Maria Marta Chambon la vita

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Spirito di mortificazione e di penitenza

« Do nella carne mia compimento a quello che rimane dei patimenti di Gesù Cristo ».

( Col 1,24 ).

« Voi siete morta al mondo e a voi stessa per vivere solo a Dio » viene detto alla Religiosa Visitandina nel giorno della sua Professione.

Questo lavoro di mortificazione, che s'intravede nell'energica espressione del cerimoniale, si comprende che non è l'opera di un giorno solo … è lavoro lungo, incessante, sempre ricominciato.

Fin dai primi anni della sua vita religiosa, Suor Maria-Marta lo intrapprese con generosità, sotto l'impulso divino che la sollecitava « a scegliere in tutto e per tutto, ciò che le apportava maggior mortificazione ».

A l'abnegazione interiore e nascosta, che impone la pratica dei Consigli Evangelici, ai molteplici sacrifici richiesti da una costante fedeltà alla Regola, essa unì, in grado elevato, la mortificazione esteriore.

Mai fu vista dipartirsi da un santo rigore verso se stessa.

In refettorio, essa prendeva indifferentemente « ciò che le era presentato », conforme al consiglio dell'Apostolo, e se le era permesso di scegliere, lo faceva in modo, da lasciare il meglio alle altre.

Generalmente essa aveva ottimo appetito.

Perciò la privazione del nutrimento doveva costarle molto.

Gesù, tuttavia, le domandava talvolta, il sacrificio di una parte delle sue porzioni, « perché Io sono povero », le diceva.

Come il resto dei mortali, essa avrebbe apprezzato, all'occasione, un sapore più delicato; ma era precisamente su questo che il Divin Povero le faceva la sua richiesta …

Egli aveva degli argomenti così belli per convincere la sua Serva!

Dei richiami così commoventi per intenerire il suo cuore!

Leggiamo il manoscritto: « Il nostro dolce Salvatore le apparve un giorno sulla Croce e abbeverato di aceto e fiele.

Questa vista ferì il cuore di Suor M. Marta, di un sì straziante dolore, che non ne perde mai più il ricordo. »

« Bisogna, figlia mia, le diceva il Divin Maestro, che tu mi disseti con la tua mortificazione.

Bisogna che mi compensi di tanti falli grossolani che si commettono nel mangiare e bere … ».

Era specialmente nei giorni in cui il mondo si abbandona ai piaceri e al disordine che Gesù voleva trovare un compenso nella sua Eletta.

Nel 1868, Egli l'avvertiva di prepararsi a un raddoppiamento di tribolazioni, per espiare e riparare i peccati d'intemperanza che si commettono in Carnevale.

Da quel giorno, tutto ciò che la Serva di Dio prendeva sul far della sera, fosse pure una semplice minestrina le cagionava dolori atroci.

Era il preludio del « gran digiuno » che le doveva ben presto essere richiesto, e del quale abbiamo parlato altrove.

Però, malgrado la debolezza prodotta dalla privazione del cibo, nostro Signore la voleva assidua al suo faticoso lavoro, e l'aiutava visibilmente o invisibilmente, ma in modo così efficace che essa poteva bastare a tutto.

Questa assiduità al lavoro, in mezzo ad ogni genere di patimenti, riveste tal carattere di virtù che noi possiamo qualificare eroico, e questo eroismo non si smentì un sol giorno, nella nostra cara Sorella, fino al termine della sua vita.

Ma è sopratutto nel campo delle penitenze afflittive che il suo coraggio provoca l'ammirazione.

Certo essa non sfuggiva alle condizioni ordinarie.

Grande era la sua sensibilità anche nei patimenti fisici … talmente la sofferenza è contro natura!

Ma essa era così generosa con Gesù! e Gesù sapeva così bene che poteva chiederle tutto!

Soffrire come Gesù, con Gesù! fu sempre, per la prediletta del di Lui Cuore, un potente stimolo alla penitenza.

Questa unione effettiva alla Passione del Maestro, datava dai primi anni della sua vita religiosa.

Una luce dall'Alto, in questo tempo le aveva data una sì profonda conoscenza dei suoi difetti, che essa si credeva la più miserabile creatura del mondo.

Mentre essa si umiliava, discendendo fino nell'abisso del suo nulla.

Nostro Signore, accordandole una visione commovente della sua Santa Passione, le ordinava che chiedesse il permesso di far la disciplina quattro volte ogni venerdì, per unirsi alle sue Divine Sofferenze.

Il permesso fu sollecitato e ottenuto.

E la nostra Sorella si flagellava con tale coraggio, che ogni volta la disciplina era sanguinosa.

Poco dopo, Gesù la invitava ad aggiungere un'altra disciplina tutti i giovedì ( se le Superiore lo consentono ) senza però dimenticare quelle del lunedì e mercoledì « per onorare la sua flagellazione ».

« I colpi della mia flagellazione Mi glorificano, perché essi sono mostrati come esempio ai miei figli ».

Ricordiamo che, nel 1866, Egli stesso aveva insegnato alla sua Serva ad intrecciare una corona di spine.

Qualche anno dopo, Egli esige ancora di più: « La tua corona non li fa più soffrire abbastanza, - le disse un giorno. - Va a trovare la tua Maestra; essa ha qualche cosa che la sostituirà e che è di misura alla tua testa ».

La generosa Novizia, venne con tutta semplicità, a riferire alla nostra O. Sorella Maria Alessia Blanc, l'ordine ricevuto in quel momento.

Questa, dapprima rispose: « No, non ho niente ».

Ma dopo un po' di riflessione soggiunse: « Abbiamo sì una cintura di ferro; ma questa non può andare bene alla vostra testa … tuttavia, andiamo a vedere ».

La cintura è provata. Essa va bene.

Lo strumento di penitenza faceva precisamente il giro della testa come una corona: si sarebbe detto che avevano preso la misura.

Questa cintura o corona, armata di punte di ferro, le era dolorosissima.

Suor Maria-Marta fu tentata di lasciarla da parte, ma Gesù le comparve in croce, in mezzo a spaventose sofferenze, con la fronte trafitta da crudelissime spine; grosse lacrime cadevano dagli occhi Divini … e il Sangue redentore scorreva da tutte le ferite di questo Capo Sacro: « Figlia mia, Io non lascio mai la mia corona », le disse il Salvatore, in tono di amoroso rimprovero.

A queste parole, la nostra Sorella, coperta di confusione, riprese coraggiosamente la sua e, a partire da questo punto non ebbe più esitazioni.

Il duro cilicio che, sull'ordine di N. Signore, sanzionato da quello dell'obbedienza, portava giorno e notte questa cara vittima, la faceva pure terribilmente soffrire.

Essa era un giorno, sul punto di sbarazzarsene.

Per incoraggiarla, il Divin Maestro le disse: « Mia Figlia, con questo patimento puoi guadagnare il mio amore ».

Poi, scoprendosi le adorabili Piaghe: « Vedi, Figlia mia, quanto Io ho sofferto per le! …

Potrai tu, forse, soffrire troppo per Me? ».

Un'altra volta ancora stava per soccombere alla tentazione di toglierselo, tanto questo contatto le era doloroso, quando Gesù glielo impedì con queste parole: « Io voglio farti soffrire a seconda delle offese che ricevo …

Devi ricordarti che tu sei mia sposa e mio « Trastullo d'amore ».

Avendole in seguito fatto gustare un istante le delizie del Paradiso, soggiunse: « Non vale forse la pena di soffrire per meritare una tal felicità? ma prima bisogna che tu divenga come sono stato Io, e che sii tutta lacerata dal tuo cilicio ».

Nel 1881, la On. Madre Teresa Eugenia Revel, rendeva questa testimonianza a riguardo di Suor M. Marta: « Sono già più di tredici anni che essa passa le notti davanti al SS. Sacramento, o stesa sul pavimento della cella, con i suoi strumenti di penitenza: corona, braccialetto di ferro, cilicio, salvo qualche volta quando è malata grave e due o tre settimane durante il rigore dell'inverno, nelle quali le ordiniamo di andare a letto ».

« In tutto questo, la nostra cara Sorella obbedisce alla espressa Volontà del Divin Padrone dell'anima sua.

« Una sera, sentendosi molto stanca, Suor M. Marta avrebbe desiderato passare la notte in letto.

Noi le dicemmo: « Ebbene, chiedete a Nostro Signore il permesso di riposarvi in letto in unione al riposo che Egli prendeva nella sua culla ».

Gesù lo permise.

Ma era appena trascorsa un'ora, che Egli chiama la sua Serva e le dice: « Benché la tua domanda abbia onorato la mia Santa Infanzia, non e qui che ti voglio, figlia mia ».

E Suor M. Marta si dovette alzare per obbedire alla voce Divina.

« Talvolta essa soffre molto, altre volte il suo cuore si unisce a Gesù crocifisso così intimamente, che non sente più sofferenza fisica, tanto l'anima sua e inondata di consolazione.

« È notevole, che dopo notti intere di eccessivi dolori, essa si trovi l'indomani, forte e vigorosa come persona che abbia fatto un ottimo sonno ». ( Manoscritto )

Il Salvatore, d'altra parte, ricompensa talvolta la generosità della sua fedele Sposa non permettendo che essa rimanga senza sollievo.

Il 13 gennaio 1869, la nostra Sorella si era appena coricata in letto, quando N. Signore le dimostrò il desiderio di vederla passare la notte sul pavimento.

Senza esitare, essa si alzò e, malgrado il freddo intenso di quella notte, non ne fu incomodata, anzi le pareva di avere da ciascun lato, un fuoco che la riscaldasse.

I nostri Santi Fondatori facevano Essi pure, delle paterne visite alla loro umile ed eroica figlia.

Con la sua abituale semplicità essa ardì una volta domandare a S. Francesco di Sales, se le notti passate sol pavimento gli erano gradite: « Oh! sì, rispose, perché è la via che Iddio ha scelta per voi; ma questo non può essere comandato; Dio solo lo chiede e a chi vuole ».

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