Vita di Mosé

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Il tabernacolo celeste

Il Tabernacolo non fatto da mano d'uomo è il misterioso archetipo che desta l'ammirazione di Mosè e che Dio gli ordina di riprodurre in un edificio materiale innalzato dagli uomini.

« Ecco gli dice il Signore tu farai tutto secondo il modello che ti fu mostrato sul monte » ( Es 25,9 ).

Nuova descrizione del santuario

Le sue colonne dorate posavano su basi d'argento e portavano capitelli anch'essi d'argento.

Altre colonne invece avevano basi e capitelli di bronzo e d'argento il fusto.

Il pavimento su cui poggiavano le colonne era di legno pregiato, non soggetto a putrefazione.

Tutti questi materiali preziosi spandevano attorno un meraviglioso splendore.

C'era anche un candelabro con un unico piedistallo che in alto si divideva in sette braccia, ciascuno dei quali portava una fiamma.

Esso era di oro massiccio non già di legno dorato.

C'erano l'altare, il propiziatorio, i cosiddetti cherubini che con le loro ali ombreggiavano l'arca.

Tutti questi oggetti non erano semplicemente rivestiti d'oro per ingannare l'occhio, ma erano fatti di oro massiccio.

Tende di diverse stoffe artisticamente intessute abbellivano il santuario con la varietà dei loro colori.

Esse dividevano il luogo del santuario ove potevano entrare i sacri ministri, da quello più interno e inaccessibile.

La parte anteriore del tabernacolo era denominata il Santo, quella più recondita il Santo dei Santi.

C'erano anche dei catini per le abluzioni e dei bracieri.

Una tenda copriva i cortili.

C'erano tende di crine e pelli di color rosso e altri oggetti che il testo descrive con precisione.

Ci domandiamo se questi oggetti sono la riproduzione di realtà increate e quale utile insegnamento essi possono darci.

Interpretazioni sottoposte al giudizio dei lettori

Mi pare opportuno lasciare la, spiegazione di queste realtà a chi sia in grado di parlare dei divini misteri sotto l'ispirazione dello Spirito, come afferma l'Apostolo ( 1 Cor 14,2 ).

Essi infatti hanno ricevuto dallo Spirito la capacità di scandagliare le profondità di Dio ( 1 Cor 2,10 ).

Quanto a noi, daremo di queste realtà interpretazioni congetturali e approssimative, che l'illuminato giudizio dei lettori potrà accettare o no, in piena libertà.

Fondandoci su alcune indicazioni dell'apostolo Paolo, quando ci svela in parte il mistero di queste realtà, siamo del parere che esse rappresentano dei simboli, attraverso i quali Mosè fu istruito circa il mistero del Tabernacolo che contiene il tutto.

L'Incarnazione e il suo fine

Esso sarebbe il Cristo, Potenza e Sapienza di Dio.

Egli, increato per natura, accetta di venire creato allorché si rende necessaria in mezzo a noi la costruzione del Tabernacolo.

Perciò Cristo è nello stesso tempo increato e creato: increato a motivo della sua preesistenza, creato dal momento in cui gli viene data un'esistenza materiale.58

Queste nostre parole non risulteranno oscure a coloro che sono istruiti nei misteri della fede.

Uno solo è l'Essere che esisteva prima del tempo e nacque al termine di un lungo volger di secoli.

Questo Essere, che non aveva bisogno di nascere alla vita temporale.

( Egli è prima del tempo e prima di tutti i secoli ), accetta di nascere tra noi, per ricondurci a quell'Essere da cui eravamo venuti e dal quale ci eravamo staccati per volontaria colpa.

Egli è il Dio Unigenito, che comprendendo in sé stesso il tutto, ha eretto in mezzo a noi su solide basi il suo Tabernacolo.59

Il fedele non si turbi se applichiamo a Cristo il nome di Tabernacolo.

Cristo è un essere immenso, ma questo termine di tabernacolo a lui applicato non intende rimpicciolire la grandezza della sua natura.

Non esiste in realtà un termine capace di esprimere la natura divina, mancando tutti di un contenuto preciso e completo.

Questo vale sia per i termini chiaramente inadeguati sia per quelli che contengono un'idea di grandezza.

Cristo viene qui opportunamente indicato col termine di tabernacolo; esso corrisponde a quei termini che usiamo per significare un particolare aspetto della Potenza divina, quelli a esempio di: medico, pastore, protettore, pane, vite, strada, porta, dimora, acqua, pietra, fonte e altri che applichiamo al medesimo essere.60

La Potenza che contiene l'universo e nella quale abita la pienezza della Divinità ( Col 2,9 ) può benissimo essere chiamata col nome di Tabernacolo, perché è come una corazza che protegge il tutto e lo stringe dentro di sé.61

La nostra contemplazione deve adattarsi al significato simbolico del tabernacolo, perché ciascuna delle cose che vi si trovano può aiutarci ad avere un'idea meno difettosa della divinità.

Il grande Apostolo afferma che il velo del tabernacolo celeste simboleggia la carne ( Eb 10,20 ), mi sembra perché era composto di quattro stoffe diverse.

Lo stesso Apostolo, quando giunse nelle più alte regioni dei cieli e vide il Tabernacolo celeste, fu istruito dallo Spirito intorno alle misteriose realtà del paradiso ( 2 Cor 12,4 ).

Fondandoci su queste interpretazioni parziali, crediamo opportuno dare una interpretazione generale di tutto il Tabernacolo.

Le parole dell'Apostolo potrebbero appunto darci la chiave per spiegarne i vari significati.

In una delle sue lettere ( Col 1,16 ), egli parla del Primogenito che abbiamo visto raffigurato nel Tabernacolo.

« In lui tutto fu creato, le cose visibili e le invisibili, sia i Troni, sia le Potestà, sia i Principati, sia le Dominazioni, sia le Virtù ».62

Le potenze celesti e il loro compito

Le colonne splendenti d'argento e oro, i sostegni, gli anelli, i cherubini protendenti sopra l'arca le loro ali, tutti gli altri ,oggetti ricordati dalla Scrittura nella descrizione del tabernacolo ( scenopegia ), altro non sono nell'interpretazione spirituale, che le potenze ( ipercosmiche ) celesti presenti nel tabernacolo e poste dal divino Volere a sostenere l'universo.63

A loro è affidata la missione di sostenerci e di servirci, essendo noi predestinati alla salvezza ( Eb 1,14 ).

Queste Potenze inserite nelle nostre anime come l'anello nel dito, aiutano a innalzare verso la cima della virtù coloro che prima giacevano a terra.

La Scrittura conferma questa interpretazione del tabernacolo, quando accenna ai cherubini che coprono con le ali gli oggetti misteriosi conservati nell'Arca dell'Alleanza.

Altri simbolismi

Sappiamo che col nome di cherubini sono indicate le manifestazioni della divina Onnipotenza, viste da Isaia e da Ezechiele ( Is 6,2; Ez 5,4 ).

Non dobbiamo meravigliarci quando sentiamo che le ali dei cherubini ricoprono l'Arca dell'alleanza.

Anche per Isaia che ce ne parla hanno un significato simbolico.

Nel testo di Isaia l'Arca dell'Alleanza viene indicata col nome di volto.

Ma sia che si parli di volto oppure di arca, si tratta sempre del medesimo simbolismo riferito, secondo il mio parere, a quelle realtà inconoscibili e ineffabili alle quali non può giungere la nostra riflessione.

Quando nel testo scritturistico senti nominare le lampade che escono come rami da un unico fusto, spandendo ovunque abbondante luce, non sei lontano dal vero se pensi che a questo Tabernacolo convergono i mirabili fulgori dello Spirito, che Isaia distingue in sette fiamme ( Ap 4,5; Is 11,2 ).

Quanto al propiziatorio, mi pare che non occorrano spiegazioni, perché l'Apostolo ne ha già espresso il significato simbolico, quando parla di colui che Dio pose propiziazione per le nostre anime ( Rm 3,25 ).

Nell'altare e nell'incensiere vedo invece l'incessante adorazione compiuta nei tabernacolo dalle creature celesti.

È ancora l'Apostolo a dichiararci che le creature terrestri e infernali e le creature celesti celebrano la lode dell'Essere che è principio dell'universo ( Fil 2,10 ).

Lo stesso Apostolo aggiunge: « Questo è il sacrificio gradito a Dio: la lode delle labbra e il profumo della preghiera » ( Eb 13,5; Ap 5,8 ).

L'ordine delle nostre considerazioni non viene a essere sconvolto, se ci soffermiamo a considerare il tessuto rosso le tende di crine che coprono il tabernacolo.

Il Profeta che ebbe la visione delle cose divine vede prefigurata in questi oggetti la Passione del Salvatore.

Il rosso infatti significa sangue e il crine significa morte.

Quest'ultimo, fatto di materiale insensibile, è eminentemente simbolo di morte.

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58 Con un simbolismo che gli è proprio Gregorio vede nel Tabernacolo le due nature di Cristo.
59 Il tema dell'Incarnazione come abitazione del Verbo nel tabernacolo della carne, ha origine da Gv 1,14.
Anche nel Commentario sul Cantico ( PG 44, 1045 D ) l'Incarnazione è una scenopegia, costruzione di una tenda, che prelude alla definitiva scenopegia della risurrezione universale, raffigurata nella festa dei Tabernacoli.
60 Tema catechistico antico quello dei vari nomi di Cristo, presente in Giustino, Origene, Cirillo di Gerusalemme, Gregorio Nazianzeno.
Il Nisseno gli ha consacrato il trattato della perfezione ( PG 46,252-285 ).
61 La concezione del Logos come principio di unità dell'universo è di origine stoica.
62 L'interpretazione allegorica è appoggiata a san Paolo per difenderla dagli attacchi contro l'origenismo che erano iniziati con le controversie cristologiche.
63 Il tabernacolo celeste è qui il simbolo del mondo celeste dopo essere stato simbolo della natura divina di Cristo.
Questo mondo celeste è però il mondo degli angeli personali, a differenza del mondo delle idee archetipe della concezione platonica.