La Trinità

Indice

Libro IV

15.20 - Errore degli orgogliosi

Vi sono alcuni che pensano di potersi purificare con il loro proprio sforzo per contemplare Dio e unirsi a lui: questa superbia è la loro peggiore immondezza.

Infatti non vi è alcun vizio cui più si oppone la legge divina e che conceda un diritto più indiscutibile a quello spirito pieno di superbia, aiuto nella discesa agli abissi, impedimento nell'ascesa alle vette, a meno che per un'altra via non si eludano le sue insidie o gli attacchi aperti che egli promuove per mezzo di un popolo vizioso, indicato in Amalec, e gli ostacoli che egli frappone all'entrata nella terra promessa non si superino per mezzo della croce del Signore, prefigurata nelle braccia aperte di Mosè. ( Es 17,8-16 )

Il motivo della pretesa di costoro di purificarsi da se stessi è che alcuni di essi sono riusciti a sollevare la punta dello spirito al di sopra di ogni creatura e attingere, per quanto poco, la luce della immutabile verità; e poiché molti cristiani che vivono attualmente solo di fede non hanno potuto fare altrettanto, li deridono. ( Ab 2,4; Rm 1,17; Gal 3,11; Eb 10,38; 2 Cor 5,7 )

Ma a chi è superbo, e per questo si vergogna di salire sulla nave, che giova intravedere da lontano la patria d'oltremare?8

Oppure che nuoce a chi è umile il non vederla per tanta distanza, se si trova dentro la nave che voga verso di essa e sulla quale il superbo rifiuta di viaggiare?

16.21 - I filosofi non hanno potuto vedere nelle ragioni eterne ciò che concerne la storia

Costoro criticano anche la nostra fede nella risurrezione della carne e pretendono che invece diamo il nostro assenso a ciò che essi affermano anche circa queste cose.

Come se debbano essere consultati sul cambiamento delle cose mutevoli e sul concatenarsi dei secoli per il fatto che sono riusciti, tramite le creature, a comprendere la realtà trascendente ed immutabile.

Certo, le loro spiegazioni sono pienamente esatte e i loro argomenti decisivi nel dimostrare la dipendenza assoluta di ogni cosa temporale dalle ragioni eterne, ma ne consegue per questo che siano riusciti a penetrare queste ragioni stesse e dedurne quanti generi di animali vi siano, quali furono all'origine i loro germi, quale il processo del loro sviluppo, quali numeri reggano le loro concezioni, le loro nascite, le loro età e i loro declini, quali i movimenti regolatori dei loro istinti che li portano verso ciò che è loro naturale e li allontanano da ciò che è loro nocivo?

Non si sono forse informati circa queste cose, non per mezzo di quella immutabile sapienza ma sulle pagine della storia nella sua evoluzione spaziale e temporale, prestando fede a ciò che altri hanno per esperienza appreso e consegnato ai loro scritti?

È dunque ancor meno degno di meraviglia che non abbiano in alcun modo potuto investigare una così larga serie di secoli né incontrare, per così dire, un termine al centro di questo scorrere dei secoli, che come un fiume trascina il genere umano, né il cambiamento di rotta che porta ciascuno al suo punto di arrivo particolare.

Queste cose non hanno potuto scrivere gli storici, perché troppo lontane nell'avvenire e nessuno ne ha fatto l'esperienza e la narrazione.

Né questi filosofi migliori degli altri ne hanno avuto la visione intellettuale in quelle supreme ed eterne ragioni, altrimenti non si sarebbero accontentati di indagare il passato, come possono fare gli storici, ma svelerebbero anche il futuro.

Coloro che ebbero questo potere, ebbero presso di loro il nome di vati, presso di noi quello di Profeti.

17.22 - Prescienza del futuro

Ma per la verità il nome di Profeta non è del tutto estraneo alla loro letteratura.

Tuttavia interessa moltissimo distinguere tra diverse possibilità.

Il futuro può essere congetturato dalle esperienze del passato.

I medici per esempio, che pronosticano molte cose, mettono per iscritto i risultati delle loro osservazioni, così gli agricoltori ed anche i marinai predicono molte cose ( quando tali predizioni sono molto anteriori agli avvenimenti, sono ritenute divinazioni ).

Oppure gli eventi futuri sono già in processo di svolgimento e vengono preannunciati da chi ha la fortuna di scorgerli da lontano per una vista relativamente acuta ( quando le potenze dell'aria fanno questo si ritiene che facciano delle divinazioni ).

È come se qualcuno dalla vetta di un monte vedesse uno che viene da lontano e annunciasse in anticipo la sua venuta a coloro che abitano lì vicino nella pianura.

Oppure gli Angeli santi, ai quali Dio li rivela per mezzo del suo Verbo e Sapienza nella quale stanno immobili il futuro e il passato, rivelano ad alcuni uomini gli eventi futuri e questi poi li trasmettono ad altri.

Oppure gli spiriti di alcuni uomini vengono così innalzati dallo Spirito Santo da apprendere, non per mezzo degli Angeli ma da sé, le cause degli eventi futuri, come già presenti nel supremo principio delle cose.

Del resto anche le potestà dell'aria odono circa queste cose ciò che annunciano gli Angeli o gli uomini, ma odono solo nella misura che ritiene utile Colui al quale tutto è sottomesso.

Infine molte predizioni hanno origine da una specie di istinto e d'impulso inconscio dello spirito: così Caifa non sapeva ciò che diceva ma fu la sua carica di pontefice che lo fece profetizzare. ( Gv 11,51 )

17.23 - Non si debbono consultare i filosofi sulla conoscenza del futuro e sulla risurrezione

Dunque circa il susseguirsi dei secoli e la risurrezione dei morti non dobbiamo consultare i filosofi, nemmeno coloro che compresero, secondo le loro possibilità, l'eternità del Creatore, nel quale viviamo, ci muoviamo e siamo. ( At 17,28 )

Perché pur conoscendo Dio dalle sue opere non gli hanno dato gloria come Dio né gli hanno reso grazie, ma affermando di essere sapienti sono divenuti stolti. ( Rm 1,21 )

Essendo impotenti d'altra parte a tener fissa così fermamente la punta dello spirito nell'eternità dell'essere spirituale e immutabile così da vedere, nella sapienza del Creatore e Signore dell'universo, il volgere dei secoli, che in essa erano già e per sempre mentre quaggiù non sarebbero stati che per non essere più, e da vedervi i progressi non solo spirituali ma anche materiali degli uomini fino alla loro perfezione propria a ciascuno; essendo dunque del tutto impotenti a vedervi queste cose, non sono nemmeno stati giudicati degni di apprenderle dagli Angeli santi né esteriormente per mezzo di impressioni fisiche né interiormente per mezzo di rivelazioni rese manifeste nello spirito.

In tal modo invece le appresero i nostri padri che erano animati da una vera pietà, essi a loro volta le manifestarono e, confermandole con miracoli compiuti sul momento e con predizioni realizzatesi a breve distanza di tempo, si sono acquistati una tale autorità da poter essere creduti circa quelle cose che, secondo la loro profezia, sarebbero accadute nel futuro più lontano fino alla fine dei tempi.

Invece le potestà dell'aria, superbe e ingannatrici, sebbene abbiano manifestato tramite i loro indovini alcune cose apprese dai santi Profeti e dagli Angeli sulla società e città dei santi e sul vero Mediatore, lo hanno fatto per attrarre gli stessi fedeli di Dio, con verità che loro non appartengono, alle falsità che loro appartengono. ( Mt 24,24 )

Ma Dio si è comportato in modo che grazie anche ad essi ( senza che lo sapessero ) la verità risuonasse ovunque, ai fedeli come aiuto, agli empi come testimonio.

18.24 - Il Figlio di Dio si è incarnato ed ha fatto convergere a sé la nostra fede per condurci alla sua verità

Poiché dunque eravamo incapaci di attingere l'eterno e le immondezze dei peccati, contratte con l'amore delle cose temporali e quasi naturalmente radicate in noi con la propagazione della natura mortale, ci schiacciavano sotto il loro peso, ci era necessaria una purificazione.

Ma noi avremmo potuto essere purificati per essere adattati alle cose eterne solo per mezzo delle cose temporali alle quali già aderivamo.

Infatti tra la malattia e la salute c'è una distanza grandissima, ma tra le due il rimedio non conduce alla salute, se non conviene con la malattia.

Usate male, le cose temporali ingannano gli ammalati; usate bene, procurano loro salute e li innalzano poi alle cose eterne.

Da parte sua l'anima razionale per purificarsi è tenuta alla fede nei riguardi delle cose temporali così come, una volta purificata, è tenuta alla contemplazione nei riguardi delle cose eterne.

Disse uno di quei personaggi che nei tempi passati furono ritenuti sapienti presso i Greci: Ciò che l'eternità è in rapporto a ciò che incomincia, la verità lo è in rapporto alla fede.9

Ed è un'affermazione certamente esatta.

Ciò che noi chiamiamo "temporale", egli lo ha chiamato: ciò che incomincia.

A questo genere di cose apparteniamo anche noi, non soltanto per il corpo, ma anche per la mutevolezza dell'anima.

Non si può, a rigore, chiamare eterno ciò che muta per qualche aspetto.

Quanto più dunque siamo mutevoli, tanto più siamo lontani dall'eternità.

Tuttavia ci è promesso di arrivare alla vita eterna per mezzo della verità dalla cui evidenza, ancora una volta, la nostra fede è tanto lontana, quanto dall'eternità la nostra mortalità.

Ora dunque accordiamo fede alle cose compiute per noi nel tempo per essere purificati per mezzo di essa, perché quando giungeremo alla visione, come alla fede subentra la verità, così alla mortalità subentri l'eternità.

Ne consegue che la nostra fede diverrà verità quando giungeremo a ciò che è promesso a noi che crediamo, ma ci è promessa la vita eterna.

Ora la Verità ha detto ( non la verità che diverrà tale un giorno, come lo diverrà la nostra fede, ma quella che è sempre verità perché in essa c'è l'eternità ), dunque la Verità ha detto: Questa è la vita eterna: che conoscano te solo vero Dio e colui che hai mandato, Gesù Cristo; ( Gv 17,3 ) quando dunque nella visione la nostra fede diverrà verità, allora l'eternità possederà la nostra mortalità trasfigurata. ( 1 Cor 13,12; Gv 8,32 )

In attesa che ciò accada ed affinché accada, poiché accordiamo alle cose che nascono l'adesione della nostra fede, come nelle eterne speriamo la verità della contemplazione, affinché non vi fosse discordanza tra la fede della vita mortale e la verità di quella eterna, la stessa Verità coeterna al Padre è nata sulla terra, ( Sal 85,12 ) quando il Figlio di Dio venne per diventare Figlio dell'uomo e per ricevere lui stesso in sé la nostra fede che ci conducesse alla verità di lui, che ha assunto la nostra mortalità in modo da non perdere la sua eternità.

C'è infatti tra le cose che cominciano e l'eternità lo stesso rapporto che c'è tra la fede e la verità.10

Così ci era necessaria una purificazione che permettesse a lui di nascere per noi, pur rimanendo eterno, affinché non lo possedessimo in un modo nella fede e in un altro nella verità.

Noi certo abbiamo avuto origine ma non per questo avremmo potuto passare all'eterno, se l'Eterno, partecipando alla nostra sorte col nascere come noi, non ci avesse trasportati all'eternità.

Ora perciò la nostra fede se ne è andata in qualche modo là dove è salito Cristo, oggetto della nostra fede per la quale lo crediamo nato, morto, risorto e asceso.

Di queste quattro tappe conoscevamo personalmente le prime due; sappiamo infatti che gli uomini nascono e muoiono.

Quanto alle altre due, la risurrezione e l'ascensione, abbiamo il diritto di sperare che si realizzeranno in noi perché crediamo che già si sono realizzate in lui.

Quindi, dato che in lui anche ciò che ha avuto origine è passato all'eterno, passerà all'eterno anche in noi quando la fede sarà giunta alla verità.

Ecco ciò che disse ai credenti perché perseverassero nella parola della fede e da ciò condotti alla verità e per essa all'eternità, fossero liberati dalla morte: Se persevererete nei miei insegnamenti, siete veramente miei discepoli. ( Gv 8,31 )

E, come se avessero chiesto: "Con quale vantaggio?", proseguendo disse: E conoscerete la verità. ( Gv 8,32 )

Quasi poi insistessero di nuovo: "Che vantaggio porta ai mortali la verità?", continuò: E la verità vi farà liberi. ( Gv 8,32 )

Da che cosa se non dalla morte, dalla corruzione, dalla mutevolezza?

Sì, la verità resta immortale, incorrotta, immutabile.

Ora la vera immortalità, la vera incorruttibilità, la vera immutabilità è l'eternità stessa. ( Sal 117,2 )

19.25 - Annunci della missione del Figlio

Ecco per qual fine il Figlio di Dio è stato mandato o meglio che cos'è la missione del Figlio di Dio.

Tutti i fatti compiuti nel corso del tempo in seno alle cose che hanno avuto inizio e che nell'eternità hanno avuto la loro origine ed hanno il loro termine, per costituire la nostra fede, dalla quale siamo purificati per contemplare la verità, costituiscono o delle testimonianze di questa missione o la stessa missione del Figlio di Dio.

Ma alcune testimonianze annunciavano la sua venuta futura, altre attestavano la sua venuta passata.

Era conveniente che fattosi creatura Colui per mezzo del quale è stata fatta ogni creatura, avesse come testimonio ogni creatura.

Se infatti molti inviati non avessero annunciato l'inviato unico, non si sarebbe tenuto l'unico dopo aver rimandato i molti.

E se non ci fossero stati dei testimoni così considerevoli da sembrar grandi ai piccoli, non lo si sarebbe ritenuto abbastanza grande da poter fare grandi gli altri, lui che, piccolo, è stato mandato ai piccoli.

Ora il cielo, la terra e tutto ciò che contengono sono opere del Figlio di Dio, ( Sal 33,9 ) dato che per mezzo di lui tutte le cose sono state fatte, ( Gv 1,3 ) incomparabilmente più importanti che i miracoli e i portenti profusi per testimoniarlo.

Tuttavia gli uomini sono condotti a credere, loro piccoli, a queste sue opere veramente grandi dal timore di queste dimostrazioni giudicate grandi ma in realtà piccole.

19.26 - Cristo conosciuto nella sua inferiorità rispetto al Padre, sconosciuto nella sua uguaglianza al Padre

Dunque, quando venne la pienezza dei tempi, Dio mandò il suo Figlio, fatto da donna, fatto sotto la Legge; ( Gal 4,4 ) fatto e perciò piccolo, e mandato appunto perché fatto.

Se dunque è il superiore che invia l'inferiore, riconosciamo anche noi che colui che è fatto è inferiore in quanto fatto, e che in tanto è fatto in quanto è mandato.

Infatti ha mandato il suo Figlio fatto da donna; ma poiché tutte le cose sono state fatte per mezzo di lui, non solo prima che fosse mandato come fatto ma prima dell'esistenza di tutte le cose, noi ammettiamo l'uguaglianza fra chi lo inviò e lui stesso del quale dichiariamo l'inferiorità in quanto mandato.

Come mai allora prima di questa pienezza dei tempi, quando conveniva che fosse mandato, prima della sua missione, ha potuto mostrarsi ai Patriarchi in alcune visioni angeliche di cui essi erano favoriti, ( At 7,38; Es 20,1ss ) se nemmeno quando fu mandato poté essere visto nella sua uguaglianza con il Padre?

Per quale motivo infatti dice a Filippo che lo vedeva di certo nella sua carne ( come del resto gli altri, inclusi quelli stessi che lo crocifissero ): Da così tanto tempo sono con voi e non mi conoscete ancora?

Filippo, chi ha visto me ha visto il Padre, ( Gv 14,9 ) se non perché lo si vedeva e non lo si vedeva?

Era visibile in quanto come mandato era stato fatto, invisibile in quanto Creatore che tutto aveva fatto.

E perché disse anche: Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, egli mi ama; e chi ama me, sarà amato dal Padre.

Ed io lo amerò e manifesterò me stesso a lui, ( Gv 14,21 ) mentre era manifesto agli occhi degli uomini, se non intendeva porgere come oggetto alla nostra fede la carne assunta dal Verbo nella pienezza dei tempi e riservare il Verbo stesso, per mezzo del quale sono state fatte tutte le cose, come oggetto di contemplazione nell'eternità al nostro spirito, dopo che sarà stato purificato dalla fede?

20.27 - Il Figlio consustanziale al Padre e mandato da lui

Se dunque il Figlio si dice mandato dal Padre perché questi è Padre e quello è Figlio, niente ci impedisce di credere che il Figlio sia uguale e consustanziale al Padre e che tuttavia il Figlio sia stato mandato dal Padre.

Non perché l'uno sia superiore e l'altro inferiore, ma perché l'uno è Padre e l'altro è Figlio, l'uno genitore e l'altro generato, l'uno dal quale è colui che viene mandato, l'altro che è da colui che manda.

Infatti è il Figlio che ha origine dal Padre, non il Padre dal Figlio.

Conseguentemente possiamo capire che la missione del Figlio non si identifica semplicemente con l'incarnazione del Verbo, ( Gv 1,14 ) ma è il principio che ha determinato l'incarnazione del Verbo e il compimento da parte di lui, personalmente presente, degli eventi che sono stati registrati.

In altre parole la missione non è solo dell'uomo assunto dal Verbo, ma altresì del Verbo che è stato mandato a farsi uomo.

Perché la sua missione non presuppone una differenza di potere o di sostanza o di altro nei riguardi del Padre ma presuppone l'origine del Figlio dal Padre, non del Padre dal Figlio.

Infatti il Verbo è il Figlio del Padre ed è detto anche Sapienza del Padre.

Che meraviglia dunque se il Figlio è mandato non perché è ineguale al Padre ma perché è una emanazione pura della luce di Dio onnipotente? ( Sap 7,26 )

Qui ciò che emana e ciò da cui emana sono di una sola ed identica sostanza.

Non è un'emanazione come quella dell'acqua che scaturisce dalle aperture naturali della terra o della roccia, ma come quella della luce dalla luce.

Quando si dice: Splendore della luce eterna, ( Sap 7,26 ) che altro si intende significare se non che è luce della luce eterna?

Lo splendore della luce che altro è se non luce?

È di conseguenza coeterno alla luce dalla quale è luce.

Tuttavia la Scrittura ha preferito l'espressione: Splendore della luce all'altra: "Luce della luce", affinché nessuno credesse più oscura la luce che emana di quella da cui emana.

Invece sentendola chiamare suo splendore è più facile pensare che l'una deve all'altra il suo chiarore, piuttosto che credere che questa brilla meno dell'altra.

Ma poiché non v'era da temere che qualcuno ritenesse inferiore la luce generatrice ( nessun eretico ha mai osato affermare questo né è da credere che qualcuno oserà farlo ), la Scrittura previene l'idea che la luce emanata sia più oscura della luce generatrice; ha eliminato tale congettura dicendo: è lo splendore di essa, cioè della luce eterna, e così dimostra la sua uguaglianza.

Infatti, inferiore, ne sarebbe l'ombra, non lo splendore; se fosse invece maggiore, non ne emanerebbe perché non potrebbe superare la luce dalla quale è generata.

Dunque, poiché da essa emana, non le è superiore, ma poiché non ne è l'ombra, ma lo splendore, non le è inferiore: perciò è uguale.

Né deve metterci in imbarazzo l'espressione: una emanazione pura della luce di Dio onnipotente, come se essa non fosse onnipotente, ma emanazione dell'Onnipotente.

Infatti il testo aggiunge subito: Essendo unica essa può tutto. ( Sap 7,25 )

Ora chi è onnipotente, se non Colui che può tutto?

Essa è dunque mandata da Colui dalla quale emana.

Sotto questa forma infatti anche la implora colui che l'amava e la desiderava: Mandala, dice, dai santi cieli, mandala dal trono della tua gloria, perché mi assista e condivida le mie fatiche. ( Sap 9,10 )

Cioè: mi insegni a lavorare per evitarmi le pene del lavoro, perché i suoi lavori sono le virtù.

Ma in una maniera è inviata perché sia con l'uomo, in un'altra perché sia essa stessa uomo.

Infatti: Essa si trasfonde nelle anime sante e ne fa degli amici di Dio e Profeti, ( Sap 7,27 ) alla maniera in cui riempie anche gli Angeli santi e per mezzo di essi opera tutto ciò che armonizza con questa specie di funzioni.

Ma quando venne la pienezza dei tempi fu mandata, ( Gal 4,4 ) non per riempire gli Angeli, né perché fosse un Angelo ( eccetto nella misura in cui annunciava le intenzioni del Padre, che erano anche le sue ), non perché fosse con gli uomini o negli uomini, come era anche prima nei Patriarchi e nei Profeti, ma perché il Verbo stesso si facesse carne, cioè diventasse uomo.

In questo sacramento posteriormente rivelato c'era la salvezza anche dei sapienti e dei santi che nacquero dalla donna, prima che egli nascesse dalla Vergine.

Nel suo compimento e nel suo annuncio c'è la salvezza di tutti coloro che credono, che sperano, che amano.

Ecco: Il grande mistero della pietà, che fu manifestato nella carne, giustificato nello spirito, apparve agli Angeli, fu predicato alle genti, fu creduto nel mondo, fu elevato nella gloria. ( 1 Tm 3,16 )

20.28 - La missione del Figlio consiste nella sua venuta nel mondo e nella sua presenza nelle anime

Dunque il Verbo di Dio è mandato da Colui del quale è Verbo; è mandato da Colui dal quale è nato; manda colui che genera, è mandato colui che è generato.

Ed egli è mandato a qualcuno nel momento in cui lo si conosce e lo si comprende, per quanto permette di conoscerlo e comprenderlo la forza penetrativa di un'anima razionale che progredisce verso Dio o che in Dio è già perfetta.

Dunque il Figlio non è detto mandato per il fatto stesso che è nato dal Padre, ma quando o si manifesta in questo mondo il Verbo fatto carne, ( Gv 1,14 ) per cui egli dice: Sono nato dal Padre e sono venuto in questo mondo, ( Gv 16,28 ) o nel corso del tempo è percepito dallo spirito di qualcuno, nel senso in cui è detto: Mandala, affinché mi assista e condivida il mio lavoro. ( Sap 9,10 )

Ora ciò che è nato dall'Eterno esiste in eterno: È lo splendore della luce eterna, ( Sap 7,26 ) mentre ciò che è mandato nel corso del tempo è conosciuto da qualcuno.

Ma quando il Figlio di Dio si è manifestato nella carne, è in questo mondo che egli è stato mandato, nella pienezza dei tempi, per la sua nascita da donna: Perché, siccome nella Sapienza di Dio il mondo con la propria sapienza non ha potuto conoscere Dio, dato che la luce splende nelle tenebre, ma le tenebre non l'hanno compresa, ( Gv 1,5 ) piacque a Dio di salvare con la stoltezza della predicazione coloro che credono fermamente. ( 1 Cor 1,21 )

Gli piacque cioè che il Verbo si facesse carne ed abitasse tra noi.

Invece quando nel corso del tempo qualcuno prende coscienza del suo progresso si dice giustamente che il Verbo è mandato, ma non in questo mondo, ( Gv 3,17 ) perché evidentemente non appare in maniera sensibile, cioè non cade sotto i sensi del corpo.

Perché anche noi, in quanto secondo le nostre possibilità attingiamo con lo spirito qualcosa di eterno, non siamo in questo mondo, come anche gli spiriti dei giusti, anche quelli che vivono in questo corpo, in quanto esperimentano la dolcezza delle cose divine, non sono in questo mondo.

Ma il Padre, anche quando lo si conosce temporalmente, non si dice mandato, perché non ha alcuno dal quale ricevere l'essere o dal quale procedere.

La Sapienza esclama: Io sono uscita dalla bocca dell'Altissimo, ( Sir 24,1.5 ) e dello Spirito Santo è detto: Egli procede dal Padre, ( Gv 15,26 ) ma il Padre da nessuno.

20.29 - La missione dello Spirito Santo consiste nella conoscenza che abbiamo della sua processione dal Padre

Dunque come il Padre ha generato, il Figlio è stato generato, così il Padre ha mandato, il Figlio è stato mandato.

Ma come nel caso di colui che ha generato e di colui che è stato generato, colui che ha mandato e colui che è stato mandato sono una sola cosa, perché il Padre e il Figlio sono una sola cosa.

Così pure lo Spirito Santo è una cosa sola con essi, perché i Tre sono una sola cosa. ( 1 Gv 5,7 )

Come infatti per il Figlio nascere è essere dal Padre, così per il Figlio essere mandato è essere conosciuto nella sua origine dal Padre.

Alla stessa maniera come per lo Spirito Santo essere il dono di Dio è procedere dal Padre, così per lui essere mandato è venir conosciuto nella sua processione dal Padre, e non possiamo dire che lo Spirito Santo non proceda anche dal Figlio.

Non per nulla infatti il medesimo Spirito Santo è detto Spirito del Padre e del Figlio. ( Mt 10,20; Gal 4,6 )

Né vedo che altro abbia voluto dire Cristo quando, soffiando sul volto dei discepoli ha dichiarato: Ricevete lo Spirito Santo, ( Gv 10,22 ) perché quel soffio corporeo, che procede dal corpo con una sensazione di contatto fisico non era la sostanza dello Spirito Santo, ma la rappresentazione, attraverso un simbolo adatto, che lo Spirito Santo non procede solo dal Padre, ma anche dal Figlio.

In verità chi sarà così insensato da affermare che c'è uno Spirito che egli ha dato con il suo soffio e un altro che ha mandato dopo la sua ascensione? ( At 2,1-4 )

Un unico spirito infatti è lo Spirito di Dio, Spirito del Padre e del Figlio, lo Spirito Santo, che opera tutto in tutti. ( 1 Cor 12,6 )

Ora il fatto che egli sia stato mandato due volte è cosa che concerne certo l'economia del simbolismo.

Ne discuteremo a suo luogo, per quanto il Signore ce lo concederà.

Quando dunque il Signore parla di colui che vi manderò da presso il Padre, ( Gv 15,26 ) rivela lo Spirito del Padre e del Figlio. D'altra parte, dopo aver parlato di colui che il Padre manderà, ha aggiunto: in nome mio, ( Gv 14,26 ) ma non ha affatto detto: "Colui che il Padre manderà da presso me", come ha detto: Colui che io manderò da presso il Padre, mostrando così che il Padre è il Principio di tutta la Divinità, o, con espressione più esatta, di tutta la deità.

Di conseguenza colui che procede dal Padre e dal Figlio si riferisce a colui dal quale è nato il Figlio.

Quanto a questa espressione dell'Evangelista: Lo Spirito non era ancora stato dato, perché egli non era ancora stato glorificato, ( Gv 7,39 ) che senso attribuirle, se non che dopo la glorificazione di Cristo doveva esserci una tale donazione o missione dello Spirito Santo quale non c'era mai stata antecedentemente?

Prima infatti non era mancata, ma non era stata uguale.

Se prima lo Spirito Santo non veniva dato, di che spirito erano pieni i Profeti quando parlarono?

La Scrittura dichiara in modo netto ed in molti passi che essi hanno parlato mossi dallo Spirito Santo.

Così di Giovanni il Battista è detto: E sarà pieno di Spirito Santo fin dal seno di sua madre; ( Lc 1,15 ) e vediamo suo padre Zaccaria, pieno di Spirito Santo, ( Lc 1,67 ) nel profetizzare le grandezze del Figlio e così pure vediamo Maria piena di Spirito Santo nel magnificare le opere del Signore che portava nel suo seno, ( Lc 1,41-79 ) come anche Anna e Simeone nel riconoscere la grandezza di Cristo bambino. ( Lc 2,25-38 )

Come dunque lo Spirito Santo non era stato ancora dato perché Cristo non era stato ancora glorificato, ( Gv 7,39 ) se non nel senso che quella dispensazione, o quella donazione, o quella missione dello Spirito Santo avrebbe avuto nel suo compimento una particolare caratteristica mai riscontrata prima di allora?

In nessun luogo infatti noi leggiamo di uomini che parlano lingue loro sconosciute, per la discesa in loro dello Spirito Santo, come è accaduto quando c'era necessità di provare la sua venuta con segni sensibili, i quali rivelassero che tutta la terra e tutte le nazioni fondate sulla diversità delle lingue, avrebbero creduto in Cristo per il dono dello Spirito Santo, in modo che si adempisse ciò che si canta nel Salmo: Non ci sono linguaggi, non ci sono parole di cui non si intenda la voce. Il loro suono si espande per tutta la terra e i loro accenti fino ai confini del mondo. ( Sal 19,4-5 )

20.30 Così al Verbo di Dio l'uomo si unì e, in qualche modo, si mescolò nell'unità della persona quando, giungendo la pienezza dei tempi, il Figlio di Dio fu mandato in questo mondo, nato da donna per essere anche Figlio dell'uomo, a beneficio dei figli degli uomini. ( Gv 3,17; Gv 16,28; Mt 14,33; Mt 16,16; Mc 1,1; Mc 3,12; Lc 1,35; Lc 4,41 )

Antecedentemente gli Angeli avevano potuto rappresentare questa unione personale allo scopo di preannunciarla, non l'avevano potuta realizzare in se stessi.

21 - Inseparabilità delle tre Persone nell'azione, separabilità nella manifestazione

Per quanto riguarda la manifestazione sensibile dello Spirito Santo sotto forma di colomba ( Mt 3,16 ) o di lingue di fuoco, ( At 2,3 ) poiché una creatura sottoposta e docile, ( Sap 16,24 ) con mutazioni e forme transitorie, manifestava la sua sostanza coeterna al Padre e al Figlio e altrettanto immutabile senza venir assunta da lui in unità di persona come la carne del Verbo incarnato ( Gv 1,14 ) non oso affermare che prima di allora non sia accaduto nulla di simile.

Al contrario affermo con piena sicurezza che il Padre e il Figlio e lo Spirito Santo, di una sola e identica sostanza, Dio creatore, Trinità onnipotente, operarono inseparabilmente, ma non possono invece essere indicati inseparabilmente da una creatura tanto inferiore, specialmente se è corporea.11

Per esempio, con le nostre parole, che hanno certamente un suono sensibile, il Padre e il Figlio e lo Spirito Santo non possono essere nominati se non successivamente e distintamente secondo i tempi corrispondenti alle sillabe di ciascun vocabolo.

Evidentemente nella sostanza in cui sussistono, i Tre sono una cosa sola: ( 1 Gv 5,7 ) il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo, identica realtà senza alcun movimento temporale, al di sopra di ogni creatura, senza alcuna separazione nel tempo e nello spazio, una sola identica cosa, simultaneamente dall'eternità all'eternità, come l'eternità stessa che non esiste senza verità e senza amore.

Ma nelle parole "Il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo" sono stati separati, non hanno potuto essere detti simultaneamente e hanno occupato spazi distinti nelle lettere visibili con i quali li ho scritti.

E come quando nomino la mia memoria, la mia intelligenza e la mia volontà, i singoli vocaboli si riferiscono a cose distinte, ma tuttavia li pronuncio con il concorso di tutte e tre le facoltà insieme, non venendo detto nessuno dei tre vocaboli senza la cooperazione tra la mia memoria, la mia intelligenza e la mia volontà, così la Trinità inseparabilmente ha operato la voce del Padre, la carne del Figlio e la colomba dello Spirito Santo, sebbene queste tre singole cose si riferiscano alle singole persone.

Questo esempio vale in qualche modo a far capire che i Tre, inseparabili tra loro, si mostrano separatamente attraverso le creature visibili, e che l'operazione dei Tre rimane inseparabile anche nelle singole cose che stanno ad indicare propriamente il Padre e il Figlio e lo Spirito Santo.

21.31 - Differenza tra l'Incarnazione e le altre missioni

Di conseguenza, se mi si chiede come sono state realizzate le voci, le forme, le apparizioni sensibili anteriori all'incarnazione del Verbo di Dio e che ne prefiguravano la venuta, rispondo che Dio le ha realizzate per mezzo degli Angeli, cosa che mi sembra d'altra parte di aver sufficientemente dimostrato con i testi della Sacra Scrittura.12

Se mi si domanda poi come si realizzò l'incarnazione, dico che il Verbo di Dio si è fatto carne, cioè uomo, senza essere tuttavia convertito e trasformato13 in ciò che si è fatto, e si è fatto esattamente in tal modo che in lui si trova non solo il Verbo di Dio e la carne dell'uomo, ma anche l'anima razionale e che questo tutto si dica Dio a causa della natura divina, e uomo a causa della natura umana.

Se è difficile intenderlo, l'anima si purifichi con la fede, astenendosi ogni giorno di più dal peccato, operando il bene e pregando con il gemito dei santi desideri, perché, progredendo con l'aiuto divino, comprenda ed ami.

Se si chiede come, dopo l'incarnazione del Verbo, si è realizzata la voce del Padre o la forma corporea sotto la quale lo Spirito Santo si è manifestato, ciò è avvenuto per mezzo della creatura non ne dubito.

Ma se sia stata operata per mezzo di una creatura soltanto corporea e sensibile, o se Dio si sia servito di una creatura razionale o intellettiva ( è il vocabolo che alcuni preferiscono per designare ciò che i Greci chiamano νοερός ), creatura che non è stata congiunta nell'unità della persona ( chi oserà dire che è Dio Padre la creatura, qualsiasi essa fosse, per mezzo della quale risuonò la sua voce o dire che è lo Spirito Santo la creatura, qualsiasi essa fosse, nella quale lo Spirito Santo si è rivelato in forma di colomba ( Mt 3,16 ) e di lingue di fuoco, ( At 2,3 ) come è veramente Figlio di Dio l'uomo nato dalla Vergine? ), ma usata semplicemente come strumento di un simbolismo da realizzare come Dio lo riteneva necessario, o se si debba intendere tutto questo in maniera diversa è molto difficile sapere e non conviene avanzare delle soluzioni alla leggera.

Tuttavia non vedo come questi fenomeni abbiano potuto realizzarsi senza il concorso di una creatura razionale e intellettiva.

E non è ancora il momento che io spieghi questa mia convinzione con tutte le forze che il Signore mi concederà.

Prima bisogna discutere e confutare gli argomenti degli eretici, argomenti che essi non traggono dalla Sacra Scrittura, ma dai loro ragionamenti e che, ritengono essi, permettono loro di costringerci ad interpretare i testi della Scrittura concernenti il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo nel senso che loro ad essi attribuiscono.

21.32 - La missione non implica inferiorità

Ora è stato sufficientemente stabilito, a mio parere, come il Figlio non è inferiore perché è stato mandato dal Padre, come non lo è lo Spirito Santo perché è stato mandato dal Padre e dal Figlio.

Queste cose vengono dette dalle Scritture per riferimento alla creatura visibile o piuttosto per sottolineare il ruolo di principio in Dio, non per disuguaglianza, disparità o differenza di sostanza.

Perché anche se Dio Padre avesse voluto manifestarsi visibilmente per mezzo della creatura docile sarebbe completamente assurdo affermare che è stato mandato dal Figlio che egli ha generato o dallo Spirito Santo che da lui procede. ( Gv 5,26 )

Con questo terminiamo dunque questo libro; più tardi, nei seguenti, vedremo, con l'aiuto di Dio, quali siano le argomentazioni tanto artificiose degli eretici e quale la loro confutazione.

Indice

8 Agostino, De civ. Dei 9, 17; 10, 29;
C. Acad. 3, 19, 42: NBA, III/1;
De b. vita 1, 2: NBA, III/1;
In Io. Ev. tract. 2, 2: NBA, XXIV/1-2;
Plotino, Enn. 1, 6;
Ambrogio, Isaac 8, 78
9 Platone, Tim. 29c;
Cicerone, Tim. 3, 8;
Agostino, De cons. Evang. 1, 35, 53: NBA, X/1
10 Platone, Tim. 29c
11 Agostino, De praed. Sanct. 8, 13: NBA, XX;
Ambrogio, De fide 4, 6, 68
12 Sopra 2,7,12-13;
Sopra 10,19-21
13 Cicerone, Orat. part. 7, 23;
De orat. 3, 45, 177