Ecclesiam suam |
63 Sarà opportunissima cosa che anche il cristiano d'oggi abbia sempre presente questa sua originale e mirabile forma di vita, che lo sostenga nel gaudio della sua dignità e che lo immunizzi dal contagio dell'umana miseria circostante, o dalla seduzione dell'umano splendore parimenti circostante.
64 Ecco come san Paolo medesimo educava i cristiani della prima generazione: Non unitevi a un giogo sconveniente con gli infedeli; poiché che cosa ha a che fare la giustizia coll'iniquità?
e che comunanza v'è tra la luce e le tenebre?… che rapporto tra il fedele e l'infedele? ( 2 Cor 6,14-15 )
La pedagogia cristiana dovrà ricordare sempre all'alunno dei tempi nostri questa sua privilegiata condizione e questo suo conseguente dovere di vivere nel mondo ma non del mondo, secondo il voto stesso sopra ricordato di Gesù a riguardo dei suoi discepoli: Non chiedo che tu li tolga dal mondo, ma che li custodisca dal maligno.
Essi non sono del mondo, come io non sono del mondo. ( Gv 17,15-16 )
E la Chiesa fa proprio tale voto.
65 Ma questa distinzione non è separazione.
Anzi non è indifferenza, non è timore, non è disprezzo.
Quando la Chiesa si distingue dall'umanità non si oppone ad essa, anzi si congiunge.
Come il medico, che, conoscendo le insidie d'una pestilenza, cerca di guardare sé e gli altri da tale infezione, ma nello stesso tempo si consacra alla guarigione di coloro che ne sono colpiti, così la Chiesa non fa della misericordia a lei concessa dalla bontà divina un esclusivo privilegio, non fa della propria fortuna una ragione per disinteressarsi di chi non l'ha conseguita; sì bene della sua salvezza fa argomento d'interesse e di amore per chiunque le sia vicino e per chiunque, nel suo sforzo comunicativo universale, le sia possibile avvicinare.
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