Della risurrezione dei morti

I Si dà ragione del procedimento seguito in quest'opera: prima, dissipare i pregiudizi e gli errori intorno alla risurrezione, e poi dimostrare questo dogma con argomenti positivi.
II Chi nega la risurrezione, se ammette Dio come causa dell'universo, deve provare che Dio non può o non vuole attuarla.
III La potenza di risuscitare il corpo umano, qualunque teoria si segua intorno alla sua costituzione, non manca a Dio che da principio l'ha creato.
IV Si espone un'obiezione: Quando un cadavere, insepolto, viene divorato da animali, come potrà esserne separato per risorgere?
V Si risponde: Iddio, che ha disposto per ogni animale il nutrimento adatto a lui, potrà ben separare i vari elementi coadunati
VI Le sostanze non confacenti all'animale che le ingerisce, anziché assimilarsi, si eliminano o si corrompono, come dimostra il dolore, la malattia o la morte provocata da cibi velenosi.
VII Quand'anche tali cibi venissero digeriti, trasformandosi in quelle varie sostanze che nutrono l'organismo, non avrebbero perciò a risorgere
VIII Se neppure gli animali si mangiano l'un l'altro, molto meno la carne umana sarà cibo naturale dell'uomo
IX Altra obiezione: Come l'uomo non può rifare le opere delle sue mani quando sono rovinate, così Dio non vuole né può risuscitare un corpo morto e decomposto
X Si dirà che Dio non vuole la risurrezione? Ciò sarebbe perché essa é cosa ingiusta o indegna di lui
XI Adunque, la risurrezione é possibile a Dio e da Dio voluta.
XII Quanto alfine, si osservi la condotta degli uomini: essi non agiscono senza uno scopo, ma o per l'utile proprio, o per qualcuno che sta loro a cuore, o per l'essere stesso che viene prodotto
XIII Il disegno del Creatore nel formare l'uomo ci dà la confortante e sicura speranza della risurrezione, poiché l'uomo fu fatto perché durasse per sempre.
XIV Si richiama l'ordine degli argomenti, suggerito dalle esigenze della dimostrazione
XV Anche dalla natura dell'uomo si argomenta la risurrezione.
XVI L'uomo adunque perdura nella sua vita, ma in modo diverso dagli esseri incorruttibili e corrispondente alla propria natura, nonostante l'interruzione causata dalla morte, come perdura la vita del senso nonostante la sospensione del sonno.
XVII Le mutazioni che porta con sé la risurrezione non meravigliano più che le mutazioni e gli sviluppi propri della vita dell'uomo nelle varie età, che non si potrebbero prevedere all'inizio della sua vita.
XVIII Esposte le ragioni riferentisi all'origine e alla natura dell'uomo, si passa ora a quelle desunte dalla provvidenza di Dio, alla quale non si sottrae alcuna creatura, e in primo luogo all'argomento del giudizio
XIX A chi poi dubita della provvidenza di Dio, e quindi del giudizio, si osserva che se questo non vi fosse la condizione degli uomini sarebbe peggiore che quella delle bestie
XX Né giudizio potrà avvenire, senza la risurrezione, dopo la morte, sia che l'anima si estingua col corpo sia che permanga da sola, perché un giudizio che cadesse solo sull'anima, mentre le azioni furono compiute da tutto l'uomo, sarebbe ingiusto.
XXI Infatti sarebbe ingiusto che il corpo non condividesse con l'anima il premio del bene che ha operato con lei, e che l'anima sola dovesse subire il castigo delle colpe commesse per istigazione del corpo, mentre di questo sonO proprie le passioni che inducono l'uomo al male.
XXII La virtù e il vizio non si possono attribuire all'anima disgiunta dal corpo: così la fortezza e la costanza, la continenza e la temperanza, la prudenza, la giustizia
XXIII Molte leggi, come quelle che prescrivono d'onorare i genitori o vietano l'adulterio, il furto, il desiderio della roba altrui, sono fatte per tutto l'uomo; é assurdo che l'anima sola ne subisca la sanzione.
XXIV Resta da esaminare l'argomento desunto dal fine.
XXV Nemmeno può essere fine ne dell'uomo la felicità dell'anima separata dal corpo, dovendo il fine riguardare tutto l'uomo.