Dominus ac Redemptor

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Breve*

Roma, 21 luglio 1773

Il Papa Clemente XIV. A perpetua memoria.

1 Gesù Cristo, Signore e Redentore Nostro, annunziato dal Profeta quale Principe della pace, come tale, venendo su questa terra, preconizzato dagli Angeli ai Pastori, egli stesso la raccomandò più e più volte ai suoi Discepoli prima di salire al cielo, dopo che ebbe riconciliato ogni cosa a Dio Padre, pacificando col suo Sangue sulla Croce tutto quello che si trova in terra e in cielo.

Agli Apostoli affidò il ministero della riconciliazione, e diede loro il potere della parola per diffonderla, affinché, divenuti ambasciatori di Cristo, il quale non è Dio della discordia, ma d'amore e di pace, l'annunziassero a tutta l'universa terra, e impiegassero tutti i pensieri e le fatiche principalmente in questo: che tutti i generati in Cristo conservassero l'unità dello spirito nel vincolo della pace, considerandosi come un solo corpo ed uno spirito solo, come coloro che sono chiamati ad una stessa speranza di vocazione, alla quale in nessun modo si giunge, come disse San Gregorio Magno, se non si corre incontro ad essa unitamente al nostro prossimo.

2 Questa parola della riconciliazione, ed il relativo ministero che è stato raccomandato a Noi in particolare maniera quando fummo innalzati, senza alcun Nostro merito, a questa sede di Pietro, Ci siamo richiamati alla memoria; dì e notte abbiamo avuto l'una e l'altro davanti agli occhi, e profondamente portandoli impressi nel cuore, procuriamo secondo le Nostre forze di soddisfare ad essi, implorando continuamente l'aiuto di Dio, perché si degni d'infondere in Noi ed in tutto il suo gregge pensieri e consigli di pace, e di aprirci sicura e non fallace strada per conseguirli.

Anzi, di più, ben sapendo che Noi per divino decreto siamo stati stabiliti sopra le nazioni e sopra i regni, affinché nella coltivazione della vigna di Sabaoth e nella conservazione dell'edificio della Cristiana Religione, di cui Cristo è la pietra angolare, Noi svelliamo, distruggiamo, disperdiamo, dissipiamo, edifichiamo e piantiamo, come Ci rendemmo conto che nulla da Noi si doveva omettere per la quiete e la tranquillità della Cristiana Repubblica, purché in qualche guisa fosse adatto al piantare e all'edificare, così fummo sempre pronti con l'animo e la volontà e insieme disposti, richiedendolo il vincolo della vicendevole carità, a svellere e a distruggere anche ciò che potesse esistere di più lieto e di più gradevole per Noi, e di cui non potessimo fare a meno senza grandissima molestia e dolore vivissimo dell'animo Nostro.

3 Non è da porsi in dubbio che, tra le cose che maggiormente conferiscono bene e felicità alla Chiesa cattolica, tengono quasi il primo posto gli Ordini religiosi, dai quali in tutti i tempi derivarono ad essa singolarissimo ornamento, presidio e vantaggio.

Quindi questa Apostolica Sede non solo li approvò e ricoverò sotto le ali della propria protezione, ma anche li arricchì di molti benefici, esenzioni, privilegi e facoltà perché fossero sempre più mossi ed accesi a coltivare la pietà e la Religione, a ben formare i costumi dei popoli con l'istruzione e con l'esempio, e a conservare e a consolidare tra i fedeli l'unità della Fede.

Ma quando sia accaduto che da qualcuno di questi Ordini il popolo cristiano non raccogliesse più quell'abbondanza di frutti e di beni che promettevano al loro inizio, o quando siano apparsi più pronti a fare il danno e la discordia dei popoli, che non la pace e la felicità: questa stessa Apostolica Sede, la quale per la loro costituzione aveva operato ed interposto l'autorità propria, non dubitò di governarli con nuove leggi, o di richiamarli infine all'antica disciplina, o di svellerli e dissiparli completamente.

4 Per questo motivo Innocenzo III, Nostro predecessore, considerato che l'eccessiva varietà degli Ordini regolari induceva a molta confusione nella Chiesa di Dio, nel Concilio generale Lateranense IV solennemente proibì che nessuno, da allora in poi, potesse dar vita a qualche nuovo Ordine, ma chiunque si sentisse chiamato allo stato religioso chiedesse di essere assunto in uno di quelli già approvati.

Decretò inoltre che chi volesse fondare nuove case religiose scegliesse la regola e l'istituzione fra quelle già approvate.

Quindi non fu più permesso di istituire un Ordine nuovo senza la speciale licenza del Romano Pontefice; e ciò a buon diritto, perché, istituendosi nuove Congregazioni per zelo di perfezione maggiore, è conveniente che questa Santa Sede Apostolica esamini prima diligentemente e ponderi la maniera di vita che qualcuno si prefigge, affinché sotto l'apparenza di maggior bene e di vita più santa, non s'introducano nella Chiesa di Dio maggiori scandali e vergogne, e fors'anche danni.

5 Però, malgrado il savio decreto d'Innocenzo III, Nostro predecessore, nei tempi successivi non solo l'importunità dei postulanti strappò alla Sede Apostolica l'approvazione di qualche Ordine regolare, ma l'arrogante temerità di taluno andò altresì inventando una quasi sfrenata moltitudine d'Ordini diversi, particolarmente mendicanti, non ancora approvati.

Intesa tale cosa, intervenne con pronto rimedio Gregorio X, anch'egli Nostro predecessore: rinnovò la Costituzione del suddetto Innocenzo III nel Concilio generale di Lione, vietando con più rigorose pene, che in avvenire s'inventassero nuove regole e nuovi abiti religiosi.

Soppresse gli Ordini mendicanti che erano sorti dopo il Concilio Lateranense IV e che non avevano meritato l'approvazione dell'Apostolica Sede; permise gli approvati, a condizione che i professi vi potessero, volendolo, rimanere, purché da allora in poi non ne ammettessero altri alla professione, né acquistassero nuove case o luoghi di qualsiasi sorte, né quelle o quelli che avevano potessero alienare senza speciale licenza della santa Sede.

E valga il vero: egli riservò tutti quei beni a disposizione della Sede Apostolica per soccorrere i luoghi della Terra santa o i poveri, o per impiegarli ad altri usi pii per mezzo degli Ordinari dei luoghi, o di coloro ai quali la stessa Sede ne avesse dato la commissione.

Vietò assolutamente agl'individui dei medesimi Ordini l'esercizio della predicazione e della confessione nei confronti degli estranei dello stesso Ordine, e anche di tumularli.

Ma in questa Costituzione non volle compresi gli Ordini dei Predicatori e dei Minori, ai quali l'evidente vantaggio che la Chiesa universale ne trae dava il merito dell'approvazione.

Volle ancora che continuassero a vivere gli Ordini degli Eremiti di Sant'Agostino e dei Carmelitani, dato che la loro istituzione precedeva il generale Concilio Lateranense.

Infine, alle singole persone di quegli Ordini ai quali quella Costituzione era indirizzata, concedette generale licenza di passare ad altri Ordini già approvati; con questo, però, che nessun Ordine o convento trasferisse sé ed i propri beni interamente in un altro, senza particolare permesso della Sede Apostolica.

6 Lo stesso indirizzo, secondo le circostanze dei tempi, seguirono altri Romani Pontefici, Nostri predecessori, i cui decreti sarebbe troppo lungo qui riportare.

Tra gli altri Clemente V, Nostro predecessore, con sua Lettera sub plumbo, del 3 maggio dell'anno dell'Incarnazione del Signore 1312, soppresse ed estinse, a seguito della universale disistima nella quale era caduto, l'Ordine militare dei Templari, quantunque legittimamente approvato, e già così benemerito della Repubblica Cristiana, che la Sede Apostolica aveva colmato d'insigni benefici, privilegi, facoltà, esenzioni e licenze.

E ciò, nonostante il Concilio generale Viennese, a cui ne era stato commesso l'esame, avesse stimato opportuno di non pronunziare in proposito formale e definitiva sentenza.

7 San Pio V, Nostro predecessore, la cui insigne santità devotamente onora e venera la Chiesa cattolica, estinse e abolì l'Ordine regolare dei frati Umiliati ( anteriore al Concilio Lateranense ed approvato da Innocenzo III, Onorio III, Gregorio IX, e Niccolò V, Romani Pontefici di felice memoria, e Nostri predecessori ) perché esso mostrava, con la disobbedienza ai decreti apostolici, e con le domestiche ed esterne discordie, che per l'avvenire non si poteva più sperarne esempi di virtù, e perché alcuni membri di tale Ordine avevano scelleratamente attentato alla vita di San Carlo Borromeo, Cardinale della Santa Romana Chiesa e protettore e visitatore apostolico del loro Ordine.

8 Urbano VIII, di felice memoria, Nostro predecessore, con sua Lettera in forma di Breve il 6 febbraio 1626 soppresse in perpetuo ed estinse la Congregazione dei frati Conventuali Riformati, solennemente approvata da Sisto V, Nostro predecessore, e dotata di molti benefici e favori, perché appunto dai predetti frati la Chiesa di Dio non aveva ricevuto buoni frutti spirituali, ma, per contro, fra loro e i non Riformati erano sorte moltissime dispute.

Le case, i conventi, i luoghi, la suppellettile, i beni, le cose, le azioni e i diritti appartenenti alla predetta Congregazione volle che passassero in assegnazione all'Ordine dei frati Minori di San Francesco, Conventuali, eccettuate la Casa di Napoli e la Casa di Sant'Antonio da Padova in Roma, che incorporò nella Camera Apostolica, e riservò a disposizione propria e dei suoi successori: infine permise ai frati della detta Congregazione soppressa di passare a quella dei frati di San Francesco Cappuccini, o a quella degli Osservanti.

9 Lo stesso Urbano VIII, con altra sua Lettera in forma di Breve, il 2 dicembre 1643 soppresse in perpetuo, estinse ed abolì l'Ordine regolare dei Santi Ambrogio e Barnaba al Bosco, sottoponendo i Regolari di quest'Ordine alla giurisdizione e al governo degli Ordinari dei luoghi, e concedendo loro di far passaggio ad altri Ordini regolari, approvati dall'Apostolica Sede.

Innocenzo X confermò poi solennemente tale soppressione con Lettera sub plumbo il primo aprile dell'anno 1645; anzi ridusse e dichiarò secolari i benefici, le case e i monasteri del predetto Ordine, che in precedenza erano regolari.

10 Innocenzo X, Nostro predecessore, con Lettera in forma di Breve del 16 marzo 1645, tenuto conto delle gravi turbolenze verificatesi tra i regolari dell'Ordine dei Poveri della Madre di Dio delle Scuole Pie, nonostante tale Ordine fosse stato solennemente approvato dopo maturo esame dal Nostro predecessore Gregorio XV, ridusse quell'Ordine regolare a semplice Congregazione senza l'emissione di alcun voto, a norma dell'Istituto della Congregazione dei Preti secolari dell'Oratorio di San Filippo Neri, stabiliti in Roma nella Chiesa di Santa Maria in Vallicella: ai regolari di tale Ordine, così ridotto, concedette il passaggio a qualunque altra Religione approvata; interdisse l'introduzione di novizi e la professione dei già ammessi; infine trasferì agli Ordinari dei luoghi il potere e la giurisdizione che risiedevano presso il ministro generale, i visitatori e i superiori di qualunque rango.

Tutti questi provvedimenti restarono in vigore per alcuni anni, fino a quando questa Sede Apostolica, riconosciuta l'utilità del predetto Istituto, lo richiamò alla precedente forma dei voti solenni, e lo dichiarò Ordine regolare perfetto.

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* Il Pontefice decreta la soppressione e l'estinzione della Compagnia di Gesù