Vita di Mosé

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Le vesti sacerdotali

Difficoltà di assegnare un significato spirituale alle singole vesti

A nuovi e più profondi pensieri si innalza l'anima di Mosè quando gli vengono presentate le vesti sacerdotali, dopo le ascensioni purificatrici cui lo portarono le cose viste nel Tabernacolo.

Le vesti comprendevano la tunica, l'efod, il pettorale splendente di pietre preziose, la tiara attorno alla testa e la lamina che vi era sovrapposta, gli anelli, le melograne, i campanelli.

In alto c'erano l'oracolo, il giudizio, la verità, le fibbie che li sostenevano da una parte e dall'altra e portavano incisi i nomi dei patriarchi.

La varietà dei nomi assegnati a queste vesti ci rende difficoltosa una precisa e particolareggiata applicazione del senso spirituale.

Esigenza di santità nei ministri del santuario

È difficile comprendere come i termini di rivelazione, oracolo, verità, possano servire a indicare delle vesti.

Evidentemente questi nomi, usati dalla Scrittura per designare vesti esteriori, contengono il riferimento a un vestito interiore composto di atti virtuosi.

Alcuni, che prima di noi hanno spiegato questi testi, vedono simboleggiata l'aria nell'azzurro della tunica.65

Io non mi sentirei di confermare questa interpretazione, pur riconoscendo che il colore del giacinto e quello dell'aria coincidono.

Per questa ragione non rigetterei del tutto l'accennato simbolismo.

Applicato alla dottrina della virtù, esso è rivolto a chi si dedica al culto divino nel ministero delle sacre celebrazioni e si consacra al servizio di Dio, offrendo il suo corpo in sacrificio per divenire ostia vivente del culto spirituale ( Rm 12,1 ).

Dice loro il dovere di liberarsi dal peso di una vita carnale, rendendosi leggeri al pari di ragnatela, attraverso la purità delle azioni.

Allora la nostra natura, nonostante il peso del corpo, verrà come ritessuta e risulterà leggera come l'aria.

Quando poi suonerà la tromba finale ( escatologica ), saremo veramente trovati senza peso, pronti alla voce di comando che ci solleverà con Cristo tra le nubi nell'aria ( 1 Ts 4,17 ), senza più alcun peso che ci trascini a terra.

Gli elementi costitutivi della virtù e le sue esigenze

Le parole del salmo promettono una tunica celeste, che scenderà dalla terra fino ai piedi, a chi ha distrutto la sua vita come si fa di una tarma.

La legge, attraverso il simbolo della tunica, vuole che la nostra virtù sia completa.

I campanelli d'oro alternati alle melograne sono l'irradiamento delle buone opere.

Fede in Dio e vita secondo coscienza rappresentano infatti i due elementi costitutivi della virtù.

Per questo il grande Paolo invita Timoteo a mettere sul suo vestito tali melograne e campanelli, esortandolo ad aver fede e buona coscienza ( 1 Tm 1,19 ).

Suoni dunque forte e distinta la nostra fede nella Santa Trinità e la nostra vita imiti le caratteristiche dei frutti del melograno.

Il loro involucro esterno secco e aspro è immangiabile, ma l'interno è piacevole alla vista, per la bella e varia disposizione dei grani e ancor più piacevole al gusto per la loro dolcezza.

La vita virtuosa e penitente risulta priva di attrattiva e di gusto per i sensi, ma è carica di buone speranze, quando i suoi frutti vengono a maturazione.

Allorché sarà giunto il tempo in cui il divino Agricoltore delle nostre anime aprirà la melograna della nostra vita e mostrerà i bei frutti che essa contiene, potremo allora assaggiare e gustare la dolcezza di questo frutto.

Anche il divino Apostolo afferma in un certo passo che al principio ogni disciplina sembra causare dolore più che gioia ( come avviene quando si tocca l'involucro della melograna ), ma poi dà frutti di pace ( Eb 12,11 ) e fa gustare il dolce cibo che essa contiene.66

La legge ordina che la tunica sia decorata di una frangia cosparsa di piccole sfere a scopo ornamentale.

Questo ci insegna che la virtù non deve restringersi soltanto alle cose comandate, ma aggiungere spontaneamente al proprio vestito qualche ornamento esterno.

Così fece Paolo che, all'osservanza dei precetti aggiunse, come frangia a un vestito, opere alle quali non era tenuto.

Soffrendo fame, sete e freddo, egli predicò il Vangelo senza esigere ricompense, sebbene la legge disponga che i ministri dell'altare vivano dell'altare e gli annunciatori del Vangelo vivano del Vangelo ( 2 Cor 11,17; 1 Cor 4,11 ).

Ma Paolo vuole che il Vangelo sia un dono gratuito e perciò preferisce subire la fame, la sete, la fatica.

Queste opere volontarie rappresentano appunto le belle frange che ornano la tunica dei comandamenti.

Sopra la tunica si trovavano due pezzi di stoffa scendenti dalle spalle sul petto e dietro il dorso e trattenuti alle spalle da due fibbie.

Le fibbie recavano pietre preziose con incisi i nomi dei patriarchi, sei per ciascuna.

I pezzi di stoffa erano intessuti a vari colori: blu e rosso, cocco e lino.

L'oro dei ricami, sovrapposto alle stoffe colorate, faceva tutto risplendere di una bellezza armoniosa.

Impariamo così che le virtù, al pari degli ornamenti posti nelle parti superiori della tunica, ornano il nostro cuore in modo vario e molteplice.

Vediamo infatti l'azzurro unito alla porpora, cioè la dignità regale alla purezza dei costumi.

Il pudore, simboleggiato nel colore rosso, dà maggior risalto al candore di una vita senza macchia, simboleggiata nel bianco lino.

L'oro che brilla sul fondo di questi colori esprime la preziosità di tal genere di vita.

Gli omerali acquistavano non poca bellezza dai nomi dei patriarchi che portavano incisi.

Essi insegnano che gli esempi di, virtù costituiscono l'ornamento più bello della vita umana, poiché in essi c'è una forza trascinatrice.

Gli scudi d'oro, che pendevano di qua e di là dal pettorale, davano ulteriore abbellimento ai due pezzi di stoffa.

Questi scudi sostenevano un oggetto quadrangolare in oro con dodici pietre sistemate in fila.

Erano quattro file, comprendenti ciascuna una triade di pietre.

Non una di queste pietre assomigliava alle altre, avendo ciascuna un proprio particolare splendore.

Così si presentava nel complesso quell'ornamento.

Negli scudi pendenti dalle spalliere noi scorgiamo un'allusione all'armatura che ci occorre per combattere il nostro avversario.

Essi, come si è visto, indicano il duplice aspetto della virtù, consistente nell'adesione alla fede e nella testimonianza di una buona coscienza, nell'uso delle armi della giustizia a destra e a sinistra.

L'oggetto quadrangolare attaccato agli scudi di qua e di là e recante le pietre con scritti i nomi dei patriarchi eponimi delle tribù, rappresenta il velo steso a protezione dell'uomo interiore.

La Scrittura, dopo avere accennato agli scudi, simbolo della resistenza contro l'avversario, bramoso di colpirci con i suoi dardi, ma costretto a fuggire, ci presenta nel pettorale di forma quadrata l'anima vittoriosa che, dopo tanti scontri, si trova in possesso delle molte virtù dei Patriarchi, a ornamento e splendore dell'unica tunica della virtù.

La forma quadrata indica il dovere della stabilità del bene.

Il quadrato, composto di angoli e lati uguali, è infatti una figura geometrica inalterabile.

Perfino le fibbie che legano il pettorale alle spalle possono esprimere, a mio parere, un insegnamento di vita spirituale.

Esse insegnano che la filosofia morale deve accompagnarsi alla filosofia teoretica e la contemplazione, simboleggiata nel cuore, deve unirsi alle opere, simboleggiata nelle braccia.

Il diadema posto sulla testa indica la corona riservata a chi ha vissuto bene; essa reca lettere arcane, incise su una lamina d'oro.

Chi indossa queste vesti non ha calzari ai piedi, affinché la sua corsa non sia impedita da pesi inutili.

Una materia inerte come la pelle usata per fare i calzari, e nella quale abbiamo scorto il simbolo della morte, rende impossibile ogni movimento.

Non si capirebbe la ragione per cui Mosè dovette togliersi i calzari se questi fossero stati parte integrante delle vesti sacerdotali, mentre nella sua prima iniziazione vennero considerati un impedimento.

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65 Accenna all'interpretazione di Filone ( Vita Moysis III,12 ).
66 Le melograne sono un'immagine cara a Gregorio per dire che la virtù sulle prime contraddice la natura, ma ci offre poi il suo nutrimento interiore.
Lo stesso concetto è più volte espresso nel commento sul Cantico dei Cantici ( PG 44, 929 B; 970 C; 1108 B ).