le consente di trovare il proprio motivo profondo e originario, il fine ultimo in grado di sostenerne il cammino della vita.

3. Un'altra radice profonda dell'emergenza è data dallo scetticismo e dal relativismo che escludono la possibilità stessa che possa esistere una verità oggettiva che vada oltre la propria verità, quello che uno ritiene sia vero e giusto per se stesso.

Educare non è dunque questione di tecniche o di didattica o di metodologie adatte e nemmeno un insegnare principi e regole, ma è formare le nuove generazioni perché sappiano entrare in rapporto con il mondo, forti della memoria significativa che non è occasionale, ma accresciuta dal linguaggio di Dio che emerge nella natura e nella rivelazione, e diventa patrimonio condiviso tra le generazioni di quella sapienza che riconosce il fine trascendente della vita e orienta il pensiero, gli affetti e il giudizio.

4. La crisi della relazione intergenerazionale, e tra la famiglia e la società, compromette la possibilità di percepire e di elaborare una visione unitaria della vita, un'interpretazione coerente del reale, e di conseguenza rende più travagliata la formazione dell'identità personale.

Afferma Benedetto XVI: « Anche i più grandi valori del passato non possono essere semplicemente ereditati, vanno fatti nostri e rinnovati attraverso una, spesso sofferta, scelta personale ».

In una società caratterizzata dalla sovrabbondanza di beni e di messaggi, il compito più urgente diventa dunque educare alla scelta.

Agli educatori cristiani, in collaborazione con tutti gli uomini di buona volontà, si presenta la sfida di contrastare l'assimilazione passiva di modelli trasmessi dai media e di superare la superficialità, promuovendo l'esercizio critico della ragione, senza limitarne gli orizzonti a ciò che è empiricamente sperimentabile e calcolabile.

5. Emerge anche il fatto che "educare" diventa oggi spesso sinonimo di fornire informazioni funzionali, formare competenze professionali, far apprendere abilità tecniche, se non addirittura indurre comportamenti esteriori socialmente accettabili.

Nella stessa linea, il modello della spontaneità finisce con l'assolutizzare emozioni e pulsioni: tutto ciò che è possibile diventa automaticamente buono.

L'educazione, in questi casi, rinuncia a ogni forma di trasmissione di valori e di esercizio di apprendimento delle virtù e ogni proposta "direttiva" viene considerata autoritaria.

6. Infine, nel nostro tempo in cui prevale la mobilità dei popoli e il confronto tra le diverse religioni e culture, l'educazione deve affrontare il problema dell'integrazione in particolare degli immigrati.

È una sfida crescente che riguarda la scuola, la famiglia, il mondo del lavoro e della cultura, la società.

L'apertura al dialogo e all'incontro, accompagnati dalla consapevolezza e dalla testimonianza della propria identità storica, culturale e religiosa contribuiscono a far crescere solide personalità in grado di garantire un processo di integrazione graduale, rispettoso delle differenze, costruttivo di unità attorno ai valori e principi costituzionali del nostro Paese.

Mons. Cesare Nosiglia Arcivescovo di Torino ( dall'intervento del 22 ottobre 2011 )