Vita di Mosé

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Il serpente di bronzo

La penitenza

Nella marcia attraverso il deserto, il popolo si trova nuovamente angustiato dalla sete e dispera di poter raggiungere i beni promessi.

Ma ancora una volta Mosè procura l'acqua, facendola scaturire da una roccia del deserto.

Questo passo, interpretato in senso spirituale, può darci utili insegnamenti intorno al sacramento della penitenza.78

Coloro che hanno gustato la roccia una prima volta, ma si sono poi rivolti al ventre, alla carne e ai piaceri d'Egitto, castigano se stessi, privandosi di questi beni.

Pentendosi, essi possono ancora ritrovare la Roccia da cui si sono allontanati e accorrere alla vena d'acqua scaturita a sollievo di coloro che hanno creduto più corrispondente al vero la relazione di Giosuè e non quella degli altri.

Essi, fissando gli sguardi sul grappolo appeso al legno da cui gronda il sangue della nostra salvezza, hanno ottenuto che l'acqua ritornasse a zampillare dalla roccia, colpita dal legno.79

La croce rimedio contro le passioni

Il popolo, ancora non avendo appreso a stare al passo con la grandezza di Mosè, si lascia di nuovo trascinare dai desideri del tempo della schiavitù e attirare dalla nostalgia dei piaceri d'Egitto.

Pare che qui il racconto voglia insegnarci la forte propensione dell'umana natura verso la passione.

Essa è una malattia che può colpirci in moltissime forme.

Mosè riesce a impedire che essa, prendendo piede sempre più, diventi malattia mortale.

Egli fa come il medico quando s'accorge che il male si è aggravato.

Allorché i serpenti incominciarono a mordere molti del popolo, iniettando mortali veleni a castigo dei loro desideri smoderati, il grande Legislatore riuscì a neutralizzare i funesti effetti causati dai rettili, servendosi della figura del serpente.

È bene spiegare con chiarezza il simbolismo di questa figura.

L'unica forza capace di, distaccarci da passioni simili a quelle che agitarono gli Ebrei, è il mistero della religione da cui proviene la purificazione delle nostre anime.

È di fondamentale importanza, nel mistero della fede, guardare alla Passione di Colui che per noi ha accettato di soffrire.

La Passione è la Croce nella quale chi fissa gli sguardi, non prova su di sé gli effetti dannosi del veleno, simbolo dei desideri passionali: così appunto ci ammaestra la Scrittura.

Guardare alla Croce significa condurre una vita morta al mondo, non prona al peccato così che la nostra carne, come dice il Profeta, sia immobilizzata dai chiodi del timore di Dio ( Gal 6,14; Sal 119,120 ).

È la penitenza il chiodo che tiene ferma la carne.

La legge, consapevole che i desideri smoderati fanno uscire dalla terra serpenti mortiferi ( ogni effetto derivante da un desiderio cattivo è come un serpente ), ci comanda di volgere gli sguardi a Colui che si mostra sul legno.

È lui la figura del serpente, secondo le parole del grande Paolo: « A somiglianza della carne di peccato » ( Rm 8,3 ).

Il vero serpente è il peccato e chiunque si dà al peccato assume la natura di serpente.

Ma l'uomo viene liberato dal peccato per merito di Colui che ne ha assunto l'immagine.

Egli si è fatto simile a noi, che ci siamo rivolti all'immagine del serpente.

È lui che arresta la morte prodotta dai morsi velenosi ma lascia in vita i rettili che l'hanno causata.

Essi rappresentano i desideri delle passioni.

Chi guarda alla Croce non è più soggetto alla morte e tuttavia i desideri della carne contrari a quelli dello spirito non vengono totalmente eliminati in lui ( Gal 5,17 ).

Tali desideri continuano a mordere i fedeli.

Ognuno però, se guarda a colui che è stato innalzato sopra il legno, può tener lontana la passione e rendere innocuo il veleno, attraverso il timore del precetto che opera al pari di un farmaco.

Le parole dei Signore insegnano chiaramente che il serpente innalzato nel deserto è simbolo del mistero della Croce: « Come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così occorre che sia innalzato il Figlio dell'uomo » ( Gv 3,14 ).

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78 Pare un'allusione alla riconciliazione ecclesiastica.
Gregorio ne tratta nella Lettera a Letoio ( PG 45, 221 B 236 D ) e nel Sermone contro quelli che non sopportano la correzione ( PG 46, 308 A 316 D ).
Nel Contra Eunomium ci attesta che la confessione dei peccati era uno degli usi della Chiesa ( PG 45, 880 B ).
79 L'acqua che zampilla dalla roccia è paragonata, accostata al sangue e all'acqua che zampillarono dal costato di Cristo.