Lasciarsi trasformare dall'azione dello Spirito

B351-A1

Incontro Fraternità il 04/04/2018

È molto difficile lasciarsi trasformare dallo Spirito.

Con il cuore indurito, arido, nella frenesia, nella rigidità degli schemi di comportamento, dei ruoli che viviamo, nello scorrere di giornate sempre piene, il pensiero verso Dio è più facilmente un elenco di richieste che uno spazio per discernere la sua volontà.

È difficile perché siamo centrati su noi stessi, abbiamo la presunzione di sapere già, di prevedere, di bastare e di non avere bisogno di altri o di altro.

È difficile, ma quando invece ci affidiamo e apriamo il cuore all'azione dello Spirito e lo preghiamo dicendo "Vieni Santo Spirito" è così bello poi sentirsi sulla strada giusta e scoprirsi capaci di compiere azioni e dire parole che poi davvero cambiano lo stato delle cose e comprendere che, con una facilità che non può venire dalla sola personale forza interiore ma da una forza più grande, si diviene in grado di superare una difficoltà o prendere una decisione.

Lo Spirito Santo ha bisogno della nostra disponibilità a cambiare i nostri piani, ha bisogno che ci riconosciamo a volte fragili, impotenti, soli.

Ha bisogno che apriamo il cuore e che diciamo "Parla Signore, perché io ascolto", quando abbiamo un dubbio, quando non sappiamo cosa e come fare, quando vogliamo pregare.

Ha bisogno che facciamo lo sforzo di aprire una breccia, piccolissima, ma di lasciare che attraverso questa lo Spirito stesso possa agire suggerirci che atteggiamento del cuore avere, lasciare operare la grazia di Dio e lasciarci rinnovare.

Per riflettere possiamo fare riferimento a due meditazioni di Papa Francesco.

Nella prima, Docili e felici ( 13 aprile 2016 ), il Papa si raccomanda di non aver paura quando lo Spirito Santo è al lavoro e sconvolge i nostri piani.

Perché è la gioia, e non certo « la fedeltà alla legge », a caratterizzare la vita dei cristiani docili all'azione dello Spirito.

Si riferisce a un passo degli Atti degli apostoli ( At 8,26-40 ) in cui si racconta così: Un angelo del Signore parlò intanto a Filippo: « Alzati, e va' verso il mezzogiorno, sulla strada che discende da Gerusalemme a Gaza; essa è deserta ».

Egli si alzò e si mise in cammino, quand'ecco un Etiope, un eunuco, funzionario di Candàce, regina di Etiopia, sovrintendente a tutti i suoi tesori, venuto per il culto a Gerusalemme, se ne ritornava, seduto sul suo carro da viaggio, leggendo il profeta Isaia.

Disse allora lo Spirito a Filippo: « Va' avanti, e raggiungi quel carro ».

Filippo corse innanzi e, udito che leggeva il profeta Isaia, gli disse: « Capisci quello che stai leggendo? ».

Quegli rispose: « E come lo potrei, se nessuno mi istruisce? ».

E invitò Filippo a sedere accanto a lui.

Il passo della Scrittura che stava leggendo era questo: Come una pecora fu condotto al macello e come un agnello senza voce innanzi a chi lo tosa, così egli non apre la sua bocca.

Nella sua umiliazione il giudizio gli è stato negato, ma la sua posterità chi potrà mai descriverla?

Poiché è stata recisa dalla terra la sua vita.

E rivoltosi a Filippo l'eunuco disse: « Ti prego, di quale persona il profeta dice questo?

Di se stesso o di qualcun altro? ».

Filippo, prendendo a parlare e partendo da quel passo della Scrittura, gli annunziò la buona novella di Gesù.

Proseguendo lungo la strada, giunsero a un luogo dove c'era acqua e l'eunuco disse: « Ecco qui c'è acqua; che cosa mi impedisce di essere battezzato? ».

Fece fermare il carro e discesero tutti e due nell'acqua, Filippo e l'eunuco, ed egli lo battezzò.

Quando furono usciti dall'acqua, lo Spirito del Signore rapì Filippo e l'eunuco non lo vide più e proseguì pieno di gioia il suo cammino.

Quanto a Filippo, si trovò ad Azoto e, proseguendo, predicava il vangelo a tutte le città, finché giunse a Cesarèa.

Il Papa sottolinea che il protagonista di questo brano è lo Spirito Santo.

E non Filippo o l'eunuco etiope, funzionario della regina.

Filippo è uno degli apostoli e quel giorno sicuramente aveva i suoi piani di lavoro.

Ma lo Spirito va e dice: "Alzati e fai quest'altro, lascia l'episcopio e vai di là".

Filippo obbedisce: è docile a questa voce dello Spirito e così lascia tutto quello che doveva fare quel giorno e va là.

Ed ecco che lo Spirito lo invita ad andare sulla strada che scende da Gerusalemme a Gaza, senza dargli spiegazioni: "Tu vai!".

Proprio sulla strada che gli era stata indicata, Filippo incontra questo signore, che era il ministro dell'economia della regina di Etiopia.

Quell'uomo adorava Dio e leggeva la Scrittura.

È sempre lo Spirito a suggerire a Filippo di accostarsi a quel carro.

E, di nuovo, lui obbedisce, docile alla parola di Dio.

Gli Atti raccontano che Filippo corse innanzi e udito che leggeva il profeta Isaia, si è sentito di fare la domanda: "Capisci quello che stai leggendo?".

Ma il suo interlocutore gli risponde: "No, come posso capirlo se nessuno me lo spiega!".

E così l'eunuco invita Filippo a salire sul carro e Filippo gli spiega quello che Isaia profetizzava: cioè Gesù Cristo.

Filippo lo evangelizza, gli spiega la salvezza del Vangelo.

Possiamo immaginare che nel dialogo l'etiope facesse domande, Filippo rispondesse e anche lo Spirito lavorasse nel cuore dell'etiope.

È proprio lo Spirito ad offrire il dono della fede: quest'uomo sente qualcosa di nuovo nel suo cuore, che alla vista dell'acqua lo porta a chiedere il Battesimo.

E poi la Scrittura ci dice che pieno di gioia proseguiva la sua strada.

Ecco l'atteggiamento di chi è docile alla voce dello Spirito: la gioia!

Ecco perché è importante dire a se stessi « io vorrei fare qualcosa, questo, ma sento che il Signore mi chiede altro: la gioia la troverò là, dove c'è la chiamata dello Spirito! ».

E la gioia si accompagnerà alla pace, alla tranquillità dell'anima che ha attraversato l'inquietudine, i dubbi, l'amarezza.

( Continua nel prossimo numero )

Federica Santinato