Riflessioni sul Logos dal Vangelo secondo Giovanni  

B352-A4

di mons. Giuseppe Pollano.

Decima serie, con esame del versetto Gv 6,53: « Gesù disse: "In verità, in verità vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell'Uomo e non bevete il suo sangue, non avrete in voi la vita" ».

Mangiare la carne e bere il sangue del Figlio dell'Uomo per avere la vita.

Riassunti dal commento al Prologo e al suddetto testo.

1°) Giudizi diversi sulla vita: ottimistici e pessimistici.

Inclinazione al nichilismo.

Leonardo da Vinci è per l'impegno ottimistico: "Chi non stima la vita non la merita".

Leopardi è per il disprezzo pessimistico: "Amaro e noia. La vita, altro mai nulla" ( cfr A se stesso ).

Voltaire tenta di porla nella felicità: "Dio ci ha dato la vita, tocca a noi darci la bella vita".

Valery inclina al nichilismo: "Dio ha fatto ogni cosa dal nulla, ma il nulla traspare".

Quanto alla mentalità culturale attuale, potremmo intenderla una sorta di invecchiamento interiore, una notevole e generale caduta di speranza.

2°) Definizioni di vita:

a) scientifica;

b) ordinaria.

Insoddisfazione nell'attesa

a) La vita in senso scientifico è intesa come "un flusso continuo che si estende dagli organismi più primitivi attraverso i rami filogenetici ( cioè dell'evoluzione ) fino alla grande varietà delle forme presenti oggi ( cfr. assenso di AA.VV. )

Tale formula è eccellente come sintesi esterna, relativa ai dati visibili e misurabili, ma non coglie il senso profondo del vivere, con riguardo agli interrogativi e alle questioni che esso pone, e che sfuggono alla nostra scelta, prima di tutte quella di essere nati ed esistenti.

b) In senso ordinario viceversa la vita è colta in modo più ampio, come "storia della persona con tutte le sue vicende", per cui non è più semplicemente un dato, ma un fatto di cui siamo protagonisti, con i problemi del nostro essere uomini, desiderosi di significato o di felicità, e non solo organismi viventi.

In tale desiderio, si potrebbe affermare: "Noi non viviamo mai: aspettiamo la vita". ( La Fontain ).

3°) Gesù si autodefinisce – e lo è – la Vita, e vuole comunicarcela.

La vita non è solo nostra, ma va fatta risalire in Dio, che è "Essere assoluto", ed "Essere assoluto a Sé stesso": essenza, autocoscienza, possesso beato di Sé, potenza eterna.

Gesù è vivo di questa vita, e viene a comunicarcela, in una pienezza incorruttibile da attualizzare, superando morte, finitezza, assenza, problematiche, affinchè "abbiamo la vita e l'abbiamo in abbondanza" ( Gv 10,10 ).

Pertanto la nostra vita naturale non è da disprezzare, poiché ha l'attitudine di tendere al significato divino, alla "Vittoria del Logos", la cui luce e amore ci trasformano in Viventi secondo Dio: questa è la conversione cristiana detta "metanoia".

4°) Nostra "conversione" a fronte della "irruenza" dell'amore di Gesù-Vita

La nostra scelta di vita può essere concordante o discordante rispetto all'ideale della Vita divina che Gesù intende comunicarci.

Noi sperimentiamo l'incompatibilità tra "luce" e "tenebre" preannunciata da Giovanni nel prologo del Vangelo.

Nella vicenda terrena di Gesù, l'opporsi all'"irruzione" divina ha avuto il suo momento di successo temporale nella sua uccisione, da intendere come arroccamento dell'uomo nella sola propria realtà.

Ma l'uccisione è stata subita da Gesù, che è la Vita, dandole il valore dell'amore, che è vincente e redentivo, ed è stata vanificata con la sua Risurrezione.

La nostra vita di cristiani è pertanto come "uccisa e risorta", in virtù del Logos fattosi nostro fratello in umanità.

Il credente in Gesù ha il desiderio, per sé e per ogni altro, di animare in Lui, Logos e Vita, la propria esistenza, fino alla mèta della Vivificazione del mondo, ossia il "Gesù Cristo tutto in tutti" ( Col 3,11 ), secondo il disegno del Padre ( Ef 1,10 ).