Ministero e vita dei Diaconi permanenti

Direttorio per il Ministero e la vita dei Diaconi Permanenti

I - Lo statuto giuridico del Diacono

1. Il diacono ministro sacro

Il diaconato ha la sua sorgente nella consacrazione e nella missione di Cristo, delle quali il diacono viene chiamato a partecipare.1

Mediante l'imposizione delle mani e la preghiera consacratoria egli viene costituito ministro sacro, membro della gerarchia.

Questa condizione determina il suo stato teologico e giuridico nella Chiesa.

2. L'incardinazione

Al momento dell'ammissione tutti i candidati dovranno esprimere chiaramente e per iscritto l'intenzione di servire la Chiesa2 per tutta la vita in una determinata circoscrizione territoriale o personale oppure in un Istituto di Vita consacrata, in una Società di Vita apostolica, che abbiano facoltà di incardinare.3

L'accettazione scritta di tale richiesta è riservata a chi ha la facoltà di incardinare, e determina chi è l'Ordinario del candidato.4

L'incardinazione è un vincolo giuridico che ha valore ecclesiologico e spirituale in quanto esprime la dedicazione ministeriale del diacono alla Chiesa.

3. Un diacono, già incardinato in una circoscrizione ecclesiastica, può essere incardinato in un'altra circoscrizione a norma del diritto.5

Il diacono, che, per giusti motivi, desidera esercitare il ministero in una diocesi diversa da quella di incardinazione, deve ottenere l'autorizzazione scritta dei due vescovi.

I vescovi favoriscano i diaconi della loro diocesi che intendono mettersi a disposizione delle Chiese che soffrono per scarsità di clero, sia in forma definitiva, sia a tempo determinato, e, in particolare, quelli che chiedono di dedicarsi, premessa una specifica accurata preparazione, alla missione ad gentes.

I necessari rapporti saranno regolati, con idonea convenzione, tra i vescovi interessati.6

È dovere del vescovo seguire con particolare sollecitudine i diaconi della sua diocesi.7

Egli vi provvederà personalmente o tramite un sacerdote suo delegato, rivolgendosi con premura speciale verso coloro che, per la loro situazione di vita, si trovano in particolari difficoltà.

4. Il diacono incardinato in un Istituto di Vita Consacrata o in una Società di Vita Apostolica, eserciterà il suo ministero sotto la potestà del vescovo in tutto ciò che riguarda la cura pastorale e l'esercizio pubblico del culto divino e le opere di apostolato, restando anche soggetto ai propri superiori, secondo le loro competenze e mantenendosi fedele alla disciplina della comunità di riferimento.8

In caso di trasferimento ad altra comunità di diversa diocesi, il superiore dovrà presentare il diacono all'Ordinario per avere da questi la licenza all'esercizio del ministero, secondo le modalità che essi stessi determineranno con sapiente accordo.

5. La vocazione specifica del diacono permanente suppone la stabilità in quest'ordine.

Pertanto, un eventuale passaggio al presbiterato di diaconi permanenti non uxorati o rimasti vedovi sarà sempre una rarissima eccezione, possibile soltanto quando speciali e gravi ragioni lo suggeriscono.

La decisione di ammissione all'Ordine del Presbiterato spetta al proprio Vescovo diocesano, se non ci sono altri impedimenti riservati alla Santa Sede.9

Data però l'eccezionalità del caso, è opportuno che egli consulti previamente la Congregazione per l'Educazione Cattolica per ciò che riguarda il programma di preparazione intellettuale e teologica del candidato e la Congregazione per il Clero, circa il programma di preparazione pastorale e le attitudini del diacono al ministero presbiterale.

6. Fraternità sacramentale

I diaconi, in virtù dell'ordine ricevuto, sono uniti tra loro da fraternità sacramentale.

Essi operano tutti per la stessa causa: l'edificazione del Corpo di Cristo, sotto l'autorità del Vescovo, in comunione con il Sommo Pontefice.10

Ciascun diacono si senta legato ai confratelli con il vincolo della carità, della preghiera, dell'obbedienza attorno al proprio Vescovo, dello zelo ministeriale e della collaborazione.

È bene che i diaconi, con l'assenso del Vescovo e in presenza del Vescovo stesso o del suo delegato, si riuniscano periodicamente per verificare l'esercizio del proprio ministero, scambiarsi esperienze, proseguire la formazione, stimolarsi vicendevolmente nella fedeltà.

I suddetti incontri fra diaconi permanenti possono costituire un punto di riferimento anche per i candidati all'ordinazione diaconale.

Spetta al Vescovo del luogo alimentare nei diaconi operanti in diocesi uno « spirito di comunione », evitando il formarsi di quel « corporativismo », che influì nella scomparsa del diaconato permanente nei secoli passati.

7. Obblighi e diritti

Lo statuto del diacono comporta anche un insieme di obblighi e diritti specifici, a tenore dei cann. 273-283 del Codice di Diritto Canonico, riguardanti gli obblighi e i diritti dei chierici, con le peculiarità ivi previste per i diaconi.

8. Il Rito dell'ordinazione del diacono prevede la promessa di obbedienza al Vescovo: « Prometti a me e ai miei successori filiale rispetto e obbedienza? ».11

Il diacono, promettendo obbedienza al Vescovo, assume come modello Gesù, l'uomo obbediente per eccellenza ( cf Fil 2,5-11 ), sul cui esempio caratterizzerà la propria obbedienza nell'ascolto ( cf Eb 10,5ss; Gv 4,34 ) e nella radicale disponibilità ( cf Lc 9,54ss; Lc 10,1ss ).

Egli, perciò, si impegna anzitutto con Dio ad agire in piena conformità alla volontà del Padre; nello stesso tempo si impegna anche con la Chiesa, che ha bisogno di persone pienamente disponibili.12

Nella preghiera e nello spirito di orazione di cui deve essere intriso, il diacono approfondirà quotidianamente il dono totale di sé, come ha fatto il Signore « fino alla morte e alla morte di croce » ( Fil 2,8 ).

Questa visione dell'obbedienza predispone nell'accoglimento delle concrete specificazioni dell'obbligo assunto dal diacono con la promessa fatta nell'ordinazione, secondo quanto previsto dalla legge della Chiesa: « I chierici, se non sono scusati da un impedimento legittimo, sono tenuti ad accettare e adempiere fedelmente l'incarico loro affidato dal proprio Ordinario ».13

Il fondamento dell'obbligo sta nella partecipazione stessa al ministero episcopale, conferita dal sacramento dell'Ordine e dalla missione canonica.

L'ambito dell'obbedienza e della disponibilità è determinato dallo stesso ministero diaconale e da tutto ciò che ha relazione oggettiva, diretta e immediata con esso.

Al diacono, nel decreto di conferimento dell'ufficio, il Vescovo attribuirà compiti corrispondenti alle capacità personali, alla condizione celibataria o familiare, alla formazione, all'età, alle aspirazioni riconosciute come spiritualmente valide.

Saranno anche definiti l'ambito territoriale o le persone alle quali sarà indirizzato il servizio apostolico; sarà, pure, specificato se l'ufficio è a tempo pieno o parziale, e quale presbitero sarà responsabile della « cura animarum » pertinente all'ambito dell'ufficio.

9. Dovere dei chierici è vivere nel vincolo della fraternità e della preghiera, impegnandosi nella collaborazione tra loro e con il Vescovo, riconoscendo e promuovendo anche la missione dei fedeli laici nella Chiesa e nel mondo,14 conducendo uno stile di vita sobrio e semplice, che si apra alla « cultura del dare » e favorisca una generosa condivisione fraterna.15

10. I diaconi permanenti non sono tenuti a portare l'abito ecclesiastico, come, invece, lo sono i diaconi candidati al presbiterato,16 per i quali valgono le stesse norme previste ovunque per i presbiteri.17

I membri degli Istituti di Vita consacrata e le Società di Vita apostolica si atterranno a quanto disposto per loro dal Codice di Diritto Canonico.18

11. La Chiesa riconosce nel proprio ordinamento canonico il diritto dei diaconi ad associarsi fra di loro, per favorire la loro vita spirituale, per esercitare opere di carità e di pietà e per conseguire altri fini, in piena conformità con la loro consacrazione sacramentale e la loro missione.19

Ai diaconi, come agli altri chierici, non è consentita la fondazione, l'adesione e la partecipazione ad associazioni, o raggruppamenti di qualsiasi genere, anche civili, incompatibili con lo stato clericale, o che ostacolino il diligente compimento del loro ministero.

Eviteranno anche tutte quelle associazioni che, per loro natura, finalità e metodi di azione sono di nocumento alla piena comunione gerarchica della Chiesa; quelle, ancora, che arrecano danno all'identità diaconale e all'adempimento dei doveri, che i diaconi esercitano a servizio del popolo di Dio; quelle, infine, che complottano contro la Chiesa.20

Sarebbero del tutto inconciliabili con lo stato diaconale quelle associazioni che intendessero riunire i diaconi, con una pretesa di rappresentatività, in una specie di corporazione, o di sindacato o, comunque, in gruppi di pressione, riducendo, di fatto, il loro sacro ministero a professione o mestiere, paragonabili a funzioni di carattere profano.

Inoltre, sarebbero incompatibili associazioni che, in qualche modo, snaturassero il rapporto diretto e immediato che ogni diacono ha con il proprio Vescovo.

Tali associazioni sono vietate perché risultano dannose all'esercizio del sacro ministero diaconale, che rischia di essere considerato come prestazione subordinata, e introducono, così, un atteggiamento di contrapposizione ai sacri pastori, considerati unicamente come datori di lavoro.21

Si tenga presente che nessuna associazione privata può essere riconosciuta come ecclesiale senza la previa recognitio degli statuti da parte della competente autorità ecclesiastica;22 che la stessa autorità ha il diritto-dovere di vigilanza sulla vita delle associazioni e sul conseguimento delle finalità statutarie.23

I diaconi, provenienti da associazioni o movimenti ecclesiali, non siano privati delle ricchezze spirituali di tali aggregazioni, nelle quali possono continuare a trovare aiuto e sostegno per la loro missione a servizio della Chiesa particolare.

12. L'eventuale attività professionale o lavorativa del diacono ha un significato diverso da quella del fedele laico.24

Nei diaconi permanenti il lavoro rimane collegato al ministero; essi, pertanto, terranno presente che i fedeli laici, per loro missione specifica, sono « particolarmente chiamati a rendere presente e operosa la Chiesa in quei luoghi e in quelle circostanze, in cui essa non può diventare sale della terra se non per loro mezzo ».25

La vigente disciplina della Chiesa non proibisce ai diaconi permanenti di assumere ed esercitare una professione con esercizio di potere civile, né di impegnarsi nell'amministrazione di beni temporali ed esercitare uffici secolari con obbligo di rendiconto, in deroga a quanto previsto per gli altri chierici.26

Poiché tale deroga può risultare non opportuna, è previsto che il diritto particolare possa determinare diversamente.

Nell'esercizio delle attività commerciali e degli affari27 - consentito ai diaconi se non ci sono diverse quanto opportune previsioni del diritto particolare - sarà dovere dei diaconi dare buona testimonianza di onestà e di correttezza deontologica, anche nell'osservanza degli obblighi di giustizia e delle leggi civili che non siano in opposizione al diritto naturale, al Magistero, alle leggi della Chiesa e alla sua libertà.28

Questa deroga non si applica ai diaconi appartenenti ad Istituti di vita consacrata e Società di vita apostolica.29

I diaconi permanenti, comunque, avranno sempre cura di valutare ogni cosa con prudenza, chiedendo consiglio al proprio Vescovo, soprattutto nelle situazioni e nei casi più complessi.

Talune professioni, pur oneste e utili alla comunità - se esercitate da un diacono permanente - potrebbero risultare, in determinate situazioni, difficilmente compatibili con le responsabilità pastorali proprie del suo ministero.

L'autorità competente, pertanto, tenendo presente le esigenze della comunione ecclesiale e la fruttuosità dell'azione pastorale al servizio di essa, valuti prudentemente i singoli casi, anche quando si verifichi un cambiamento di professione dopo l'ordinazione diaconale.

In casi di conflitto di coscienza, i diaconi non possono non agire, seppur con grave sacrificio, in conformità alla dottrina e alla disciplina della Chiesa.

13. I diaconi, in quanto ministri sacri, devono dare priorità al ministero e alla carità pastorale, favorendo « in sommo grado il mantenimento, fra gli uomini, della pace e della concordia ».30

L'impegno di militanza attiva nei partiti politici e nei sindacati può essere consentito in situazioni di particolare rilevanza per « la difesa dei diritti della Chiesa o la promozione del bene comune »,31 secondo le disposizioni emanate dalle Conferenze Episcopali;32 rimane, comunque, fermamente proibita, in ogni caso, la collaborazione a partiti e forze sindacali, che si fondano su ideologie, prassi e coalizioni incompatibili con la dottrina cattolica.

14. Il diacono, di norma, per allontanarsi dalla diocesi « per un tempo notevole », secondo le specificazioni del diritto particolare, dovrà avere l'autorizzazione del proprio Ordinario o Superiore maggiore.33

15. Sostentamento e previdenza

I diaconi impegnati in attività professionali devono mantenersi con gli utili da esse derivanti.34

È del tutto legittimo che quanti si dedicano pienamente al servizio di Dio nello svolgimento di uffici ecclesiastici35 siano equamente remunerati, dato che « l'operaio è degno della sua mercede » ( Lc 10,7 ) e che « il Signore ha disposto che quelli che annunziano il Vangelo vivano del Vangelo » ( 1 Cor 9,14 ).

Ciò non esclude che, come già faceva l'apostolo Paolo ( cf 1 Cor 9,12 ), non si possa rinunciare a questo diritto e provvedere diversamente al proprio sostentamento.

Non è facile fissare norme generali e vincolanti per tutti riguardo al sostentamento, data la grande varietà di situazioni che si hanno tra i diaconi, nelle diverse Chiese particolari e nei diversi paesi.

In questa materia, inoltre, vanno tenuti presenti anche gli eventuali accordi stipulati dalla Santa Sede e dalle Conferenze Episcopali con i governi delle nazioni.

Si rinvia, perciò, al diritto particolare per le opportune determinazioni.

16. I chierici, in quanto dedicati in modo attivo e concreto al ministero ecclesiastico, hanno diritto al sostentamento, che comprende « una rimunerazione adeguata »36 e l'assistenza sociale.37

In riferimento ai diaconi coniugati il Codice di Diritto Canonico così dispone: « I diaconi coniugati, che si dedicano a tempo pieno al ministero ecclesiastico, siano rimunerati in modo da essere in grado di provvedere al proprio sostentamento e a quello della famiglia; quanti ricevono una rimunerazione per la professione civile che esercitano o hanno esercitato, provvedano ai loro bisogni e a quelli della propria famiglia con i redditi provenienti da tale rimunerazione ».38

Nello stabilire che la rimunerazione deve essere « adeguata », sono anche enunciati i parametri per determinare e valutare la misura della rimunerazione: condizione della persona, natura dell'ufficio esercitato, circostanze di luogo e di tempo, necessità della vita del ministro ( comprese quelle della sua famiglia, se coniugato ), giusta retribuzione per le persone che, eventualmente, fossero al suo servizio.

Si tratta di criteri generali, che si applicano a tutti i chierici.

Per provvedere al « sostentamento dei chierici che prestano servizio a favore della diocesi », in ogni Chiesa particolare deve essere costituito un istituto speciale, che a tale scopo « raccolga i beni e le offerte ».39

L'assistenza sociale in favore dei chierici, se non è stato provveduto diversamente, è affidata ad altro apposito istituto.40

17. I diaconi celibi, dediti al ministero ecclesiastico in favore della diocesi a tempo pieno, se non godono di altra fonte di sostentamento, hanno diritto essi pure alla remunerazione, secondo il principio generale.41

18. I diaconi sposati, che si dedicano a tempo pieno al ministero ecclesiastico senza percepire da altra fonte alcun compenso economico, devono essere remunerati in modo da essere in grado di provvedere al proprio sostentamento e a quello della famiglia,42 in conformità al suddetto principio generale.

19. I diaconi sposati, che si dedicano a tempo pieno o a tempo parziale al ministero ecclesiastico, se ricevono una remunerazione per la professione civile, che esercitano o hanno esercitato, sono tenuti a provvedere ai loro bisogni e a quelli della propria famiglia con i redditi provenienti da tale remunerazione.43

20. Spetta al diritto particolare regolare con opportune norme altri aspetti della complessa materia, stabilendo, ad esempio, che gli enti e le parrocchie, che beneficiano del ministero di un diacono, hanno l'obbligo di rimborsare le spese vive, da questi sostenute, per lo svolgimento del ministero.

Il diritto particolare può, inoltre, definire quale onere debba assumersi la diocesi nei confronti del diacono che, senza colpa, venisse a trovarsi privo di lavoro civile.

Parimenti, sarà opportuno precisare le eventuali obbligazioni economiche della diocesi nei confronti della moglie e dei figli del diacono sposato deceduto.

Dov'è possibile, è opportuno che il diacono aderisca, prima dell'ordinazione, ad una mutua che preveda questi casi.

21. Perdita dello stato di diacono

Il diacono è chiamato a vivere con generosa dedizione e sempre rinnovata perseveranza l'ordine ricevuto, fiducioso nella perenne fedeltà di Dio.

La sacra ordinazione, una volta validamente ricevuta, mai diviene nulla.

Tuttavia, la perdita dello stato clericale avviene in conformità a quanto previsto dalla normativa canonica.44

Indice

1 Cf Cost. dogm. Lumen gentium, 28a
2 Cf C.I.C., can. 1034, § 1;
Paolo VI, Lett. ap. Ad pascendum, I, a
3 Cf ibidem, cann. 265-266
4 Cf ibidem, can. 1034, § 1, can. 1016, can. 1019;
Cost. ap. Spirituali militum curae, VI, §§ 3-4;
C.I.C., can. 295, § 1
5 Cf ibidem, cann. 267-268 § 1
6 Cf ibidem, can. 271
7 Cf Paolo VI, Lett. ap. Sacrum Diaconatus Ordinem, VI, 30
8 Cf C.I.C., can. 678 §§ 13; can. 715; can. 738;
cf anche Paolo VI, Lett. ap. Sacrum Diaconatus Ordinem, VII, 33-35
9 Cf Segreteria di Stato, Lettera al Cardinale Prefetto della Sacra Congregazione per i Sacramenti e il Culto Divino, Prot. N. 122.735, del 3 gennaio 1984
10 Cf Decr. Christus Dominus, n. 15;
Paolo VI, Lett. ap. Sacrum Diaconatus Ordinem, 23
11 Pontificale Romanum – De Ordinatione Episcopi, Presbyterorum et Diaconorum, n. 201, Editio typica altera, Typis Polyglottis Vaticanis 1990, p. 110;
cf anche C.I.C., can. 273
12 « … Chi fosse dominato da una mentalità di contestazione, o di opposizione all'autorità, non potrebbe adempiere adeguatamente alle funzioni diaconali.
Il diaconato non può essere conferito che a coloro che credono al valore della missione pastorale del vescovo e del presbitero, e all'assistenza dello Spirito Santo che li guida nella loro attività e nelle loro decisioni.
In particolare va ripetuto che il diacono deve « professare al vescovo riverenza ed obbedienza » …
Il servizio del diacono è rivolto, poi, alla propria comunità cristiana e a tutta la Chiesa, per la quale non può non nutrire un profondo attaccamento, a motivo della sua missione e della sua istituzione divina » ( Giovanni Paolo II, Catechesi nell'Udienza generale, [ 20 ottobre 1993 ] )
13 C.I.C., can. 274, § 2
14 « … tra i compiti del diacono vi è quello di « promuovere e sostenere le attività apostoliche dei laici ».
In quanto presente e inserito più del sacerdote negli ambiti e nelle strutture secolari, egli si devesentire incoraggiato a favorire l'avvicinamento tra il ministero ordinato e le attività dei laici, nel comune servizio al Regno di Dio » ( Giovanni Paolo II, Catechesi nell'Udienza generale, [ 13 ottobre 1993 ]
15 Cf C.I.C., can. 282
16 Cf ibidem, can. 288, in riferimento al can. 284
17 Cf ibidem, can. 284;
Congregazione per il Clero, Direttorio per il ministero e la vita dei presbiteri Tota Ecclesia, n. 66, ( 31 gennaio 1994 );
Pontificio Consiglio per l'Interpretazione dei Testi Legislativi, chiarimento circa il valore vincolante dell'art. 66 ( 22 ottobre 1994 ): Rivista « Sacrum Ministerium », 2 (1995), p. 263
18 Cf C.I.C., can. 669
19 Cf ibidem, can. 278, §§ 1-2, in esplicitazione del can. 215
20 Cf ibidem, can. 278, § 3 e can. 1374;
ed anche Conferenza Episcopale Tedesca, Dichiar. « Chiesa cattolica e massoneria », 28 febbraio 1980
21 Cf Congregazione per il Clero, Dichiar. Quidam Episcopi, IV ( 8 marzo 1982 ): AAS 74 (1982), pp. 642-645
22 Cf C.I.C., can. 299, § 3; can. 304
23 Cf ibidem, can. 305
24 Cf Giovanni Paolo II, ai Vescovi dello Zaïre in Visita « ad Limina », n. 4 ( 30 aprile 1983 );
Allocuzione ai Diaconi permanenti ( 16 marzo 1985 );
cf anche Allocuzione per l'ordinazione di otto nuovi Vescovi a Kinshasa, 3-5 ( 4 maggio 1980 );
Catechesi nell'udienza generale ( 6 ottobre 1993 )
25 Cost. dogm. Lumen gentium, 33;
cf anche C.I.C., can. 225
26 Cf C.I.C., can. 288, in riferimento al can. 285, §§ 3-4
27 Cf ibidem, can. 288, in riferimento al can. 286
28 Cf ibidem, can. 222, § 2 ed anche can. 225, § 2
29 Cf ibidem, can. 672
30 Ibidem, can. 287, § 1
31 Cf C.I.C., can. 287, § 2
32 Ibidem, can. 288
33 Cf ibidem, can. 283
34 Cf Paolo VI, Lett. ap. Sacrum Diaconatus Ordinem, 21
35 Cf C.I.C., can. 281
36 « Ai chierici, in quanto si dedicano al ministero ecclesiastico, spetta una rimunerazione adeguata alla loro condizione, tenendo presente sia la natura dell'ufficio, sia le circostanze di luogo e di tempo, perché con essa possano provvedere alle necessità della propria vita e alla giusta retribuzione di chi è al loro servizio » ( C.I.C., can. 281, § 1 )
37 « Così pure occorre fare in modo che usufruiscano della previdenza sociale con cui sia possibile provvedere convenientemente alle loro necessità in caso di malattia, di invalidità o di vecchiaia » ( C.I.C., can. 281, § 2 )
38 C.I.C., can. 281, § 3.
Con il termine rimunerazione nel diritto canonico si vuole indicare, a differenza dal diritto civile, più che lo stipendio in senso tecnico, il compenso atto a consentire un onesto e congruo sostentamento del ministro, quando tale compenso è dovuto per giustizia
39 Ibidem, can. 1274, § 1
40 Ibidem, can. 1274, § 2
41 Cf ibidem, can. 281, § 1
42 Cf ibidem, can. 281, § 3
43 Cf ibidem, can. 281, § 3
44 Cf ibidem, cann. 290-293