Accogliere Cristo nei rifugiati

Indice

Introduzione

1. Il fenomeno della mobilità umana oggi implica spesso sofferenze causate dall'inevitabile sradicamento dal proprio Paese.

Ogni persona ha "il diritto a non emigrare, a vivere cioè in pace e dignità nella propria Patria".1

Tuttavia ci sono persone costrette a spostarsi a causa di persecuzione, calamità naturali, disastri ambientali o altri fattori che provocano difficoltà estreme, incluso il pericolo per la propria vita.

Altre decidono di lasciare la propria patria perché non riescono più a vivervi con dignità, mentre altre ancora cercano semplicemente migliori opportunità di vita all'estero.

C'è perciò differenza tra migranti, rifugiati o richiedenti asilo.

Essa deve essere mantenuta nonostante vi siano flussi di migrazione "misti", all'interno dei quali diventa difficile fare distinzione tra richiedenti asilo classicamente definiti, quanti necessitano di altri tipi di protezione o aiuto, e coloro che semplicemente traggono vantaggio dal flusso migratorio.

I rifugiati e le altre persone costrette ad uscire dal loro Paese hanno sempre sfidato le Comunità cristiane, non soltanto a riconoscere Cristo nello straniero e nel bisognoso, ma anche ad accoglierlo.

Ciò significa "impegnarsi nella realizzazione di un autentico sviluppo umano integrale ispirato ai valori della carità nella verità." ( CiV 67 ).2

Nel corso dei due passati millenni, i Cristiani, singoli e comunità, hanno preso a cuore e cercato di porre in atto in molti modi concreti il messaggio racchiuso nella scena del Giudizio Universale ( cfr Mt 25,31-46 ).3

2. Essendoci lasciati alle spalle quello che è stato definito il "secolo dei rifugiati", possiamo affermare che il servizio della Chiesa ha inciso positivamente sulla vita di milioni di persone emarginate e disprezzate.

Mentre il nuovo millennio inizia, lo specifico contributo pastorale della Chiesa a favore dei rifugiati e di altre persone forzatamente sradicate è più che mai necessario.

Nonostante, infatti, le statistiche sulla popolazione rifugiata possano crescere o decrescere, le condizioni che causano migrazioni forzate sono aumentate invece di diminuire.

3. La Chiesa ha il dovere e la responsabilità di portare il Vangelo fino agli estremi confini della terra.

Nella persona di Gesù Cristo, il Regno di Dio è stato reso visibile e tangibile all'umanità e i Cristiani, con parole e opere, continuano a proclamare la buona novella della salvezza, in particolare ai poveri.

Certamente tra i più negletti ci sono i rifugiati e le altre persone forzatamente sradicate.

Molto spesso, attraverso l'azione ispirata dal Vangelo e condotta con grande generosità e sacrificio personale da Agenzie o da singoli individui collegati alla Chiesa, si giunge a conoscere l'amore di Cristo e la forza trasformatrice della sua grazia in queste situazioni che sono, di per sé, assai frequentemente disperate.

4. Il Regno di Dio è in verità presente nel nostro mondo ( cfr Lumen Gentium 3 e n. 5 ), ma i discepoli di Cristo hanno il dovere e l'opportunità di diffonderlo a tutte le nazioni ( cfr Mt 28,19-20 ) fino alla parusia, quando Dio sarà tutto in tutti ( cfr 1 Cor 15,28 ).

Fino a quel momento dobbiamo essere strumenti della crescita del Regno di Dio da piccolo seme di senapa a grande albero ( cfr Mt 13,31-32 ).

Sarà dunque possibile vincere il male con il bene e la divisione con la riconciliazione, fino a quando il Signore verrà nella gloria.

Infatti, "secondo la sua promessa noi aspettiamo nuovi cieli e una terra nuova, nei quali avrà stabile dimora la giustizia" ( 2 Pt 3,13 ).

5. Nel frattempo, nel suo impegno verso i rifugiati e le altre persone forzate allo sradicamento, la Chiesa è guidata essenzialmente dalle Sacre Scritture, dalla Tradizione e dal Magistero e, per quanto concerne le questioni sociali, dai "principi permanenti" della sua Dottrina Sociale che "costituiscono i veri e propri cardini dell'insegnamento sociale cattolico: si tratta del principio della dignità della persona umana … nel quale ogni altro principio e contenuto della dottrina sociale trova fondamento, del bene comune, della sussidiarietà e della solidarietà".4

Se tale somma dignità della persona umana, dono di Dio, è violata, allora tutti i membri del Corpo di Cristo soffrono e di conseguenza sono chiamati a vedere, ad agire e a correggere questo male e peccato.

6. Papa Benedetto XVI afferma che "la carità è la via maestra della dottrina sociale della Chiesa" ( CiV 2 ).

Questo dono soprannaturale, che è "la principale forza propulsiva per il vero sviluppo di ogni persona e dell'umanità intera" ( ibid. 1 ), spinge i Cristiani a impegnarsi attivamente a favore dei più vulnerabili, cosicché, unendo i loro sforzi a quelli di altri uomini e donne di buona volontà, possano aiutare a dare una soluzione alla misera condizione in cui essi vivono.

7. Con questo documento noi desideriamo sensibilizzare tutti i Cristiani, pastori e fedeli, ai loro doveri verso i rifugiati e le altre persone forzatamente sradicate.

Invitiamo ciascuno di essi a farsi braccio della Chiesa nel prendersi costante cura delle sofferenze e delle necessità, sia spirituali che materiali, di queste persone.5

Sentiamo inoltre indispensabile invitare l'intera comunità ecclesiale ad assumersi seriamente le sue responsabilità in questo ambito, fornendo un servizio organizzato e ordinato alle persone forzatamente sradicate.6

Questo documento costituisce anche un invito alla collaborazione e al coinvolgimento di tutta la comunità internazionale, senza la quale sarebbe difficile, se non impossibile, dare una soluzione duratura alle gravi questioni che vi sono trattate.

La sollecitudine della Chiesa verso i rifugiati e le altre persone forzatamente sradicate

8. Un segno d'amore

"Se uno dicesse: « Io amo Dio », e odiasse il suo fratello, è un mentitore.

Chi infatti non ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio che non vede" ( 1 Gv 4,20 ).

Papa Benedetto XVI spiega questo "collegamento inscindibile tra amore di Dio e amore del prossimo" dicendo che "l'affermazione dell'amore di Dio diventa una menzogna, se l'uomo si chiude al prossimo o addirittura lo odia … l'amore per il prossimo è una strada per incontrare anche Dio, e … il chiudere gli occhi di fronte al prossimo rende ciechi anche di fronte a Dio" ( Dce 16 ).

9. L'umanità, un'unica famiglia

"La predicazione e l'opera di mediazione fra le diverse culture e il Vangelo, operata da Paolo, « migrante per vocazione »",7 lo ha spinto ad affermare, nell'Areopago di Atene, che "il Dio che ha fatto il mondo e tutto ciò che contiene … creò da uno solo tutte le nazioni degli uomini, perché abitassero su tutta la faccia della terra" ( At 17,24-26 ).

Questo implica che "grazie alla comune origine il genere umano forma una unità" ( CCC 360 ).

Più avanti nel suo discorso, San Paolo afferma che tutti gli esseri umani hanno la loro esistenza in Dio "come anche alcuni dei vostri poeti hanno detto: « Poiché di lui stirpe noi siamo ».

Essendo noi dunque stirpe di Dio …" ( At 17,28-29 ).

10. L'umanità, pertanto, costituisce un'unica famiglia; dunque uomini e donne sono fratelli e sorelle in umanità e sono anche destinati a esserlo, per grazia, nel Figlio di Dio, Gesù Cristo.

Da questa prospettiva possiamo dire che i rifugiati, i migranti, gli itineranti e la popolazione locale formano tutti una sola famiglia.

Pertanto, la solidarietà umana e la carità non devono escludere alcuna persona, cultura o popolo ( cfr CCC 361 ).

I più vulnerabili non sono semplicemente coloro che versano in situazione di bisogno verso cui benignamente compiamo un atto di solidarietà, ma sono membri della nostra famiglia con i quali abbiamo il dovere di condividere le risorse di cui disponiamo.

11. Il Corpo Mistico di Cristo

Coloro che sono battezzati appartengono gli uni agli altri in un rapporto ancora più stretto di quello derivante dai legami che esistono tra i membri di una famiglia poiché formano parte di un solo Corpo, come San Paolo scrisse ai Corinzi, "ora voi siete corpo di Cristo e sue membra, ciascuno per la sua parte" ( 1 Cor 12,27 ).

"Come infatti il corpo, pur essendo uno, ha molte membra e tutte le membra, pur essendo molte, sono un corpo solo, così anche Cristo.

E in realtà noi tutti siamo stati battezzati in un solo Spirito per formare un solo corpo" ( 1 Cor 12,12-13 ).

12. Un solo Pane, un solo Corpo

Inoltre, "nella comunione sacramentale io vengo unito al Signore come tutti gli altri comunicanti …

L'unione con Cristo è allo stesso tempo unione con tutti gli altri ai quali Egli si dona.

Io non posso avere Cristo solo per me; posso appartenergli soltanto in unione con tutti quelli che sono diventati o diventeranno suoi …

Diventiamo « un solo corpo », fusi insieme in un'unica esistenza.

Amore per Dio e amore per il prossimo sono ora veramente uniti: il Dio incarnato ci attrae tutti a se" ( Dce 14 ).

Questo è il destino al quale Dio chiama l'intera umanità, ricapitolando in Cristo tutte le cose ( cfr Ef 1,10 ).

13. Gesù Cristo presente nei rifugiati e nelle altre persone forzatamente sradicate

Nel Vangelo di Matteo, l'evangelista narra la scena del Giudizio Universale.

Coloro che saranno invitati a entrare nel regno di Dio chiederanno: "Signore, quando mai ti abbiamo veduto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, assetato e ti abbiamo dato da bere?

Quando ti abbiamo visto forestiero e ti abbiamo ospitato, o nudo e ti abbiamo vestito?

E quando ti abbiamo visto ammalato o in carcere e siamo venuti a visitarti?" ( Mt 25,37-39 ).

La risposta sarà: "Ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me" ( Mt 25,40 ).

Allo stesso modo coloro che saranno mandati via chiederanno: "Signore, quando mai ti abbiamo visto affamato o assetato o forestiero o nudo o malato o in carcere e non ti abbiamo assistito?" ( Mt 25,44 ).

Essi riceveranno la seguente risposta: "Ogni volta che non avete fatto queste cose a uno di questi miei fratelli più piccoli, non l'avete fatto a me " ( Mt 25,45 ).

14. In effetti, con l'Incarnazione, Cristo si è in qualche modo unito a ogni persona ( cfr CCC 618 ), si sia o meno consapevoli di questo.

Cristo considererà fatto a se stesso il trattamento riservato a qualsiasi essere umano, in particolare all'ultimo di loro, lo straniero ( cfr EMCC 15 ).

Papa Giovanni Paolo II richiamava questo rammentando la loro missione ai Membri del Consiglio della Commissione Cattolica Internazionale per le Migrazioni: "Oggi, quindi, desidero invitarvi a una maggiore consapevolezza della vostra missione: vedere Cristo in ogni fratello e in ogni sorella bisognosi, proclamare e difendere la dignità di ogni migrante, di ogni persona dislocata e di ogni rifugiato.

In tal modo, l'assistenza prestata non sarà considerata un'elemosina che dipende dalla bontà del nostro cuore, ma un atto dovuto di giustizia".8

Questa è la visione che guida la Chiesa nella sua azione a favore degli stranieri del nostro tempo, rifugiati, sfollati e tutte le persone forzatamente sradicate.

Indice

1 Giovanni Paolo II, GMMR 2004, n. 3
2 Benedetto XVI, Lettera Enciclica Caritas in veritate, 29 giugno 2009
3 La versione della Sacra Bibbia usata come riferimento nel corso dell'intero documento è la Bibbia di Gerusalemme
4 Pont. Cons. Giustizia e Pace, Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa, art. 160, 2 aprile 2004;
cfr Giovanni XXIII, Lettera Enciclica Pacem in Terris, Parte I, 11 aprile 1963;
Conc. Ecum. Vaticano II, Lumen Gentium, 1, n. 7 e n. 13;
Gaudium et Spes, Proemio, n. 22, nn. 30-32;
Apostolicam Actuositatem, n. 14;
Pont. Cons. Cor Unum e Pont. Cons. Migranti, I Rifugiati, una sfida alla solidarietà, 1992;
Pont. Comm. Giustizia e Pace, Self-Reliance: compter sur soi, 15 maggio 1978: EV 6 (1977-1979) 510-563;
Pont. Cons. Migranti, Istruzione Erga migrantes caritas Christi, nn. 9, 11, 29-30, 3 maggio 2004
5 Cfr Benedetto XVI, Enciclica Deus caritas est, nn. 21-22, n. 25 dicembre 2005
6 Cfr Ibid., n. 20
7 Cfr ID., GMMR 2009
8 Giovanni Paolo II, Discorso ai partecipanti all'Assemblea della Commissione Cattolica Internazionale per le Migrazioni, n. 2 ( CCIM/ICMC ) 2001, 12 novembre 2001