I servi di Cana

Capitolo 3

Laudato si' mi Signore

per sor'acqua

la quale è multo utile,

et humele

et pretiosa et casta.

« L'annunzio della Primavera arrivò fino a Nazareth.

Veniva su dalla vallata dove un lieve frullo d'ali, un trillo, prima, poi una subita esplosione canora, avevano ridestato l'umile ulivo e il composto cipresso.

Le casette scavate nel terreno calcare bevevano la nuova luce, la nuova aria trasparente e leggera, e dal cielo dei beati si partì un messaggio: Gabriele.

Egli si dirige sull'oscuro villaggio, verso uni dei tuguri aggrappati alla collina.

Forse la casta luce dell'alba imbiancava il crinale dei colli.

Nella povera casa profumata di virtù e di preghiera, Maria era sola. Ave Maria! »

È una pagina lirica di Salvatore Garofalo che ricorda l'Annunciazione e che mi piace citare per introdurre il personaggio chiave di tutto il cammino spirituale di Fra Leopoldo Musso: Maria stessa, che entra dolcemente nella vita del cuoco francescano per trasformarsi in ponte di passaggio tra lui e il mistero del Crocifisso.

È fondamentale fissare anche questa presenza mariana per Fra Leopoldo perché è attraverso Maria che si raggiunge nell'anima del francescano il compimento del grande progetto che arriva dal Cielo come un messaggio.

La Vergine si fa sentire in modo sottolineato da Fra Leopoldo.

Come una polla d'acqua preziosa Lei lo inonda di serenità.

gli si offre come luce che rischiara il suo costruire, piano piano, tutto ciò che giunge dal Calvario.

Maria gli si affianca umilmente.

Ancora una volta Fra Leopoldo non afferra l'eccezionale situazione.

Per lui la « diversità » di Dio è la normalità quotidiana.

È convinto nel più profondo del cuore che ciò che è veramente fuori del normale, ciò che è capovolto è il modo di vedere da parte delle creature umane.

L'umiltà che fascia la vita di Fra Leopoldo gli fa comprendere che cosa è veramente importante per affermare la completezza dell'esistenza, i suoi segreti nascosti, e soprattutto l'uso dei dono di Grazia immersi da Dio nel più profondo del cuore.

Il converso non sa che cosa siano i carismi, per cui non pensa di possedere delle qualità particolari.

Ma intuisce che è indispensabile porsi di fronte alla Provvidenza come un campo sterminato, nel quale l'Assoluto dovrà affondare l'aratro, seminare, irrigare e raccogliere la messe.

Ad aiutarlo in questo passo di disponibilità verso il Crocifisso e il grande « perché » della Redenzione è proprio Maria verso la quale Fra Leopoldo sente un'intensa venerazione, un commovente trasporto dal candore squisitamente evangelico.

Nel Cristianesimo non si danno presenze incisive, capaci di trasformare e lievitare la vita senza l'eco della voce di questa Vergine « piena di grazia ».

La Storia della Chiesa intreccia nella vita dei propri testimoni la figura del Crocifisso e quella della Madre, l'Immacolata.

È inconcepibile un profeta cristiano, un ambasciatore del Calvario senza Maria.

È Lei infatti, perché creatura umana, che stimola i fedeli dalle Croce a tendere verso la virtù, la santità, la « normalità »!

« La virtù non rende l'uomo anormale, ma gli dà il segreto e la forza per essere straordinario nell'adempimento dei doveri comuni.

Sull'aia arida del mondo, Maria fu, come il vello di Gedeone, candida lana inzuppata di celeste rugiada.

I meriti futuri del Figlio la fecero, nel concepimento, immacolata dalla colpa di origine.

Gli altri uomini furono redenti, Maria fu preservata.

Il mondo non ha mai capito Dio e quando lo ha visto in umana sembianza lo ha inchiodato sulla croce del delinquente.

L'uomo non è mai tanto ridicolo come quando crede di fare a meno di Dio.

La sua insubordinazione al "lieve giogo" della legge di Cristo è prezzo di altre innominabili schiavitù.

La grandezza di Maria non è di parata che può incantare, ma è una grandezza costruita sul quotidiano sacrificio di sé che fa pensare e sollecita alla imitazione.

L'ubriacatura dello spirito e dei sensi che il mondo gabella per gioia, non è neppure un surrogato della vera gioia: ne è la parodia sacrilega, la negazione.

La Vergine ha parlato e continua a parlare agli uomini con il suo esempio e nel segreto del cuore e cerca di scuoterli ... »

Ancora una citazione di Salvatore Garofalo dal suo libro Parole di Maria.

I pensieri mettono in luce molto bene il « servizio » che la Vergine compie nella Chiesa.

La continuità del rapporto fra Lei e il mondo rimane la cosa più interessante e vivida.

Maria ridiventa sempre la « Mediatrice », la figura per comprendere in un modo più radicale la « grande ragione » che ci deve innestare nel mondo soprannaturale, dal quale giungiamo e al quale dobbiamo tendere.

È difficilissimo, per non dire drammatico, cercare il vocabolario, il linguaggio che dia la possibilità di farci capire da un'umanità che non ha mai voluto accettare il suo naturale rapporto con la « Sorgente ».

si continuerà a dire: « l'uomo di oggi » non vuole più avere un rapporto con il divino.

Ma tutto questo è inesatto.

Non è l'uomo di oggi. È l'uomo di sempre

Perché sempre l'uomo ha riso e ride di Dio.

Non gli piace la soprannatura.

Non è di suo gusto, non entra nel suo stile.

Ma anche se non crede al peccato originale di Adamo e d'Eva, ogni uomo segue più o meno inconsciamente lo schema psicologico che si ricollega a quel remoto senso di colpa.

Vale a dire la ribellione.

Ed è su questa ribellione umana che si può capire tutto l'intervento di Dio a livello di altissimo amore sulla sua stessa creatura.

Il peccato originale ripone l'uomo nel suo più cinico stato di animalità.

E Dio ne rimane turbato.

Affronta un progetto di emergenza, qualcosa di impensato, il meraviglioso che accade.

Noi non abbiamo l'idea più pallida di ciò che possa essere la misericordia di Dio.

L'uomo deve essere veramente qualcosa di importante se Dio ha escogitato uno stratagemma tale per potersi reinserire nella Storia.

Il difficile sta appunto nel trovare il linguaggio per farsi capire.

Sillabare una verità tanto primordiale quanto attuale. l'amore è una parola che l'uomo non riesce a dire da solo.

È il messaggio di un altro mondo.

Fra Leopoldo conosce tutto questo.

La cucina del Convento che diviene la sua Università gli insegna i grandi sentieri del Regno.

L'entusiasmo afferra il piccolo converso.

Fra Leopoldo non sa come comunicare e a chi fare capo per delineare questa sua esperienza.

Una pagina degli Atti degli Apostoli: « All'udire queste parole, i presenti si sentirono come trafiggere il cuore e chiesero a Pietro e agli altri Apostoli: "Fratelli, che cosa dobbiamo fare?" » ( At 2,37 ).

Che cosa devo fare? È Maria che si fa sentire a Fra Leopoldo.

« Tu scrivi, figlio mio, di me e io ti saprò ricompensare: morto il tuo corpo, l'anima tua s'appoggerà sopra il mio seno come vezzoso bambino.

In avvenire io sarò la tua maestra ...

Tu sei il mio segretario angelico ...

Ora appunto perché, come dici tu, sei peccatore, sarai in prigione per sempre nel Cuore di Gesù e Maria.

Ora che tu, Leopoldo, non puoi più uscire da questa celeste prigione, non stai bene solo: devi chiamare altri, che vengano a farti compagnia colla preghiera continua.

Sei contento, figlio, di fare il segretario anche per me? » ( 24 ottobre 1908 ).

Ma chi chiamare? Chi dovrà tenere compagnia a Fra Leopoldo?

Chi accetterà sul serio tutto quello che avviene tra un converso francescano e il mondo di Dio?

Alle spalle dell'umile frate urge la forza del Crocifisso e dell'Immacolata.

Fra Leopoldo annota nel Diario il clima di malessere.

Le parole della Vergine: « Figlio, se tu sapessi quanto sono strapazzata e derisa dagli uomini!

Si, la mamma del tuo Gesù è insultata.

Fa' tu riparazione figlio mio, collo scritto e colla preghiera, io poi saprò contentarti » ( 28 novembre 1908 )

« La tua vita è tracciata così: non devi contentarti di passare i giorni santamente solo per te, ma devi stare attento a passare lietamente ogni momento con un tenore di vita più evangelica che umana ad esempio altrui » ( 30 dicembre 1908 ).

Fra Leopoldo si chiuse in se stesso quasi in atteggiamento di attesa.

La Vergine gli ha offerto il pane della Croce come cibo: il dolore.

Una sofferenza fisica e morale incomincia a imperversare su questa creatura sconosciuta.

È il momento di stringere i denti, la pagina sulla quale bisogna scrivere l'atto di fede, il terribile « spazio » sopportato dal Cristo sulla Croce, l'abbandono.

Ecco nuovamente fare capolino quel pensiero.

Inserirsi nella solitudine di Cristo, nel suo sentire freddo.

Fra Leopoldo deve averlo conosciuto bene questo dolore fisico e morale.

Deve averne provato tutta la dimensione, la varia gamma di colori, gli squilibri, l'orrore di sentirsi finito, non più partecipe del sole e del respiro.

Fra Leopoldo deve avere sentito l'onta, l'umiliazione di dipendere dai farmaci, e l'ironia di chi ormai lo prendeva per pazzo.

Chi può credere seriamente al passaggio di Dio?

Solo allora, in pieno dolore, davanti alla Vergine che gli si manifesta come la Madre del dolore, Fra Leopoldo comprende in pieno la solitudine del Cristo, il suo spaventoso abbandono, il suo freddo.

È in questo attimo così travagliato che si inserisce con un gesto eroico di volontà in qualcosa che è più grande di lui, qualcosa che non può capire ma che intuisce essere il « tutto », la Croce!

Come andrà a finire non lo sa.

Non gli importa ciò che può accadere.

La tentazione gli pone dinanzi il fantasma dell'autorità con la quale dovrà discutere il suo « sentire » il suo « morire », ma nuovamente percepisce l'invocazione che giunge dalla Sindone.

C'è qualcosa di concreto che sfugge, qualcosa di grande che non può essere compreso da un cuoco converso francescano.

È il 25 ottobre 1912.

Ma il racconto è necessario lasciarlo a Fratel Teodoreto, Fratello delle Scuole Cristiane.

« Mi recai alla vicina Chiesa di San Tommaso dove fui ricevuto cordialmente da Fra Leopoldo.

Ci scambiammo poche parole, perché le occupazioni del Servo di Dio non gli permettevano di fermarsi, ma fissammo il giorno 30 dello stesso ottobre, alle ore 16, per un secondo incontro.

Nel frattempo, avendo Fra Leopoldo chiesto a Gesù, nell'orazione, come doveva regolarsi nel colloquio che avremmo avuto, udì queste parole; "Sii umile ed abbi confidenza".

Infatti Fra Leopoldo mi parlò di cose straordinarie, ma con vera umiltà e confidenza, e la sua conversazione in quel colloquio e in quelli che lo seguirono, ebbe sempre un'unzione speciale e un'efficacia soprannaturale da potersi paragonare a quella prodotta da un Corso di Esercizi ben fatti » ( Il Segretario del Crocifisso  pag 119).

È importante sottolineare tutto: sono le ore 21 del 23 aprile 1913.

Una data, un momento storico, un brivido carico di entusiasmo, un destino.

L'acqua che scaturiva dalla roccia francescana si presentava veramente utile, humile et pretiosa et casta!

Fratel Teodoreto nel 1906 aveva frequentato il secondo Noviziato presso la Casa Generalizia dei Fratelli delle Scuole Cristiane, trasferita da Parigi a Lembeq-les-Halles nel Belgio.

ai Fratelli venne raccomandato di lavorare alla formazione di un laicato cattolico militante dando continuità e sviluppo al progresso educativo operato dalle Scuole Cristiane mediante fatti associativi specifici.

È a Lembeq-les-Halles che Fratel Teodoreto concepisce l'idea di organizzare un'Associazione intesa ad aiutare i giovani a realizzare nel mondo, nella concretezza dei loro ambienti professionali, familiari e civili, una vita intensamente cristiana e catechisticamente operante.

L'incontro tra Fratel Teodoreto e Fra Leopoldo costituirà il terreno fecondo dal quale fioriranno i Catechisti dell'Unione del SS. Crocifisso e di Maria Immacolata.

La data di inaugurazione dell'Opera è del maggio 1914 in via delle Rosine 14 presso le Scuole di santa Pelagia dei Fratelli.

san Francesco d'Assisi si intreccia con la via realizzata da San Giovanni Battista de La Salle.

Era il 1680 quando il de La Salle, dopo avere ponderato bene il problema e sottolineato stupito « la conduite admirable de la divine Providence », supera la propria « noblesse de robe » e decide senza rimpianti di abbandonare la propria posizione ecclesiastica di Canonico di un Capitolo illustre.

Smantella ogni comodità e sicurezza per iniziare la strada nuova di una vocazione condotta « sagement et suavement » da Dio.

La sua attenzione è ora rivolta ai rustici maestri di scuola messi insieme da Adrien Nyel.

Convivrà stabilmente con loro in aperta sfida all'opinione pubblica della borghesia benpensante di Reims.

Incalza la povertà, il de La Salle si spoglia impietosamente di tutto e sceglie per sé e per i propri compagni la via della Provvidenza.

« La sfida alla mentalità mondana è più pungente perché incarnata nella figura dell'ecclesiastico gentiluomo.

La follia della Croce splende più nitida e marcata nell'umiltà equilibrata del Santo ».

Sono le parole che il Presidente dell'Unione Catechisti pronunziò nell'Aula Paolo VI il 15 maggio 1980 in occasione del terzo Centenario lasalliano.

L'obiettivo del Santo e dei suoi Fratelli sarà il mondo dei giovani.

Il momento storico è uno dei più travagliati.

Alle incessanti guerre volute dal Re Sole hanno fatto seguito carestie e pestilenze.

La Francia è in ginocchio.

« due milioni di poveri e di mendicanti su 17 milioni di francesi ».

Si cerca di fare fronte un po' dovunque e come è possibile alla tragedia.

Nascono Ospizi e Ricoveri, ma anche le prime Scuole popolari.

« Agli albori del secolo XVIII, carichi dell"esprit de géometrie" di Cartesio, dell'"espit de finesse" di Pascal, dell'"esprit critique" del Bayle incarnato nei libertini, del crepuscolo dei mistici, del gallicanesimo e del giansenismo, mentre si pongono i fermenti del razionalismo illuministico, della cultura del secolo dei lumi, dell'avviamento egemonico di una borghesia mercantilistica, terriera e poi industriale, la "regìa" della Provvidenza muove, guida, conduce il de La Salle alla realizzazione di un piano di rinascita ecclesiale e di ricostruzione dell'uomo e della società mediante la scuola... »

Ancora parole del relatore nell'occasione che è stata appena sottolineata.

San Giovanni Battista de La Salle si rende conto che non è possibile porre un rimedio occasionale o provvisorio.

Qui si tratta di conferire basi stabili « con potenzialità di sviluppo al gruppo dei maestri reclutati dal Nyel che, come tanti loro colleghi del tempo, sono inesperti, mercenari e carenti di professionalità.

Ciò allo scopo di dare ai figli del popolo, di cui quasi nessuno si occupa, una istruzione e una educazione che li inserisca in modo vivo e operante nel contesto ecclesiale e sociale.

Questo sforzo di azione progressiva porta il Santo a inventare la Scuola popolare come ambito e struttura dinamica della società » ( op. cit. ).

Il punto emergente è, in definitiva, la crescita ecclesiale e il rinnovamento complessivo della società.

All'istituzione lasalliana incominciano a convergere scuole elementari parrocchiali, scuole festive tecnico-professionali per gli operai e gli artigiani, collegi per i nobili irlandesi profughi dalla patria, scuole magistrali per la formazione dei maestri, istituti di recupero e di rieducazione per i condannati dai tribunali, scuole mercantili e commerciali per la borghesia della Normandia.

I punti di riferimento rimangono i figli dei poveri.

« Quello che preme al de La Salle sono le vite che vanno perdute, sono i talenti che vanno sprecati sia per il tempo che per l'eternità, sono quelle maturazioni di persone che non si avvereranno mai.

Egli non opera per una scuola e per una società in cui l'avere o il non avere siano di per sé qualificanti l'essere profondo dell'uomo, ma per una scuola e per una società in cui si sia capaci di essere e di essere in modo responsabile, solidale e fattivo, qualunque sia il ruolo che si ricopra, partendo dalle concrete condizioni e situazioni » ( op. cit. ).

Viene sottolineata in questo clima lasalliano la professionalità; « la capacità di inserimento, come soggetti, nella realtà storica e sociale e nella realtà ecclesiale, mediante lo svolgimento di un'attività lavorativa e produttiva di beni e di servizi.

Singolare è il risalto che egli conferisce al momento lavorativo e di servizio per la promozione della persona a dignità di soggetto, e come seminario privilegiato per la vitalizzazione e la crescita progressiva del popolo di Dio » ( op. cit. ).

Un'affermazione fondamentale del Santo de La Salle: « Nella vostra missione, dovete unire lo zelo per il bene della Chiesa con quello del bene dello Stato del quale i vostri giovani cominciano ad essere membri e devono diventarlo ogni giorno più perfettamente.

Procurerete il bene della Chiesa facendo dei giovani dei veri cristiani, procurerete il bene dello Stato insegnando tutto ciò che ha attinenza con la vita » ( MF 160,3 ).

I giovani, nell'idea del Santo, dovranno vivere il mistero di Cristo, della sua morte e risurrezione « celebrandolo nelle varie condizioni e situazioni della vita: nella scuola, nel lavoro, nella società, ovunque, in ogni cosa e con ogni cosa » ( op. cit. ).

Bisogna imparare tutto ciò che ha attinenza con la vita come si esprime nel suo contesto storico, così come urge e necessita nella realtà quotidiana.

La scuola diventa allora frutto della Carità di Cristo, fattore di promozione redentiva dell'uomo.

I Maestri che usciranno dal carisma lasalliano saranno laici consacrati, espressione di un sacerdozio spirituale « che si celebra mediante la scuola, a servizio del sacerdozio spirituale dei fedeli nella società » ( op. cit. ).

Fratel Teodoreto unito a Fra Leopoldo dal Signore Gesù contemplato nella sua umanità crocifissa e gloriosa, dalle cui piaghe aperte sgorgano la risurrezione e la vita, è giunto misteriosamente alla grande programmazione del progetto di Dio.

L'umile cuoco converso francescano non se ne stupisce,

Se ne va diritto per le strade indicate dal Crocifisso.

L'ora è giunta, anche se le difficoltà lo assediano, anche se il dolore bussa quasi incessantemente alla sua porta.

Lo consola quanto san Giovanni Battista de La Salle ha raccomandato ai Fratelli: « di generare, per così dire, la SS. Vergine nel cuore degli alunni, ispirando una tenera devozione verso di Lei...

È necessario che questa fecondità sia il frutto delle vostre ferventi preghiere, del vostro amore verso la SS. Vergine e dello zelo che ponete nel farla amare » ( MF 146,2 ).

Gli strumenti, i mezzi per comunicare, il vocabolario giusto sono stati dunque trovati.

Il meraviglioso è lasciarsi ora andare secondo l'onda della Provvidenza che ha la sua « regìa ».

Il 24 novembre 1919 Fra Leopoldo annota nel suo Diario le parole che il Crocifisso gli ha fatto percepire nell'intimo: « Per salvare le anime, per formare nuove generazioni, si devono aprire Case di Carità per far imparare ai giovani Arti e Mestieri ».

Anni prima, esattamente il 9 maggio 1914, Fratel Teodoreto aveva ottenuto dal Cardinale Agostino Richelmy Arcivescovo di Torino il consenso di fondare l'Unione del SS. Crocifisso e di Maria Immacolata con Allievi ed ex-Allievi lasalliani ai quali si aggiungono giovani di diversa provenienza.

Il Cristo conferma ufficialmente a Fra Leopoldo, tra le mura della cucina di San Tommaso, l'approvazione di Dio.

E Fra Leopoldo affida a Fratel Teodoreto il messaggio sulla Casa di Carità Arti e Mestieri.

Poi si crea all'improvviso in lui una grande pace.

Sa che i suoi occhi non vedranno l'espandersi dell'Unione.

Come il Libro di Dio si è aperto così si chiude.

Ne è egualmente felice.

Il cuore gli danza nell'intimo.

Sta per dire il suo ultimo « amen ».

Lo stupefacente di Dio, quel costruire silenzioso dell'Eterno nel tempo continua.

continua proprio in quella città, in quella Torino, così disattenta, che ha avuto e che continua ad avere innumerevoli segni di privilegio da parte del Cielo.

Nel silenzio della cella del suo Convento francescano Fra Leopoldo prega.

Ringrazia la misericordia del Crocifisso che lungo l'arco delle generazioni semina « la cosa dai molti splendori ».

E il suo pensiero corre come sempre alla Signora più splendente delle rose, a Colei che la Misericordia ha donato al mondo come Mediatrice.

La Storia ha voluto che fosse Maria ad annunziare nel Nuovo Testamento la misericordia.

Il canto del « Magnificat ».

La felicità di dire con la freschezza, umile, preziosa e casta: « di generazione in generazione la sua misericordia ».

Fra Leopoldo è commosso ma pieno di entusiasmo.

Il suo spirito legge già nel futuro.

Un Papa venuto da lontano fisserà per il mondo questa Verità

Ed è nelle Dives in misericordia che Giovanni Paolo II afferma: « Maria è anche Colei che, in modo particolare, come nessun altro, ha sperimentato la misericordia e al tempo stesso, sempre in modo eccezionale, ha reso possibile col sacrificio del cuore la propria partecipazione alla rivelazione della misericordia divina.

Tale sacrificio è strettamente legato alla Croce del Figlio, ai piedi della quale ella doveva trovarsi sul Calvario.

Questo suo sacrificio è una singolare partecipazione al rivelarsi della misericordia, cioè alla fedeltà assoluta di Dio al proprio amore, all'alleanza che egli ha voluto fin dall'eternità ed ha concluso nel tempo con l'uomo, con il popolo, con l'umanità; è la partecipazione a quella rivelazione che si è definitivamente compiuta attraverso la Croce.

Nessuno ha sperimentato al pari della Madre del Crocifisso, il mistero della Croce, lo sconvolgente incontro della trascendente giustizia divina con l'amore: quel "bacio" dato dalla misericordia alla giustizia » ( Dives in misericordia 9 ).

Ora Fra Leopoldo sa che il Cristo non è più solo e non ha più freddo.

È a questo punto che si inserisce il fatto più alto della vita mistica di Fra Leopoldo Musso: la consegna di comunicare al mondo lo strumento di riconciliazione fra Dio e uomo.

Si tratta di un dono particolarissimo che il Cristo concede al francescano per iniziare a tessere la splendida trama di un rapporto soprannaturale che riuscirà in un momento storico così travagliato come il nostro a costruire un nuovo linguaggio nel campo della preghiera.

Siamo nel 1913. È l' 11 di ottobre.

Fra Leopoldo si trova in silenzioso colloquio con il suo Signore.

Il suo cuore pensa a Fratel Teodoreto.

La sua anima si illumina con una invocazione: « Signore, benedite i Fratelli delle Scuole Cristiane, e la vostra benedizione si propaghi nei figli da loro educati nel santo timor vostro in modo da renderli forti, con la grazia vostra, quando disgraziatamente avessero da incontrare malamente qualche lupo traditore dell'anima loro ».

La risposta non si fece attendere: « Sì, vieni qui vicino; tutto quello che mi hai chiesto per te e per i Fratelli delle Scuole Cristiane... verrà, sarà ».

Un mese dopo il Crocifisso si fa riudire: « Fermati qui, e non mi chiedi niente? » « Signore », sussurra Fra Leopoldo, « fate che per mezzo dei Fratelli delle Scuole Cristiane si propaghi la vostra santa adorazione ».

« Si, ma volevo sentirlo anche da te ».

Il dialogo continua:

« Signore, fate che i giovani ammessi a far parte delle Scuole Cristiane, Fratelli e alunni che hanno la grazia vostra di praticare la santa Adorazione, la tramandino di generazione in generazione e che la vostra Santissima Croce, nostra salute, sia in voi ricordata, amata, adorata con soavissima gioia e fede benedetta ».

E il Cristo: « Una copia di questo colloquio la segnerai nei tuoi quaderni, e un'altra la darai al Fratel Teodoreto delle Scuole Cristiane ».

Il 6 marzo 1914 è sempre il Crocifisso a delineare per Fra Leopoldo il cammino.

« Benedico i primi frutti della Santa Devozione-Adorazione, cioè i figli congregati e tutti quelli che cooperano e promuovono la detta Adorazione a me Gesù Crocifisso ».

Poi un ordine preciso per Fra Leopoldo: « far sapere ciò ai Fratelli del Belgio, ossia ai Superiori, per il santo incoraggiamento ».

Fratel Teodoreto Garberoglio porta il messaggio al suo Superiore Generale in Belgio.

È il sabato 28 marzo 1914.

Il vertice della Congregazione viene informato dell'Adorazione e dell'Unione del SS. Crocifisso.

Fratel Teodoreto ricorderà che il Superiore ebbe una premura straordinaria e un'attenzione non comune durante il colloquio.

La conclusione fu un grande incoraggiamento a proseguire nella propaganda dell'Adorazione di Gesù Crocifisso e nella formazione di giovani Catechisti.

Il fatto avviene in Belgio ma a Torino Fra Leopoldo ne viene a conoscenza dal Crocifisso stesso.

« Il Fratello Teodoreto ti porterà buone notizie; il suo Superiore oltre alla contentezza è convinto con fede di quanto gli disse; vallo a segnare.

anche questo manifesta il mio volere ...

Il Fratello Teodoreto brama di far ritorno per dirti tante belle cose ».

Fra Leopoldo interpella umilmente il suo Signore: « E tu, Signore, ti sei trovato in quei momenti col suo Superiore Generale? »

« Si, gli ho infuso in ciò tanta fede ».

Sembra quasi impossibile crederci.

Ma i fatti non si possono smentire.

Quella che Fra Leopoldo chiama la santa Adorazione-Divozione verso il SS. Crocifisso andò a mettere radici nella Congregazione dei Fratelli delle Scuole Cristiane.

Fra Leopoldo annota: « E sarà una vera benedizione per codesta Congregazione.

Il Signore toglie sensibilmente il velo e si manifesta un po': ogni tempo ha il suo tempo.

Iddio amorevolmente ci presenta la Croce invitando le anime innocenti, per mezzo della fortunata Congregazione dei Fratelli delle Scuole Cristiane per riformare il mondo col mezzo del SS. Crocifisso.

In mezzo alla società vi sono ancora anime di buona volontà, esse pure vengano in nostro aiuto diffondendo la santa Adorazione per riformare i costumi e glorificare Iddio Gesù Crocifisso.

Le colpe e le iniquità si danno la mano per moltiplicarsi, il solo rimedio è quello di ricorrere amorevolmente alla Croce che è l'unica speranza di pace e di salvezza » ( 29 giugno 1914 ).

Fra Leopoldo sapeva la volontà del Cristo, anzi il piano soprannaturale di un progetto meraviglioso.

Ma fu il 18 gennaio 1915 che si ebbe dal Crocifisso il mandato ufficiale.

« È mio desiderio che passi dai Fratelli delle Scuole Cristiane ciò che io ho cooperato per mezzo tuo ».

L'immagine caratteristica della « Divozione » a Gesù Crocifisso compare finalmente in pubblico.

Ai piedi della Croce si nota un'anima bellissima con gli occhi abbassati, il capo chino, la veste luminosa.

La figura « abbracciata » alla Croce e staccata dalla terra, viene dipinta seguendo le istruzioni di un colloquio soprannaturale di Fra Leopoldo con il Cristo.

Il 31 luglio 1915 riceve l'imprimatur dalla Curia Arcivescovile di Torino.

La tiratura delle copie è impressionante: 174.00 nel 1912, 663.00 nel 1913.

Nel 1915, in piena guerra mondiale, i foglietti della « Divozione » raggiungono i soldati in trincea.

Arrivano le traduzioni, e l'Adorazione al SS. Crocifisso copre il mondo con otto milioni di copie.

Il mistero amoroso del progetto divino ricamava teneramente attraverso l'assistenza di Maria la certezza della misericordia del Cielo sul destino umano.

I Fratelli delle Scuole Cristiane e i Catechisti del SS. Crocifisso ne diventano ufficialmente i testimoni garanti.

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