Discorsi sui Santi

Indice

Nell'ordinazione di un Vescovo

1 - Il vescovo dev'essere servo di molti
2 - Viene letta 1 Tm 3
3 - Esortazione al timore di sé. Il vescovo è tale se è buon pastore. Il servizio di Cristo: ha dato la vita per noi. Il servizio di Pietro: quello stesso di Cristo
4 - Il vescovo sia quale è chiamato. Vescovi e fedeli: condiscepoli alla scuola di Cristo
5 - Cristo, maestro d'umiltà con la parola e l'esempio. Stretti al Signore per bere al suo calice
6 - Contro gli ambiziosi del titolo, non del dovere episcopale
7 - Preferibile nel vescovo il celibato e figli spirituali
8 - Più temibili gli adulatori che i denigratori. Cristo, Vescovo dei vescovi
9 - Il popolo dipenda dalla parola, non dai costumi indegni del vescovo
10 - L'uva è da cogliere anche se tra i rovi
11 - Dolore di Ag. per la separazione dall'unità della Chiesa. Scisma donatista: fraterno richiamo all'unità. Calunnia dei Donatisti
12 - Richiamo alla Conferenza di Cartagine del 411. La carità ci guadagna se più alto è il numero di chi la possiede

1 - Il vescovo dev'essere servo di molti

Da quando Dio si è degnato di pormi in autorità presso di voi, oggi è la terza volta che alla Carità vostra si rende un discorso.

Nei due precedenti avete ascoltato soprattutto quanto riguarda voi: poiché oggi, grazia e misericordia, viene ordinato il vostro vescovo, dobbiamo trattare e di ciò che vale ad esortare noi stessi, e a rendere edotto lui, e a vostro insegnamento.

Per prima cosa chi presiede il popolo deve comprendere che è servo di molti.

E non rifugga da questo: e non rifiuti, ripeto, di essere servo di molti, poiché il Signore dei signori non ha sdegnato di essere nostro servo.

Dal feccioso fondo, proprio dell'uomo carnale, era venuta su, insinuandosi nei discepoli del Signore nostro Gesù Cristo, i nostri Apostoli, una certa smania di grandezza, la cui torbida esalazione aveva cominciato ad affumicare i loro occhi.

Infatti, come abbiamo trovato scritto nel Vangelo, sorse tra loro una discussione: chi di essi fosse il più grande. ( Lc 22,24 )

Ma il Signore, intervenendo da medico, sgonfiò il loro turgore.

Appena notò quale infetta radice avesse quella discussione, si rivolse a loro, ponendosi innanzi dei bambini: Se alcuno non diventerà come uno di questi fanciulli, non entrerà nel regno dei cieli. ( Mt 18,3 )

Nel fanciullo volle mettere in risalto l'umiltà.

Non desiderò infatti che i suoi, quanto a senno, avessero quello proprio dei bambini, come in altro passo dice l'Apostolo: Non comportatevi da bambini nei giudizi.

E aggiunse: Ma siate come bambini quanto a malizia, e uomini maturi quanto a intendimento. ( 1 Cor 14,20 )

D'altra parte grave malizia è la superbia, anzi, la malizia primitiva, il principio, la scaturigine, la causa di tutti i peccati: fu essa che sbalzò dall'alto l'angelo e ne fece il diavolo.

Inoltre questi, nel suo stato di deiezione, propinò la coppa della superbia all'uomo ben saldo al suo posto: e a monte della superbia fece issare quello che era stato creato a immagine di Dio; era ormai anche indegno, perché superbo.

Ne ebbe invidia, riuscì a persuaderlo a disprezzare il comando di Dio e a godersi la propria indipendenza.

E in che modo giunse a persuaderlo? Disse: Se mangerete, sarete come dèi. ( Gen 3,5 )

Notate, quindi, se non fu la superbia a persuadere.

Era stato creato uomo, volle essere Dio: si arrogò quel che non era, perdette ciò che era; non che ebbe a perdere la natura umana, ma perdette la beatitudine presente e futura.

Perdette la sede cui doveva essere elevato, ingannato da chi ne era stato precipitato.

2 - Viene letta 1 Tm 3

Pertanto, l'apostolo Paolo, in quella lettura che ora si proclamava - l'abbiamo ascoltata - dopo aver ricordato tra l'altro le doti proprie del vescovo, aggiunse anche questa: Non sia un neofita, come a dire "venuto di recente alla fede", perché non gli accada di montare in superbia e di cadere nella stessa condanna del diavolo. ( 1 Tm 3,6 )

Che vuol dire di cadere nella stessa condanna del diavolo?

Non è che debba essere condannato dal diavolo, ma condannato insieme al diavolo: non sarà infatti nostro giudice il diavolo; ma, perché a sua volta cadde per superbia e divenne empio a causa della superbia, sarà condannato al fuoco eterno.

Colui al quale viene conferito un posto più elevato nella Chiesa si guardi bene dal cadere, perché montato in superbia, nella condanna nella quale incorse il diavolo.

Perciò il Signore, rivolgendosi agli Apostoli e confermandoli nella santa umiltà, dopo aver proposto l'esempio del bambino, disse loro: Chiunque tra di voi vuole essere il più grande, sarà vostro servo. ( Mt 20,26 )

Ecco perché non ho recato offesa al mio Fratello, vostro futuro vescovo, perché ho voluto esortarlo ad essere vostro servo.

Infatti, se l'ho fatto per lui, ancor prima l'ho fatto per me: non parlo del vescovo quasi io sia un uomo qualunque, ma parlo come vescovo; e ciò a cui l'esorto è per me stesso motivo di timore, e richiamo alla mente quel che disse lo stesso santo Apostolo: Io dunque corro, ma non come chi è senza meta; faccio il pugilato, ma non come chi batte l'aria, anzi tratto duramente il mio corpo e lo trascino in schiavitù, perché non succeda che dopo aver predicato agli altri venga io stesso squalificato. ( 1 Cor 9,26-27 )

3 - Esortazione al timore di sé. Il vescovo è tale se è buon pastore. Il servizio di Cristo: ha dato la vita per noi. Il servizio di Pietro: quello stesso di Cristo

Di conseguenza, a dirvi in breve, siamo vostri servi: vostri servi, ma pure vostri compagni di servizio: siamo vostri servi, ma tutti abbiamo un solo Signore: siamo vostri servi, ma in Gesù, come dice l'Apostolo: Ma noi siamo vostri servi per amore di Gesù. ( 2 Cor 4,5 )

Siamo servi in grazia di colui per il quale siamo anche liberi; egli stesso, ai credenti in lui, ha detto appunto: Se il Figlio vi farà liberi, sarete liberi davvero. ( Gv 8,36 )

Esiterò allora a farmi servo per amore di lui, io, che se non mi avesse liberato, resterei in una schiavitù senza speranza?

Siamo vostri capi e vostri servi: siamo vostri capi, ma solo se ci rendiamo utili.

Consideriamo dunque in che consiste l'essere servo per il vescovo che è posto in autorità.

In che consiste anche per il Signore stesso.

Quando infatti disse ai suoi Apostoli: Chiunque fra di voi vuole essere il più grande sarà vostro servo, ( Mt 20,26 ) perché la superbia umana non disprezzasse il nome di servo, volle subito darne compensazione e, offrendosi ad esempio, incoraggiò a quanto aveva ordinato.

Chiunque tra di voi vuole essere il più grande, sarà vostro servo.

Notate però in che modo: appunto come il Figlio dell'uomo non è venuto per essere servito ma per servire. ( Mt 20,28 )

Indaghiamo in che cosa ha servito.

Se prendiamo in considerazione il servire di ordine materiale, troviamo che erano i discepoli a servire lui, e proprio loro inviava ad acquistare cibi, a prepararli.

Nel Vangelo è stato ancora scritto che, all'approssimarsi della Passione di lui, i discepoli gli chiesero: Signore, dove vuoi che ti prepariamo per mangiare la Pasqua? ( Mt 26,17 )

Egli dispone dove si deve preparare: e si avviano e preparano e servono.

Com'è allora che disse: Appunto come il Figlio dell'uomo non è venuto per essere servito, ma per servire?

Sta' a sentire quel che segue: Non è venuto - disse - per essere servito, ma per servire e dare la sua vita in riscatto per molti. ( Mt 20,28 )

Ecco come il Signore ha servito: ecco quali servi vuole che noi siamo.

Ha dato la sua vita in riscatto per molti: ci ha redenti.

Chi di noi è capace di redimere qualcuno?

Proprio dal sangue di lui, dalla morte di lui siamo stati riscattati dalla morte; dall'umiltà di lui, noi, prostrati a terra, siamo stati riportati in posizione eretta; anche noi, però, dobbiamo apportare il nostro limitatissimo contributo alle membra di lui, poiché siamo diventati membra di lui: egli il Capo, noi il Corpo.

L'apostolo Giovanni, nella sua Lettera, esortandoci appunto ad imitare il Signore che aveva detto: Chiunque tra di voi vuole essere il più grande sarà il vostro servo; appunto come il Figlio dell'uomo non è venuto per essere servito ma per servire, e dare la sua vita in riscatto per molti …, esortandoci quindi all'imitazione, afferma: Cristo ha dato la sua vita per noi, quindi anche noi dobbiamo dare la vita per i fratelli. ( 1 Gv 3,16 )

Così pure, dopo la Risurrezione, il Signore stesso, col dire: Pietro, mi ami tu?

E quello a rispondere: Ti amo.

Egli lo domandò per tre volte, quello, per tre volte, rispose; e altrettante volte il Signore: Pasci le mie pecore! ( Gv 21,15-17 )

Come mi dimostri che mi ami se non pascendo le mie pecore?

Amandomi che prova mi puoi dare quando è da me che attendi ogni cosa?

Ecco che hai da fare amandomi: pasci le mie pecore.

E questo una volta, una seconda e una terza volta.

Mi ami? Ti amo. Pasci le mie pecore.

Tre volte infatti aveva rinnegato per timore, tre volte confessò per amore.

Quindi, il Signore, dopo aver affidato per la terza volta le sue pecore a lui che rispondeva e dichiarava amore ripudiando e cancellando il timore, immediatamente soggiunse: Quando eri più giovane ti cingevi la veste da solo, e andavi dove volevi, ma quando sarai più vecchio, un altro ti cingerà la veste e ti condurrà dove tu non vuoi.

Questo gli disse per indicare con quale morte egli avrebbe glorificato Dio. ( Gv 21,18-19 )

Gli annunziò la sua croce e gli predisse il suo martirio.

Perciò, volgendosi a quel compimento, disse il Signore: Pasci le mie pecore: soffri per le mie pecore.

4 - Il vescovo sia quale è chiamato. Vescovi e fedeli: condiscepoli alla scuola di Cristo

Tale dev'essere il vescovo buono; se non sarà tale, non sarà vescovo.

Che giova ad un infelice chiamarsi Felice?

Se guardi un povero sventurato, di nome Felice, e gli dici: Vieni qui, Felice; va' là, Felice; alzati, Felice; siedi, Felice, quello, pur in mezzo al ripetersi insistente del nome, è sempre infelice; risulta qualcosa di simile quando uno è chiamato vescovo e non lo è.

Che gli conferisce l'onore del nome se non un aumento di colpa?

Ma chi è che porta il nome di vescovo e non lo è?

Chi si compiace più dell'onore che del profitto del gregge di Dio, chi in questo vertice del servizio ministeriale cerca il proprio interesse, non quello di Gesù Cristo.

È chiamato vescovo, ma non è vescovo: per lui è un nome vano.

Eppure ti rendi conto che gli uomini non lo chiamano in altro modo.

Hai veduto il vescovo? hai salutato il vescovo? Da dove vieni? dal vescovo. Dove vai? dal vescovo.

Dunque, perché sia quel che è chiamato, ascolti non me, ma con me: ascoltiamo insieme; insieme condiscepoli, nell'unica scuola, apprendiamo da Cristo, il solo Maestro che in tanto ha la cattedra in cielo, in quanto prima sulla terra ebbe a cattedra la croce.

Egli insegnò la via dell'umiltà: nel discendere per elevarsi, portandosi a visitare coloro che giacevano in basso e per elevare quanti volevano essere uniti a lui.

5 - Cristo, maestro d'umiltà con la parola e l'esempio. Stretti al Signore per bere al suo calice

Ascolta ancora, è della massima chiarezza.

Due fratelli, suoi discepoli, Giovanni e Giacomo, figli di Zebedeo, più degli altri desiderando la sua gloria, e tramite la loro madre, avendone personalmente ritegno, gli dissero, sospingendola innanzi a presentargli i loro desideri: Signore, fa' che nel tuo regno uno dei miei figli sieda alla tua destra e l'altro alla tua sinistra. ( Mt 20,21 )

E il Signore si rivolse a loro, non a lei: Voi non sapete quello che chiedete, e aggiunse: Potete bere il calice che io sto per bere? ( Mt 20,22 )

Di che calice si tratta se non quello di cui parla immediatamente prima della passione: Padre, se possibile, passi da me questo calice? ( Mt 26,39 )

Potete bere, dice, il calice che io sto per bere?

E quelli, subito, bramosi di grandezza, spensierati quanto alla loro debolezza: Lo possiamo, rispondono.

Ed egli: Il mio calice lo berrete: quanto però a sedere alla mia destra o alla mia sinistra, non sta a me concedervelo, ma è predisposto per altri dal Padre mio. ( Mt 20,23 )

Per chi è predisposto se non è predisposto per i discepoli?

Chi dovrà sedervi se non vi siederanno gli Apostoli?

Per altri è preparato, non è preparato per voi: per altri, non per i superbi.

Ed anch'egli efficacemente mise avanti l'umiltà, dicendo: Per altri è predisposto dal Padre mio; indubbiamente, pur essendo vero che era egli stesso a preparare, lo disse predisposto dal Padre suo per non apparire di presumere neppure in questo e per favorire l'umiltà, cui tendevano tutti questi avvertimenti che andava facendo.

Infatti nulla dispone il Padre che non dispone il Figlio, né il Figlio dispone quel che non dispone il Padre, dal momento che egli può dire: Io ed il Padre siamo una cosa sola; ( Gv 10,30 ) ed ancora egli può dire: Qualunque cosa fa il Padre similmente la fa anche il Figlio. ( Gv 5,19 )

Maestro di umiltà con la parola e con le opere: sempre infatti con la parola non cessò mai dall'inizio della creazione di insegnare agli uomini l'umiltà per mezzo di angeli, di Profeti; anche con il suo esempio si è degnato insegnarla.

Venne umile il nostro Creatore, creatura in mezzo a noi, egli che ha creato noi, egli che fu creato per noi: Dio prima del tempo, uomo nel tempo, per affrancare l'uomo dal tempo.

Medico infallibile, venne a guarire il nostro tumore.

Dall'oriente all'occidente il genere umano giaceva simile a un grande malato e reclamava il Medico infallibile.

Un primo tempo, questo Medico inviò i suoi aiutanti, e in seguito, venne egli stesso, quando alcuni avevano perduto ogni speranza.

A quel modo che un medico manda i suoi assistenti nel caso di un compito facile e, sopraggiungendo un aggravamento pericoloso, interviene personalmente, così l'umanità, immersa in ogni sorta di vizi, era oppressa dalla minaccia di un pericolo mortale che scaturiva soprattutto dal fomite della superbia: egli venne appunto a guarire proprio la superbia con il suo esempio.

Vergognati di essere tuttora superbo, uomo; per te Dio volle essere umile.

Molto Dio si sarebbe umiliato, se soltanto fosse nato per tuo amore: si è degnato persino di morire per te.

Egli dunque era sulla croce nella sua umanità, quando i Giudei persecutori scuotevano il capo dinanzi alla croce e dicevano: Se è il Figlio di Dio, scenda ora dalla croce e gli crederemo. ( Mt 27,40.42 )

Ma egli si manteneva nell'umiltà, per questo non scendeva: non aveva perduto la potenza, ma dava prova di pazienza.

Infatti, riflettete appunto agli effetti del suo potere e notate quanto sarebbe stato facile discendere dalla croce a lui che ebbe il potere di risorgere dal sepolcro.

Ma a te si doveva dar prova di umiltà, a te prova di pazienza; se non te ne veniva data prova, non ti si poteva comandare, ma, se con le parole si doveva imporre come legge, doveva essere presentata e raccomandata con l'esempio.

Perciò, nel Signore, vediamo di fare attenzione a questo: consideriamo la sua umiltà, beviamo al calice della sua umiliazione, teniamoci stretti a lui, il nostro pensiero sia rivolto a lui.

È facile pensare a cose eccelse, è facile compiacersi degli onori, è facile dare ascolto a chi dà assenso e a chi adula.

Tollerare la riprensione, udire con pazienza l'ingiuria, pregare per chi oltraggia, ecco il calice del Signore, ecco il convito del Signore.

Sei invitato da un potente? Fa' attenzione perché tu devi preparare altrettanto. ( Pr 23,1 sec. LXX )

6 - Contro gli ambiziosi del titolo, non del dovere episcopale

L'Apostolo, trattando dell'episcopato, ha fatto questa premessa: Chi desidera l'episcopato, aspira ad un nobile lavoro. ( 1 Tm 3,1 )

Che vuol dire questo? Non pare che abbia voluto accendere tutti del desiderio dell'episcopato: saranno allora migliori piuttosto gli ambiziosi che i modesti e migliori saranno quanti lo pretendono per sé anche senza merito, con una certa quale arroganza, piuttosto che quanti si sottraggono per timore, pure se meritevoli?

Non sia mai, non si tratta di questo: non ha insegnato questo, a nutrire l'ambizione di giungere all'episcopato.

Ma fate attenzione a quel che volle dire, se sarò capace di rendere chiaramente il mio pensiero.

Per coloro che hanno intelletto il pensiero dell'Apostolo è limpido, torbido e oscuro per i superbi e gli ambiziosi.

Dunque, l'Apostolo fa quest'affermazione: Chi desidera l'episcopato, aspira ad un nobile lavoro.

Desiderare l'episcopato non è il desiderio dell'episcopato in sé: è l'aspirazione ad un nobile lavoro.

Ma chi non compie un nobile lavoro, ma il proprio lavoro, può pretendere di essere vescovo?

Costui non desidera l'episcopato.

Questo è quanto dicevo poco fa: va dietro al nome non alla sostanza.

Voglio essere vescovo: oh, se fossi vescovo! Magari tu lo fossi!

Vai dietro al nome o alla sostanza?

Se cerchi la sostanza, desideri un nobile lavoro: se hai di mira il nome, puoi averlo anche facendo il male, ma con più grave danno.

Che diremo dunque? Che vi sono vescovi cattivi?

Guardiamoci dal dirlo, non ve ne sono; oso senz'altro dire: non vi sono vescovi cattivi, perché, se cattivi, non sono vescovi.

Tu di nuovo mi richiami al nome e dici: È vescovo, siede infatti sulla cattedra.

Anche un fantoccio è a guardia della vigna.

7 - Preferibile nel vescovo il celibato e figli spirituali

L'Apostolo ha detto ancora tra l'altro: Non sposato che una sola volta: ( 1 Tm 3,2 ) ma quanto meglio se non avesse moglie?

Nel senso di un limite massimo cui si possa arrivare, disse "non più di una", ma molto meglio se neppure una.

Abbia figli sottomessi: ( 1 Tm 3,4 ) Così che, se ne ha, li abbia sottomessi; non che cerchi di averne se non ne ha.

Ha raccomandato infatti la severità verso i figli per il buon governo della famiglia: perché, se uno non sa dirigere la propria famiglia, come potrà aver cura della Chiesa di Dio? ( 1 Tm 3,5 )

Sono parole dell'Apostolo stesso.

E come un vescovo resterà senza figli, se sarà un buon vescovo?

Insomma, il vostro vescovo, in nome di Cristo, sostenuto dalla grazia di Cristo, non ha voluto avere figli secondo la carne, per avere figli spirituali.

A voi spetta di avere per lui riverente sottomissione, devota obbedienza e di prestare il debito servizio: ed avrà figli sottomessi, veramente molti invece che pochi, quelli del cielo invece che quelli della terra, dei coeredi al posto di eredi.

8 - Più temibili gli adulatori che i denigratori. Cristo, Vescovo dei vescovi

Abbiamo parlato dei vescovi buoni e dei vescovi cattivi: abbiamo detto ciò che dobbiamo essere e ciò che non dobbiamo essere.

Ma che interesse ha per voi, popolo di Dio? Qualcosa riguarda anche voi.

Vogliamo infatti che siate edificati sulla pietra, eretti in tempio di Dio, che diventiate idonei a fare di voi la dimora di Dio, a riporre la vostra speranza non sui flutti dell'incertezza, ma sul solido fondamento.

Quali che noi siamo, voi dovete stare sicuri.

Veramente è un bene per noi essere, da vescovi, buoni capi, non avere soltanto il nome: questo è un bene per noi; in quanto tali, si promette infatti una grande ricompensa.

Se però non saremo stati tali, ma cattivi - non sia mai questo - e per amore di noi stessi saremo andati dietro a onori per noi, avremo trascurato i precetti del Signore, se non avremo fatto alcun conto della vostra salvezza, ci attendono più gravi tormenti invece dei premi che sono stati promessi.

Ma sia lungi da noi e, da parte vostra, pregate per noi: quanto più siamo in alto tanto più ci troviamo in più grave pericolo.

Il nostro pensiero va infatti al conto che dobbiamo rendere degli omaggi degli uomini più che alle ingiurie degli uomini.

Molti ci mostrano gran rispetto, molti ci calunniano e dicono male di noi.

Quanti ci lodano ci pongono in più grave rischio di quanto non sia da parte di chi sparla di noi: la deferenza degli uomini infatti solletica la nostra superbia, le maldicenze degli uomini esercitano la nostra pazienza: qui temo una caduta, là consolido la fermezza.

Uno dei servi di Dio mi ha detto infatti: Non dovete temere l'insulto degli uomini. ( Is 51,7 )

Anche il Signore Gesù Cristo dice: Sarete beati se gli uomini vi insulteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. ( Mt 5,11 )

In realtà, se diranno male, e diranno il vero, non sparlano, perché dicono la verità, parlano male però quelli che affermano il falso.

D'altra parte, che ci ha promesso il Signore? Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli. ( Mt 5,12 )

Chi parla male di me accresce la mia ricompensa: chi mi adula, intende diminuire la mia mercede.

Ma che voglio dire, fratelli? Che dobbiamo desiderare che siate maldicenti perché aumenti la nostra mercede?

Non vogliamo che sia più grande la nostra ricompensa a prezzo del vostro danno.

Parlate bene, siate obbedienti; noi resteremo nel rischio e voi non ne avrete discapito.

Che dunque se il popolo dovesse imbattersi in un vescovo cattivo?

Il Signore e vescovo dei vescovi lo fece sicuro perché la vostra speranza non sia riposta nell'uomo.

Ecco, come vescovo, vi parlo nel nome del Signore: non so quale io sia, tanto meno voi.

Posso in qualche modo sapere quale io sia in questo momento: come posso sapere che sarò un giorno o l'altro?

A quel modo che fu presuntuoso Pietro, e fu rivelato Pietro a se stesso; il malato non sapeva di sé, ma al Medico non era nascosto.

Affermò, fu presuntuoso, arrivò a promettere: Sarò con te fino alla morte. ( Lc 22,33 )

Darò la mia vita per te. ( Gv 13,37 )

Ma il grande Medico, scrutando le profondità del cuore, disse: Dài la tua vita per me?

In verità ti dico, prima che il gallo canti, tu mi rinnegherai tre volte. ( Gv 13,38 )

9 - Il popolo dipenda dalla parola, non dai costumi indegni del vescovo

Conceda pertanto il Signore, con l'aiuto delle vostre preghiere, che tali noi siamo e tali restiamo sino alla fine, come voi tutti che ci amate volete che siamo, e come ci vuole colui che ci ha chiamato e comandato; egli ci sostenga nel compimento di quello che ha imposto.

Ma, quali che siamo, la vostra speranza non sia riposta in noi.

Da vescovo, mi abbasso a dir questo: voglio rallegrarmi di voi, non essere esaltato.

Non mi congratulo affatto con qualsiasi persona che avrò scoperto riporre in me la speranza: va corretto, non rassicurato: deve cambiare, non è da incoraggiare.

Se non lo posso ammonire, provo dolore, ma se lo posso correggere, non soffro più.

Ora, dato che parlo nel nome di Cristo al popolo di Dio, parlo nella Chiesa di Dio, come un qualsiasi servo di Dio: la vostra speranza non sia riposta in noi, non sia riposta negli uomini.

Siamo buoni? siamo ministri; siamo cattivi? siamo ministri.

Ma ministri buoni, fedeli, realmente ministri.

Fate attenzione a quel che vi porgiamo; se avete fame, e non volete essere ingrati, badate da quale dispensa vi viene posto innanzi il cibo.

Non ti riguarda in quale vasello ti si porge, trovandoti sotto lo stimolo della fame.

Nella grande casa del Padre di famiglia non vi sono soltanto vasi d'oro e d'argento, ma anche di coccio. ( 2 Tm 2,20 )

Quello d'argento: è un vaso, quello d'oro: è un vaso, quello di coccio: è un vaso; tu guarda se contiene pane e di chi è questo pane che, in grazia dell'offerente, viene servito.

Volgetevi a colui di cui parlo; per suo dono vi si porge questo pane.

Egli stesso è il Pane: Io sono il pane vivo disceso dal cielo. ( Gv 6,51 )

Quindi, nelle veci di Cristo, vi porgiamo Cristo, proprio lui, in obbedienza a lui, così che sia egli a venire a voi, egli sia il giudice del nostro ministero.

Infatti, se il vescovo è ladro, non ti si dirà mai da questa esedra: "Commetti un furto", ma ti si dirà immancabilmente: "Non rubare".

Questo infatti prende il vescovo dalla dispensa del Signore.

Se avrà voluto dire qualcosa di diverso, tu lo rigetti e dici: questo non proviene dalla dispensa del Signore, mi dici cose tue.

Chi dice il falso, parla del suo. ( Gv 8,44 )

Dunque, ti parli secondo Dio: Non rubare, non commettere adulterio, non uccidere; ti parli secondo Dio, per infonderti timore, per non farti montare in superbia, per distoglierti dall'amore del mondo, così che riponga la tua speranza nel Signore.

Queste cose secondo Dio egli ti dica.

A te che importa se da parte sua non lo fa?

Il Signore Dio tuo è Cristo, ti ha rassicurato.

Egli dice: Gli Scribi e i Farisei - in figura dei capi - si sono seduti sulla cattedra di Mosè: quanto dicono, fatelo, ma non fate secondo le loro opere, perché dicono e non fanno. ( Mt 23,3 )

Che replicherai a questo? Come ti giustificherai al giudizio di Cristo?

Dirai: Ecco perché ho agito male, ho veduto che il mio vescovo non viveva rettamente.

Ti si risponderà: Per te hai scelto con chi essere condannato, non con chi condividere la salvezza.

Lo hai seguito nel vivere male: perché hai preferito imitarlo e non hai ascoltato me dalle parole di lui?

Infatti, nel mio Vangelo non ti avevo forse detto: "Quando noti dei capi cattivi, fa' quello che dicono, ma non fare quello che fanno"?

Avresti ascoltato me tramite loro e non periresti per colpa loro.

10 - L'uva è da cogliere anche se tra i rovi

Perciò, se anche i cattivi possono dire cose buone, fin d'ora rivolgiamoci a Cristo e diciamo, mossi dal desiderio di capire, non per disprezzare o reagire in contrario: Signore, se i cattivi possono dire cose buone - per questo ci hai ammonito e ci hai comandato, dicendo: fate quello che dicono, non fate quello che fanno - se i cattivi possono dire cose buone, com'è che altrove tu dici: Ipocriti, come potete dire cose buone, voi che siete cattivi? ( Mt 23,3; Mt 12,34 )

Indugiate con il pensiero sul senso intricato, fino a che, con l'aiuto di lui, potete scorgerlo spiegato.

Propongo di nuovo la questione.

Cristo dice: Fate quello che dicono, ma non fate quello che fanno: perché dicono e non fanno.

Come può essere dunque, se non perché dicono cose buone e fanno opere cattive?

Ne segue che dobbiamo fare quello che dicono, non dobbiamo fare quello che fanno.

In altro passo egli dice: Si raccoglie forse uva dalle spine o fichi dai rovi? ( Mt 7,16 )

Ogni albero si riconosce dal frutto. ( Lc 6,44 )

E che, dunque, come ci regoleremo? come possiamo intendere?

Ecco, sono rovi, sono spine. Fate.

Mi comandi di cogliere uva dalle spine: in un passo comandi, in un altro proibisci: come farò ad obbedire?

Ascolta, vedi di intendere.

Quando dico: Fate quello che dicono, ma non fate quello che fanno, fa' prima attenzione a quel che voglio dire; ho detto: si sono seduti sulla cattedra di Mosè.

Quando dicono cose buone, non sono essi a parlare, ma la cattedra di Mosè.

Ha usato il termine "cattedra" nel senso di "dottrina"; non perché è la cattedra a parlare, ma la dottrina di Mosè; essa è presente nella loro memoria, non lo è nelle loro opere.

Ma quando sono essi a dire, quando essi parlano, cioè, quando dicono del proprio, che cosa si sentono dire?

Come potete dire cose buone voi che siete cattivi?

Notate infatti un altro paragone.

Non raccogliete uva dalle spine: evidentemente, non è possibile che talora venga uva dalle spine.

Non avete però notato che il tralcio della vite, crescendo, può finire in una siepe e svilupparsi tra i rovi e che, in mezzo alle spine, mette fuori un germoglio e produce un grappolo?

Hai fame e ti trovi a passare e vedi un grappolo che pende tra le spine: non ti muovi, non cogli.

Hai fame e vuoi cogliere: spicca, protendi la mano con diligenza e cautela: evita le spine, spicca il frutto.

Così quand'anche sia un uomo pessimo o cattivo a comunicarti la dottrina di Cristo, ascolta, recepisci, non disprezzare.

Se l'uomo è cattivo, le spine sono sue; se espone cose buone, è come il grappolo che pende in mezzo alle spine, ma che non nasce dalle spine.

Perciò, se hai fame, prendi, ma tieni d'occhio le spine.

Infatti, se comincerai a imitarne le opere, mentre lo ascoltavi volentieri, imprudentemente hai proteso la mano: ti sei imbattuto nelle spine ancor prima di giungere al frutto: ne vieni fuori ferito, ne esci lacerato: non ti giova più il frutto che viene dalla vite, ma ti nuocciono le spine che derivano da radice propria.

Quindi, per non restare ingannato, guarda da dove hai spiccato il frutto: là c'è un tralcio.

Osservalo e ti accorgi che fa parte della vite, viene fuori dalla vite, si sviluppa dalla vite, ma finisce tra le spine.

Che dunque la vite deve ritirare a sé i tralci?

Così pure la dottrina di Cristo, nel suo progredire e diffondersi, è penetrata tra alberi buoni, è avanzata tra spine nocive: è annunciata da parte dei buoni, è annunciata da parte dei cattivi.

Tu scorgi donde nasce il frutto, dov'è che nasce quel che ti nutre e dov'è che nasce quel che ti punge: alla vista appare un intreccio indistinto, ma, quanto a radici, c'è separazione.

11 - Dolore di Ag. per la separazione dall'unità della Chiesa. Scisma donatista: fraterno richiamo all'unità. Calunnia dei Donatisti

Ma fate attenzione a questo, fratelli miei, poiché vogliamo dire anche qualcosa di un nostro assai acerbo dolore, badate a questo, alla ragione per cui alcuni fratelli nostri si siano separati da noi.

Ci dicano: perché? C'erano vescovi cattivi.

Occupavano le loro sedi, sedevano sulle cattedre di Cristo, erano nell'unità di Cristo: non bisognava separarsi dall'unità.

Di per se stessi erano cattivi: tu dovevi fare quello che il Signore ha prescritto: Fate quello che dicono, ma non fate quello che essi fanno. ( Mt 23,3 )

Perché ti sei separato dalla cattedra di Cristo?

Se vi sedette un uomo pestifero dovevi ascoltarlo non imitarlo.

Pur tuttavia puoi darne le prove quando dici: Vi sedeva un uomo pestifero?

Da parte mia, invece, ti do la prova che ad essere pestifero sei tu, che hai abbandonato la cattedra di Cristo.

Quel che tu sostieni, è occulto; di quanto affermo, io do la prova.

A condannarti è la tua separazione, ti punisce la tua separazione.

Insieme siamo stati riscattati, un identico prezzo ci ha equiparati; sono citate le tavole del nostro riscatto, il documento del nostro riscatto è il santo Vangelo.

Apro, lo leggo. Che apro? che leggo?

Leggo dove siamo stati riscattati, dove siamo fratelli e compagni di servizio, dove siamo stati costituiti in unità.

Non è stato omesso infatti ciò che Cristo ha acquistato, perché nessuno potesse sottrargli il suo possesso e sostituirlo con un altro; non ha omesso affatto quel che egli ha acquistato.

Apri i registri, leggi: sono stati stilati i documenti, non ha acquistato senza ricevuta: previde i futuri interpreti maligni; lo ha fatto precisamente per controbattere i falsi accusatori.

Quel che si legge, è creduto: ora si legge, nota da chi è scritto, nota chi è a parlare, nota chi lo accoglie.

Egli parlava, gli Apostoli raccoglievano: ce ne hanno lasciato gli scritti.

Leggiamo dunque il documento, fratelli: perché litighiamo?

Perché, se i registri del Signore nostro, del nostro riscattatore possono eliminare da noi la lite?

Tu dici che la Chiesa di Cristo è tra gli abitanti dell'Africa, in Africa: io dico che la Chiesa di Cristo è diffusa in mezzo a tutti i popoli.

Ecco la causa del dissenso, ecco da dove sorge l'urto tra fratelli.

Tu litighi per un partito: litighi per restare in una fazione.

Io mi oppongo a te perché tu abbia il tutto.

Vedi di intendere il dissentire che concilia, intendi il contrastare della carità.

Non ti dico: sei stato vinto, ritirati.

Dall'inizio infatti dispiacquero al Signore nostro Gesù Cristo coloro che volevano dividere l'eredità.

A lui, che annunziava la verità in mezzo alle genti, disse uno del popolo: Signore, di' a mio fratello che divida con me l'eredità. ( Lc 12,13 )

E il Signore, che non volle ratificare la divisione, egli che era venuto a fare l'unità - appunto in riferimento all'unità abbiamo ascoltato nel Vangelo: Ho altre pecore che non sono di quest'ovile; anche queste io devo condurre, perché si faccia un solo gregge ed un solo pastore ( Gv 10,16 ) - il Signore dunque, che amava l'unità, detestava la divisione, disse a quell'uomo: Dimmi, o uomo, chi mi ha costituito a dividere l'eredità tra di voi? ( Lc 12,14 )

Io vi dico: Guardatevi da ogni cupidigia. ( Lc 12,15 )

Non volle dividere l'eredità: era venuto a conglutinare l'unità, a dare per ogni dove un'eredità unica.

Si leggano i documenti dell'eredità sua propria; si leggano, come avevo già iniziato a dire.

Risuscitò dai morti, si fece vedere ai discepoli, non solo si lasciò vedere, ma anche toccare e palpare.

Palpate - disse - e toccate e guardate; un fantasma non ha ossa e carne come vedete che io ho. ( Lc 24,39 )

Credevano infatti che quello fosse uno spirito, non un corpo; che fosse un fantasma, non la realtà.

E poiché per la gioia erano ancora stupefatti, disse loro: ( Lc 24,41 ) Queste sono le cose che vi dicevo quando ero ancora in mezzo a voi; non sapevate che bisognava si adempissero tutte le cose che di me sono state scritte e nella Legge di Mosè e nei Profeti e nei Salmi? ( Lc 24,44 )

Che vuol dire questo? che è stato scritto di lui nella Legge, nei Profeti e nei Salmi?

Ascolta: perché bisognava che il Cristo patisse. ( Lc 24,46 )

Credo, dice. Va bene, fratelli, fate attenzione al resto.

Leggo i registri del Signore, leggo il documento, o meglio, leggo il testamento della nostra eredità; leggiamo, vediamo di capire: perché litighiamo?

Ecco, io leggo, ascolta il resto: bisognava che il Cristo patisse.

Lo credi con me? Credo, risponde.

E che risorgesse dai morti il terzo giorno.

Credi con me? Credo in pieno.

Credi anche il resto, e la discordia ha fine.

Che altro c'è ancora? E nel suo nome saranno predicati a tutte le genti la penitenza e la remissione dei peccati, cominciando da Gerusalemme. ( Lc 24,47 )

Ecco quel che leggo: questa è la Chiesa di Cristo: a tutte le genti, cominciando da Gerusalemme.

Possiedila con me e abolirai la discordia.

Se non sarai in essa, resterai in una parte.

Vinci per tua rovina, sarai vinto per tuo vantaggio.

Riconosci di essere stato vinto e avrai insieme a me la Chiesa che è diffusa in mezzo a tutte le genti, cominciando da Gerusalemme.

Si leggono gli scritti del Signore, si legge il Vangelo del Signore: perché mi accusi falsamente di aver bruciato questi scritti?

Chi si deve ritenere che li abbia bruciati? chi vi ha aderito o chi li disprezza?

Chiunque li abbia bruciati, da qualsiasi parte sia stata mossa la questione, leggiamo, ascoltiamo, facciamo, troviamoci d'accordo; lasciamo il passato al passato, lasciamo le cose che passano a coloro che sono passati.

12 - Richiamo alla Conferenza di Cartagine del 411. La carità ci guadagna se più alto è il numero di chi la possiede

Il loro avvocato, il loro difensore, trovandosi alle strette, nel bel mezzo della nostra conferenza, gridò: "Una causa non pregiudica un'altra causa, né una persona pregiudica un'altra persona".

È colpevole Ceciliano? tutt'altro, Ceciliano non è colpevole, ma supponi che Ceciliano sia colpevole; ascolta però il tuo difensore: Né una causa pregiudica un'altra causa, né una persona un'altra persona.

Una persona non sarebbe di pregiudizio ad un'altra persona: e pregiudicherebbe tutta la terra? sarebbe di pregiudizio all'eredità di Cristo che si diffonde fra tutte le genti, a cominciare da Gerusalemme?

Ceciliano è colpevole: forse per questo Cristo mentisce?

Eppure Ceciliano non è colpevole, ma tu non vuoi essere un cristiano retto.

Che ho a che fare io con l'uomo? Di questo vi dicevo, a questo vi incoraggiavo.

La mia speranza non è riposta in Ceciliano; io non ho posto la mia speranza nell'uomo.

Se Ceciliano è stato onesto, mi rallegrerò con un fratello buono; se è stato ingiusto, io non sono giudice delle intenzioni segrete di un fratello.

Perciò, messo un poco da parte Ceciliano, la sua dignità e il suo ricordo, mi rivolgo dunque al Signore e parlo direttamente a Cristo contro mio fratello.

Non però come fa lui; non gli dico: Signore, di' a mio fratello che divida con me l'eredità; ( Lc 12,13 ) ma dico: Signore, di' a mio fratello che abbia insieme a me l'eredità.

Così, per il fatto che mi sono rivolto al Signore contro mio fratello, non è stato in opposizione a lui, ma a suo favore: non voglio privarlo dell'eredità, non voglio possedere da solo, so bene che non diventerà insufficiente quanto possiedo nel caso siano in molti a possederlo con me.

Quel che possiedo è quella che ancor più si estende crescendo il numero dei possessori: ha nome carità.

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