Vita di Mosé

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Provvidenza e libertà

Non è Dio che causa l'indurimento del peccatore

Non ci si deve stupire quando la storia riferisce che i mali degli Egiziani furono causati dalla verga prodigiosa di Mosè e che Dio indurì il cuore del Faraone.

Ci domandiamo tuttavia come è possibile che il Faraone meriti una condanna, se le cattive disposizioni del suo animo gli sono imposte da una forza superiore.

Pare che anche il divino Apostolo, riferendosi a quanti commettono azioni vituperevoli, affermi la stessa cosa quando dice: « Perché non vollero riconoscere Dio, egli li abbandonò in balia di passioni ignominiose » ( Rm 1,24 ).

Quando la Scrittura afferma che Dio abbandona in preda a passioni vergognose l'uomo sensuale, non vuole significare che l'indurimento del cuore del Faraone è causato dal volere di Dio né che la vita impura trova nella virtù la causa del suo consolidamento.

Se questi effetti dipendessero dal volere divino, le decisioni della nostra volontà sarebbero ridotte tutte conseguentemente allo stesso livello e verrebbe così annullata ogni distinzione tra virtù e vizio.32

Predominio della libertà

Non tutti vivono allo stesso modo, ma c'è chi progredisce nella virtù e chi s'abbandona al vizio.

A ben considerare, non possiamo attribuire questi modi diversi di vivere, a una imposizione ineluttabile della divina volontà, ma al potere di libera decisione posseduto da ogni uomo.

L'Apostolo ci fa sapere con chiarezza chi mai Dio abbandona in balia di passioni ignominiose.

Si tratta di chi non si è degnato di conoscere Dio per cui, ignorato da Dio e privo della sua protezione, viene a trovarsi alla mercé delle proprie passioni.

La vera causa che fa precipitare l'uomo nella sensualità più vergognosa è il rifiuto di riconoscere Dio.

Sentendo che un tale è caduto in un fosso perché non è riuscito a vederlo, noi non penseremo mai che il sole abbia voluto castigare quell'uomo, facendolo cadere nel fosso, perché non guardava a lui.

Le nostre precedenti dichiarazioni vanno appunto intese nello stesso senso per cui cerchiamo la causa della caduta nel fosso di quell'uomo disattento, nella sua impossibilità a vedere.

Risulta perciò chiaro anche il pensiero dell'Apostolo là dove afferma che i misconoscitori di Dio vengono lasciati in preda a passioni vergognose.

Dio indurisce il cuore del Faraone non nel senso che il suo intervento produca nell'anima un atteggiamento di opposizione, ma nel senso che l'invito rivolto al buon volere del Faraone perché deponesse l'ostilità contro gli Ebrei, non ebbe accoglienza, perché egli era già propenso a malvagi propositi.

Così l'azione della verga prodigiosa procura agli Ebrei la liberazione da una vita ignobile, ma nello stesso tempo rivela che gli Egiziani sono affetti da simile malattia.

Lo sguardo al Crocifisso

Mosè con il gesto delle mani distese, fece scomparire le rane anche dalle case degli Egiziani.

Ci è possibile osservare anche oggigiorno questo fatto.

Colui che vede il Legislatore stendere le mani ( questo gesto, come ben capisci, è in misteriosa relazione con quello del vero Legislatore che distese le mani sulla croce ) e tiene fissi gli occhi sopra di lui, viene liberato dall'odiosa compagnia di pensieri luridi e impuri, così che la passione finisce per morire e imputridire.

Il ricordo del passato causa un disgusto insopportabile in quelli che, con la mortificazione dei moti disordinati dell'anima, si sono liberati dal male.

L'Apostolo, quando accenna a coloro che hanno abbandonato le vie del male per seguire la strada della virtù, dice appunto che essi sentono vergogna del loro passato: « Quale frutto avevate allora nelle cose di cui ora vi vergognate? » ( Rm 6,21 ).

Tu devi interpretare alla luce di queste considerazioni anche il fatto che, per effetto della verga di Mosè, l'aria si ottenebrò sotto gli occhi stessi degli Egiziani.

Predominio della volontà

Esaminando questo fatto, vedrai confermata la tesi da noi esposta, che non si deve attribuire a una forza superiore ineluttabile il trovarsi nelle tenebre del male o nella luce del bene.

Gli uomini hanno dentro di sé, nella direzione delle loro libere scelte, la vera causa delle tenebre o della luce in cui vivono.

Essi diventano tali quali vogliono essere.

La storia non ci dice che gli occhi degli Egiziani erano impossibilitati a vedere perché avevano davanti qualche muro o qualche montagna che intercettasse i raggi del sole o protendesse su di loro la sua ombra.

In realtà il sole spandeva ovunque i suoi raggi, ma solo gli Ebrei ne godevano i benefici, mentre gli Egiziani neppure potevano accorgersi della loro presenza.

A tutti è data la possibilità di una vita piena di luce, ma alcuni per la loro cattiva condotta vanno avanti fra le tenebre sempre più intense del male, altri invece vivono nella splendida luce della virtù.

Salvezza universale?

Basandosi sul fatto che dopo tre giorni di oscurità gli Egiziani ritornano a godere la luce, qualcuno potrebbe sentirsi autorizzato a interpretare questo fatto come restaurazione finale ( apocatastasis ) nel regno dei Cieli dei dannati all'inferno.33

Effettivamente le espressioni « tenebre profonde » venute sopra l'Egitto e « tenebre esteriori », presentano affinità di termini e di concetto.

Ma abbiamo visto che le tenebre vengono dissipate per effetto delle mani, stese da Mosè sopra gli Egiziani, che ne erano stati colpiti.

Se guardiamo al significato del termine fornace presente in quella « cenere di fornace » che causò tante dolorose pustole alla pelle degli Egiziani, esso potrebbe indicare il castigo del fuoco della geenna minacciato a coloro che imitano gli Egiziani nel loro modo di vivere.

Il vero Israelita, figlio ed imitatore di Abramo, associato alla famiglia degli eletti per merito delle sue libere decisioni, resta immune dalle pene della fornace.

Ma anche gli Egiziani e i loro imitatori potrebbero essere guariti dai mali che li affliggono e ottenere la liberazione dal castigo, se Mosè ripetesse su di loro il gesto di stendere la mano, di cui già ho spiegato il recondito significato.

Ciascuno è causa dei propri mali

Tutti gli altri castighi che ho ricordato nella parte narrativa: i piccolissimi insetti dalle dolorose morsicature, gli scarabei pari ai primi nel recar danno, le cavallette che distrussero i raccolti della campagna, i fulmini scesi insieme alla grandine, tutti questi castighi hanno un particolare simbolismo, non difficile da trovare con il metodo di interpretazione usato fin qui.

Già abbiamo avuto modo di costatare che questi castighi sono una conseguenza degli atti liberi degli Egiziani.

Questi atti hanno provocato l'intervento dell'incorruttibile giustizia di Dio, perché moralmente cattivi.

Bisogna dunque ritenere che, secondo il senso letterale dei fatti narrati, certe sofferenze da noi patite, sono meritate da noi e non causate da Dio.

Ciascuno con le decisioni della propria volontà è causa dei propri mali, proprio come afferma l'Apostolo quando si rivolge a coloro che si trovano in questa situazione: « Per la tua durezza e il tuo cuore impenitente accumuli per te ira nel giorno dell'ira, della rivelazione e del giusto giudizio di Dio, il quale darà a ciascuno secondo le sue opere » ( Rm 2,5-6 ).

Il medico che con i mezzi dell'arte provoca il vomito al paziente per estrargli dalle viscere intossicate le sostanze dannose, frutto di una vita sregolata, non può certo essere accusato di aver prodotto quelle sostanze nocive, causa di malattie.

Si dovrà piuttosto accusare l'uso smoderato del cibo, mentre l'opera del medico si è limitata a espellerle.

Parimenti noi non possiamo affermare che il castigo per un atto libero della nostra volontà si deve attribuire a Dio, ma dobbiamo convincerci che la sua origine e causa è in noi.

Le tenebre, i vermi, la geenna e tutti gli altri spaventosi castighi non colpiscono chi è vissuto senza peccato, proprio come gli Ebrei non subirono le piaghe abbattutesi sull'Egitto.

Il fatto che l'Egiziano è sottoposto al castigo e l'Ebreo no, dimostra che diversi furono gli atteggiamenti della loro volontà e che nessun male può colpirci senza che sia in rapporto con le deliberazioni da noi prese.

Indice

32 È il grande tema della libertà così caro a Gregorio e trattato da lui tanto spesso ( Cf Oratio Cathechetica magna: PG 45, 77 C ).
33 È questo uno dei passi in cui Gregorio insegna la salvezza universale.
L'autenticità del testo è certa, anche se un'intera famiglia di codici sostituisce questo testo con un altro.
La dottrina sostenuta da Origene, fu condannata dal Concilio Costantinopolitano II del 553.