Monachesimo

Originato dal greco monachós ( "unico", "solitario", ma i Padri della Chiesa privilegiarono presto l'etimologia "colui che ha il cuore indiviso" ), il termine indica tutte le forme di ritiro dal mondo, in tendenziale solitudine, per dedicarsi interamente a Dio.

La dimensione della solitudine passò ben presto dal singolo anacoreta alla comunità monastica, che mirava a ricostruire una società alternativa e perfetta, che fosse con la sua stessa modalità di vita strumento di perfezione dei suoi membri e anche messaggio di salvezza rispetto al popolo.

In questo senso il monachesimo non è un fenomeno specificamente cristiano, essendo presente sia in alcune manifestazioni del tardo giudaismo ( esseni ), sia in religioni orientali come il buddhismo, in particolare, il giainismo e il taoismo, ma anche in alcune forme religiose delle civiltà precolombiane americane.

Dall'eremitismo al cenobitismo

Le prime forme del monachesimo cristiano sono quelle dell'anacoretismo ( dal greco anachoretés: ritirato, appartato ) dei secc. III-IV, espressione delle tensioni escatologiche presenti nelle prime comunità cristiane e del distacco critico dal contemporaneo processo di adattamento della cristianità al mondo imperiale ed ellenistico.

Le regioni inospitali e soprattutto i deserti videro fiorire esperienze di fuga nella solitudine e nella preghiera, per resistere alle tentazioni e raggiungere la perfezione cristiana.

Caratteristica soprattutto dell'area egiziana, la realtà di questi "padri del deserto" ( Evagrio, Palladio ) e della loro saggezza fu resa universale soprattutto dalla figura di Antonio, il santo del deserto, divulgata dalla Vita di Atanasio.

Nell'area siriaca l'anacoretismo diede vita invece alle esperienze degli "stiliti", ritiratisi in cima ad alte colonne ( anche in zone abitate ) e dipendenti in tutto dalla benevolenza dei fedeli che ascoltavano le loro predicazioni e i loro moniti.

Presto l'eremitismo conobbe forme di convergenza in luoghi in cui fosse possibile una liturgia comune e un incoraggiamento da parte di un "padre spirituale" ( in aramaico: abbà, da cui deriva l'espressione "abate" ).

Si venne così sviluppando nel sec. IV la nuova vicenda del "cenobitismo", caratterizzato dalla vita comune ( in greco: feomós bios, da cui "cenobio" ) dei monaci in un edificio circoscritto da mura ( in greco: màndra ) con la guida di un "archimandrita".

La prima esperienza cenobitica codificata sembra essere quella di Pacomio a Tabennesi in Egitto ( 325 ).

Il rifiuto della proprietà privata per i singoli ma non per il monastero, l'organizzazione comune del lavoro, la creazione di una rete di monasteri collegati ( se ne contarono almeno 20 ), ne fecero una realtà centrale nella regione.

Sviluppi della stessa logica avvennero nell'area anatolica con Basilio il Grande ( v. ), la cui Regola rimase fondamento del monachesimo orientale, ma influenzò anche l'Occidente tramite Eusebio a Vercelli, Ambrogio a Milano, Giovanni Cassiano a Marsiglia, Onorato di Arles a Lérins, e ancora Agostino d'Ippona in Nordafrica.

Si trattava di una forma di monachesimo maschile e femminile ben integrato nel tessuto ecclesiale con l'assunzione di compiti di catechesi e assistenza da parte dei monaci.

Il grande sviluppo del monachesimo e Benedetto da Norcia

Il grande sviluppo del monachesimo è collegato alla dissoluzione dell'impero romano e all'incerta temperie della crisi del mondo antico: la decadenza delle città, la perdita di efficacia del potere politico, lo spezzettamento della realtà amministrativa ed economica, aprirono notevoli spazi per l'affermazione del modello di vita monastica.

Il monastero divenne crescente centro di influenza economica, di protezione da incursioni e carestie, di perpetuazione di modelli culturali e religiosi ( si pensi alla grande opera dei monaci amanuensi nella copiatura degli antichi testi e nella trasmissione della cultura classica ).

Nelle regioni britanniche e irlandesi, meno ricche di tradizione civile, evangelizzate da Patrizio ( sec. V ) e poi da Colombario, la Chiesa non si modellò sulle città, ma ebbe centro proprio nei monasteri, fondati da monaci missionari dedicati alla peregrinano: si trattò di un modello che ebbe diffusione anche nell'Europa meridionale ( Bobbio ).

Ma la prevalenza sociale ed ecclesiale del modello cenobitico doveva trovare la sua migliore espressione nell'opera di Benedetto da Norcia ( ca 480-547 ): la sua Regola è divenuta classica per il monachesimo occidentale, con il suo equilibrio tra preghiera comune e lavoro ( secondo il principio ora et labora: prega e lavora ), il suo rigore morale e disciplinare scevro da eccessi, la centralità della figura dell'abate come guida dei monaci ( che inizialmente non erano che in minima parte sacerdoti ), impegnati nella stabilitas loci ( stabile residenza in un luogo ).

I monasteri benedettini conobbero grande espansione nei successivi tre secoli, favoriti da papa Gregorio Magno, dall'opera di grandi organizzatori come Agostino di Canterbury e Bonifacio e soprattutto dalla decisione dell'imperatore Carlo Magno ( codificata dal sinodo di Aquisgrana, 817 ) di rendere la regola dell'ordine benedettino obbligatoria per i monasteri dell'impero.

Il monachesimo orientale

Il monachesimo orientale crebbe anch'esso di influenza civile e religiosa nell'epoca bizantina.

Ogni comunità monastica si richiamava alla tradizione precedente ( a Basilio e Teodoro Studite in particolare ) ed era retta da un "igùmeno" ( guida ), abate e padre spirituale dei monaci.

Alcune fondazioni divennero centrali, come quella greca del Monte Athos, la Santa montagna, avviata nel 963 nella penisola Calcidica, oppure come il Monastero delle Grotte di Kiev ( 1050 ), culla del monachesimo russo.

L'autoritarismo di alcuni abati fu però temperato dalla possibilità offerta dalla Regola basiliana ai singoli monaci di identificare un padre spirituale di libera scelta.

Il monachesimo orientale conobbe quindi il fiorire di figure di confessori di ampia risonanza.

Nell'ortodossia russa, tale ruolo è stato perpetuato dalla grande importanza dello starete, il monaco anziano e santo che gode di fama e influenza non per una posizione gerarchica, ma per le sue peculiari doti spirituali.

Con questa libertà di schemi il monachesimo orientale ammise per molti secoli anche figure isolate di viandanti pellegrini, come i "folli in Cristo".

Influenza economico-sociale e riforme spirituali

Molti monasteri divennero decisivi centri economici, grazie all'opera dei monaci nella diffusione di migliori tecniche di coltivazione, alle donazioni e al conferimento di beni da parte di nuovi professi di famiglie ricche.

Tale importanza economico-sociale permetteva ai monasteri di essere luoghi di accoglienza e protezione dei deboli, ma si tradusse frequentemente anche in influenza politica, in quanto i monasteri si opposero spesso con successo alle precarie organizzazioni del potere feudale.

Ciò favorì anche la commistione di esigenze e obiettivi diversi, la ricerca di cariche monastiche da parte di nobili secondo le regole feudali, la gestione delle proprietà secondo logiche mondane.

Di qui la ricorrente esigenza di un'autoriforma della vita monastica.

Il monastero benedettino di Cluny ( Borgogna ), fondato nel 910, divenne fiorente esempio di istituzione non sottoposta a nessun potere laicale o episcopale, dipendente direttamente dal papa ( secondo l'istituto dell'esenzione ), con una cura particolare della vita liturgica e lo scioglimento dei monaci dall'obbligo del lavoro.

Su questo modello seguirono altre fondazioni in tutta Europa.

Ma proprio in opposizione al crescente potere mondano dei monasteri cluniaceusi, a Cìteaux dal 1095 si sviluppò un modello di più stretta osservanza della Regola benedettina, da cui Bernardo di Chiaravalle ( 1115 ) sviluppò l'ordine cistercense con una casa madre che esercitava la sorveglianza su tutti i monasteri ( in modo fino allora sconosciuto ).

Da un'esperienza canonicale nacque invece l'ordine premostratense ( 1126 ).

Nella stessa logica di riforma si collocò la ripresa dell'eremitismo, inizialmente nelle zone più sottoposte all'influsso orientale ( Calabria, esarcato di Ravenna ).

Romualdo ( m. 1095 ) fondò i camaldolesi con una rigida regola eremitica, mentre Bruno di Colonia ( m. 1101 ) diede il via presso la Grande Chartreuse ( Grenoble ) all'esperienza dei certosini, che nel XIII sec. contava 27 certose.

Si trattava di modelli esclusivamente centrati sulla preghiera e la contemplazione e sulla nuova valorizzazione della solitudine dei monaci, spesso viventi in cellette contigue.

Le crisi dell'età moderna

Nel tardo Medioevo una prima grande scossa alla centralità del modello monastico venne dalla fioritura dei nuovi ordini mendicanti, che per loro logica rifiutavano la tradizione cenobitica.

Ma quando anch'essi furono istituzionalizzati, si verificarono sostanziali commistioni di regole e modalità organizzative ( si pensi alla nascita dei "conventi" francescani e domenicani, che molto recuperano dell'eredità monastica ).

Più radicale fu invece la crisi causata dalla Riforma protestante, soprattutto nell'area centro-settentrionale d'Europa; il monachesimo venne rifiutato dal protestantesimo, e ciò portò alla rapida scomparsa delle forme monacali nei luoghi dove la Riforma si affermò in modo più completo.

Le esigenze di ritorno alla purezza eremitica tornarono invece a più riprese nel monachesimo dei paesi a maggioranza cattolica: nel sec. XVII all'interno dei cistercensi si affermò, per esempio, il movimento di riforma dei trappisti ( v. ).

Il giurisdizionalismo prima, gli eventi connessi alla rivoluzione francese e la radicale separazione tra Stato e Chiesa di molti Stati liberali ottocenteschi poi, costituirono ulteriori duri colpi per il monachesimo.

Gli ordini contemplativi furono oggetto di soppressioni e incameramento di beni da parte dello Stato ( con la motivazione ufficiale di ricavarne risorse per sostenere il clero in cura d'anime ).

Molti monasteri in tutta Europa finirono per essere abbandonati.

Il monachesimo contemporaneo

Ciononostante focolai di attiva ripresa dell'ideale monastico non mancarono.

Già nel XIX sec., attorno all'abbazia benedettina di Solesmes in Francia prese vigore il movimento liturgico che sosteneva il recupero delle fonti originarie della liturgia.

Charles de Foucauld ( v. ) all'inizio del XX sec. diede vita a una nuova forma monacale con i Piccoli Fratelli di Gesù.

Nel 1945 a Taizé in Francia nacque una singolare comunità ecumenica, promossa da monaci protestanti e cattolici, mentre analogamente ecumenico era, da qualche anno prima, il monastero di Chevetogne.

Nel mondo protestante nacquero diverse forme di vita monastica.

Figure come Th. Merton rilanciarono l'ideale trappista.

Il monachesimo benedettino riscoprì la sua capacità di istruire i credenti alla centralità della lectio divina ( v. ), cioè dell'approccio diretto e pregato alla Parola di Dio nella vita cristiana.

Centri come Camaldoli, Grottaferrata, Fraglia, Vallombrosa, Viboldone, Bose ( per fermarsi all'Italia ), divennero nuovamente punti di riferimento per generazioni di laici, spesso impegnati nell'associazionismo cattolico, che riscoprivano l'importanza di un'esperienza contemplativa.

Il richiamo alla radicalità evangelica in un mondo secolarizzato o sempre più diventato la cifra di identificazione del monachesimo contemporaneo.

v. Athos, Monte; Benedettini; Camaldolesi; Certosoni; Cisterciensi; Cluniacensi; Istituti religiosi e secolari; Trappisti; Vita consacrata

Concilio Ecumenico Vaticano II

Antichità, spirito e benemerenze in Oriente e Occidente; aggiornamento e adattamento Perfectae caritatis 9
  Unitatis redintegratio 15
Promozione della vita monacale nelle missioni Ad gentes 18
Nelle Chiese orientali separate Unitatis redintegratio 15